NETANYAHU SOTTO ACCUSA. GLI OSTAGGI UCCISI PER COLPA SUA da IL MANIFESTO
Netanyahu sotto accusa. La percezione popolare: gli ostaggi uccisi per colpa sua
Israele. Avido di potere, una moglie che sembra avere un ruolo dominante, Netanyahu è tormentato dall’eventualità di dover tornare in tribunale e magari finire in carcere
Zvi Schuldiner 03/09/2024
In Israele, strade e piazze piene di manifestanti e di collera. C’è già chi invita a ripetere l’ondata di proteste di massa che avevano percorso il paese prima del 7 ottobre 2023. Quando il premier Benyamin Netanyahu aveva deciso di portare avanti la cosiddetta rivoluzione giudiziaria, e aveva annunciato che avrebbe cacciato il ministro Yoav Gallant, pronunciatosi pubblicamente contro quella sedicente riforma, contro il governo erano scesi in piazza tanti cittadini e ripetutamente. Con grande soddisfazione da parte di Gallant, la riforma era stata teoricamente interrotta. Nel frattempo, lontano dall’attenzione pubblica, alcune delle misure della riforma sono state applicate. Negli ultimi mesi è risultato chiaro ai più che la tensione tra il primo ministro e il ministro della difesa è difficile da contenere. Fattore aggravante: le forze armate e i servizi di sicurezza funzionano più o meno in modo coordinato.
E il ruolo di Netanyahu, da sempre abituato a fare da generale al comando, è in difficoltà, con i sondaggi a indicare una sua sonora sconfitta da parte di diversi altri possibili contendenti, in caso di elezioni.
Avido di potere, una moglie che sembra avere un ruolo dominante, Netanyahu è tormentato dall’eventualità di dover tornare in tribunale e magari finire in carcere. La famiglia reale sembra una pallida copia della dittatura di Nicolae Ceausescu in Romania ma con il tocco aristocratico e la retorica ciarlatana per la quale noi viviamo in una cosiddetta democrazia esemplare.
La dottrina di Netanyahu, secondo la quale il sostegno economico a Hamas avrebbe calmato la situazione ai confini, non si riferiva solo alla Striscia di Gaza. Sosteneva di poter neutralizzare in tal modo gli slanci bellici o terroristici di Hamas, facendo intanto tutto il possibile per indebolire l’Autorità palestinese, certo guidata in modo problematico e corrotto dal cerchio di Abu Mazen. Una condotta adatta a seppellire l’opzione di due Stati per due popoli, teoricamente accettata dal premier, ma solo per ammorbidire la sua immagine in politica estera.
È ancora molto difficile per gli israeliani – e ancor più per chi non lo è – iniziare ad analizzare la situazione politica reale, gli effetti del grande shock, del tanto sangue versato, i morti, i dispersi, i cadaveri sequestrati e i prigionieri. Anche se alcuni di noi vorrebbero trascorrere molte meno ore davanti a una povera televisione con giornalisti mediocri (salvo alcune eccezioni), devo confessare che ormai riconosco i parenti dei prigionieri, padri, madri, figli, fratelli: appaiono ripetutamente, in una formidabile campagna per chiedere al governo che porti avanti davvero gli sforzi negoziali necessari a ottenere la liberazione dei loro cari.
Dopo due mesi dall’inizio dell’attacco del 7 ottobre, l’accordo tra Israele e Hamas aveva prodotto un processo sfociato nella liberazione di oltre 100 prigionieri. Sembrava un passo positivo, mentre decine di migliaia di palestinesi venivano uccisi dalle forze israeliane e Gaza si convertiva in una terra distrutta, nella quale è impossibile vivere.
Il gabinetto di sicurezza dovrebbe discutere la sicurezza dello Stato, ma riflette senza dubbio la preoccupazione del primo ministro per la sua sicurezza politica. Dopo l’abbandono del governo da parte di Benny Gantz e del suo partito, i quali avevano creduto che fosse un loro dovere offrire una voce esperta e rispettata, Netanyahu ha aggiunto alcuni poveri lacchè che si limitano a dire sempre sì, più che servizievoli.
Lo scorso giovedì è stato critico: la guerra di Netanyahu contro Gallant si è scatenata con violenza; il capo del governo ha chiesto di decidere per il permanere della presenza militare a Rafah e per il controllo israeliano del passo Filadelfia. Questo significava – come ha fatto osservare il ministro Gallant – introdurre una clausola capace di impedire il raggiungimento di un accordo per lo scambio di prigionieri. Gli imbecilli ministri del Likud non hanno avuto scelta: sostenere il Grande leader oppure essere spazzati via.
Mentre sembrava che le trattative stessero avanzando e che un epilogo positivo fosse possibile, sia il problematico delle finanze Bezalel Smotrich, razzista ma efficace saccheggiatore di fondi pubblici a favore dei coloni nei territori occupati, sia l’altrettanto razzista ministro della polizia Itamar Ben Gvir hanno annunciato la volontà di abbandonare il governo in caso di raggiungimento dell’accordo.
Quando già si sapeva della disastrosa risoluzione e i ministri del Likud rifiutavano di cambiare atteggiamento, sono arrivate le prime voci, poi ufficialmente confermate: sei prigionieri sono stati uccisi da Hamas. A peggiorare le cose, tre di loro erano nella lista dei prigionieri che avrebbero dovuto essere rilasciati fra i primi, sulla base dell’accordo in discussione da settimane.
L’esplosione di furia contro Netanyahu è il frutto naturale della percezione popolare: gli ostaggi sono stati uccisi per colpa sua. Da domenica pomeriggio sono iniziate grandi manifestazioni contro il governo. Alle proteste si sono poi aggiunti, un fatto molto importante, la Federazione generale dei lavoratori (Histadrut) e il Coordinamento delle forze economiche. Intanto, però, si parla di un sondaggio secondo il quale la maggioranza dei cittadini del paese preferirebbe gli argomenti di sicurezza di Netanyahu rispetto alla liberazione dei prigionieri.
La cacofonia sembra molto difficile da decifrare. Con preoccupazione (vera o apparente), già diversi analisti annunciano che il pericolo di una guerra civile è effettivo e forte, da evitare in tutti i modi. Tuttavia, ho l’impressione che la sopravvivenza politica del nostro grande e aristocratico Ceausescu non sia in pericolo. Purtroppo.
Distruzione della sanità, genocidio per logoramento
Striscia di sangue. L’articolo pubblicato da Al-Jazeera. Tecniche di annientamento delle condizioni di sopravvivenza dei palestinesi come gruppo
Nicola Perugini* 03/09/2024
Ad agosto, il Ministero della Salute palestinese ha annunciato il primo caso accertato di infezione da poliomielite a Gaza in 25 anni. Il virus ha colpito un bambino di 10 mesi a Deir el-Balah, lasciandolo paralizzato. Sebbene finora sia stato confermato un solo caso, ciò non significa che sia l’unico o che la diffusione del virus sia limitata.
Anche se la poliomielite può causare paralisi e persino morte, molti di coloro che vengono infettati dal virus non mostrano sintomi. Ecco perché sono necessari test e valutazioni mediche per determinare correttamente l’entità del focolaio. Tuttavia, ciò è quasi impossibile a Gaza, dato che Israele ha distrutto quasi totalmente il settore sanitario.
Sappiamo che il poliovirus di tipo 2 (cVDPV) è stato identificato in sei campioni di acque reflue, raccolti in due diversi siti a Khan Younis e Deir el-Balah a luglio. Dopo la divulgazione di questi risultati, il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Ghebreyesus, ha avvertito che è «solo una questione di tempo prima che raggiunga le migliaia di bambini che sono rimasti senza protezione».
Israele ha respinto le richieste delle Nazioni unite di un cessate il fuoco e ha accettato solo “pause umanitarie” localizzate per pochi giorni. In parallelo, ha intensificato i bombardamenti su Gaza e le espulsioni di massa dei civili. Tra il 19 e il 24 agosto, l’esercito israeliano ha emesso il più alto numero di ordini di evacuazione in una settimana dal 7 ottobre, portando l’Onu a sospendere temporaneamente le operazioni umanitarie.
Nonostante tutto, domenica è stata ufficialmente avviata una campagna di vaccinazione. La distribuzione è iniziata nella Striscia di Gaza centrale – nel governatorato di Deir el-Balah – e nei prossimi giorni dovrebbe essere estesa a Khan Younis nel sud della Striscia e poi ai governatorati settentrionali, dove Israele ha severamente limitato gli aiuti e la mobilità.
Non è chiaro se ll’Onu riuscirà a raggiungere l’obiettivo di vaccinare 640.000 bambini date le difficili condizioni operative, il drammatico numero di sfollati, le restrizioni israeliane sulla fornitura di carburante necessario per far funzionare i generatori e i frigoriferi per conservare i vaccini, e il rifiuto di Israele di fermare completamente i combattimenti.
Affinché il vaccino sia efficace, devono essere somministrate due dosi ad almeno un mese di distanza. Non vi è ancora alcuna garanzia che le condizioni saranno favorevoli per la seconda fase della campagna di vaccinazione.
Purtroppo, un focolaio di poliomielite non è l’unica emergenza sanitaria che i palestinesi a Gaza stanno affrontando. Altre pericolose malattie infettive, tra cui epatite e meningite, si stanno diffondendo nella Striscia. Dal mese di ottobre, a Gaza sono stati registrati più di 995.000 casi di infezioni respiratorie acute e 577.000 casi di diarrea acquosa acuta.
Inoltre, centinaia di migliaia di persone con malattie croniche non ricevono le cure adeguate di cui hanno bisogno, il che porta a molte morti evitabili che non vengono registrate nel bilancio ufficiale delle vittime di Gaza.
Tutto ciò riflette il genocidio per logoramento di Israele: ovvero, la distruzione delle condizioni di sopravvivenza dei palestinesi come gruppo attraverso tecniche di uccisione meno visibili rispetto alla violenza orribile trasmessa in diretta che abbiamo visto negli ultimi 11 mesi.
Prendendo in prestito le parole dell’avvocato ebreo-polacco Raphael Lemkin, che introdusse il concetto di genocidio nel 1944, il «mettere in pericolo la salute» e la creazione di condizioni di vita «dannose per la salute» costituiscono una delle principali tecniche di genocidio.
Negli ultimi 11 mesi, Israele ha praticamente distrutto il sistema sanitario di Gaza. Recenti dati pubblicati dal Global Health Cluster dell’Oms parlano da soli: nei primi 300 giorni di guerra, 32 dei 36 ospedali sono stati danneggiati, 20 (su 36) ospedali e 70 centri di assistenza primaria (su 119) non sono operativi. Sono stati riportati 492 attacchi contro il settore sanitario, che hanno causato la morte di 747 persone.
L’esercito israeliano ha anche distrutto sistematicamente il sistema idrico e fognario di Gaza. Secondo un rapporto di Oxfam pubblicato a luglio, la popolazione di Gaza ha a disposizione solo 4,74 litri di acqua per persona al giorno per tutti gli usi, compresi bere, cucinare e lavarsi.
Ciò rappresenta una riduzione del 94 percento della quantità di acqua disponibile prima di ottobre, e un livello significativamente al di sotto dello standard minimo internazionale accettato di 15 litri di acqua per persona al giorno per la sopravvivenza di base in situazioni di emergenza.
Contemporaneamente, Israele ha distrutto il 70 percento di tutte le pompe fognarie e il 100 percento degli impianti di trattamento delle acque reflue da ottobre. La distruzione e l’ostruzione delle infrastrutture idriche e sanitarie di Gaza hanno avuto effetti catastrofici sulla salute pubblica, causando certamente un numero significativo di morti indirette.
Rapporti sanitari pubblici di rilievo hanno proiettato scenari terrificanti in merito alle morti causate dalla diffusione di malattie infettive a Gaza. Secondo uno studio della London School of Hygiene e della Johns Hopkins University, migliaia di palestinesi potrebbero essere morti negli ultimi sei mesi a causa di malattie infettive.
La narrazione di Israele per giustificare queste morti è che sono il risultato di una tragica crisi umanitaria provocata dai palestinesi. Ma non erano non volute, come rivelano dichiarazioni più oneste di funzionari israeliani.
Nel novembre 2023, l’ex capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Israele Giora Eiland e attuale consigliere del Ministro della Difesa Yoav Gallant ha scritto su Yedioth Aharonoth che «la comunità internazionale ci avverte di un disastro umanitario a Gaza e di gravi epidemie. Non dobbiamo tirarci indietro da ciò, per quanto possa essere difficile», aggiungendo che «dopotutto, gravi epidemie nel sud della Striscia di Gaza avvicineranno la vittoria e ridurranno le vittime tra i soldati dell’esercito».
Il ministro delle Finanze di Netanyahu, Bezalel Smotrich, ha twittato di essere d’accordo con «ogni parola» scritta da Eiland nel suo articolo. In altre parole, le malattie infettive sono tra gli strumenti di genocidio per logoramento considerati dalla leadership israeliana.
Questa non è una storia completamente nuova. Israele ha già sottoposto i palestinesi a politiche sistematiche di morte lenta e disabilità, con i picchi più alti durante le due Intifade. Ma dal 7 ottobre, queste politiche hanno raggiunto un livello senza precedenti e soddisfano due criteri chiave della Convenzione sul Genocidio.
Primo, distruggendo quasi completamente il settore sanitario e ostacolando la distribuzione di forniture e servizi sanitari, Israele sta assicurando che i palestinesi a Gaza affrontino gravi danni fisici e mentali.
Secondo, distruggendo quasi completamente il sistema idrico e fognario e creando un ambiente debilitante, l’esercito israeliano ha inflitto ai palestinesi di Gaza condizioni di vita calcolate per provocare la loro distruzione fisica, in tutto o in parte.
Questo è il modo in cui Israele persegue il genocidio per logoramento a Gaza.
*Docente di relazioni internazionali all’università di Edimburgo
No Comments