MIGRANTI E SBARCHI, UN PROBLEMA CHE FA COMODO A TANTI POLITICI da il manifesto E ilfatto
Porro (Sos Mediterranée): «In questa crisi sbagliano sia Roma che Parigi»
MEDITERRANEO. Parla il soccorritore e presidente del ramo italiano dell’organizzazione che gestisce la Ocean Viking: «L’Italia non può sottrarsi agli obblighi stabiliti dal diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra. Torneremo a chiederle il porto»
Giansandro Merli 11/11/2022
Alessandro Porro è presidente di Sos Mediterranée Italia, uno dei quattro rami nazionali dell’organizzazione che usa la nave Ocean Viking per salvare persone. Da cinque anni trascorre metà tempo a terra e metà nel Mediterraneo centrale, imbarcato come coordinatore dei soccorsi.
Vi è stato assegnato il porto francese di Tolone. Siete soddisfatti?
Siamo sollevati per i naufraghi. Alcuni erano a bordo da 19 giorni e c’è chi è stato in mare 72 ore prima di essere trovato. Siamo stati di fronte a un’emergenza umanitaria importante. Esacerbata dai rifiuti dell’Italia. Dai ritardi per l’assegnazione di un porto. Abbiamo fatto 40 richieste. Questo non ci mette nella condizione di essere soddisfatti o sereni perché una cosa garantita dal diritto come il soccorso in mare è diventata uno scontro politico a livello internazionale. In queste situazioni, invece, dovrebbe affermarsi il principio di una responsabilità europea, ovviamente anche italiana. Cosa che si è verificata con estremo ritardo.
A bordo com’è la situazione?
Adesso è distesa. Si vede la fine di questo tempo sospeso. Negli ultimi due giorni era stata molto complicata. Ci sono stati anche scontri. Questa mattina [ieri per chi legge, ndr] abbiamo evacuato d’urgenza tre persone che erano in condizioni di salute difficili e un loro parente. La loro situazione era stata comunicata alle autorità nei giorni precedenti, ma si è via via aggravata. Diventando intollerabile e bisognosa di essere presa in carico in maniera immediata. Le persone sono state evacuate in Francia.
Nei giorni scorsi avevate denunciato dei casi medici più gravi e una generale situazione psicologica dei naufraghi di tipo «critico». Non è stata rischiosa la traversata verso la Francia in quelle condizioni?
Era anche rischioso trovarsi davanti a uno sbarco selettivo che, per quello che abbiamo visto e che abbiamo ascoltato dai giuristi, sarebbe stato al di fuori del diritto. Fino a tre giorni fa le condizioni di queste persone erano gestibili. Sono peggiorate col passare del tempo.
Lei ha detto che l’Italia «non è più un porto sicuro», un’espressione che ha un significato preciso e descrive paesi come la Libia. Non chiederete più a Roma di indicare un luogo di sbarco?
Lo chiederemo ancora. Perché se ci trovassimo, e ci troveremo, a fare dei soccorsi nelle prossime settimane o mesi avremo ancora l’Italia e Malta come primi e naturali luoghi di sbarco. Per una questione geografica. Quello che è stato sollevato ieri dal portavoce del governo francese è che l’Italia ha degli obblighi stabiliti dal diritto internazionale del mare e da convenzioni come quella di Ginevra. Non può sottrarsene.
Il vostro caso ha aperto uno scontro diplomatico tra Italia e Francia. Chi ha ragione?
Assistiamo a una crisi senza precedenti che non dovrebbe esistere. Dal 2016, anno della nostra fondazione, invochiamo una netta distinzione tra soccorso in mare, che facciamo noi, e immigrazione, che viene eventualmente certificata dopo lo sbarco. Chiediamo sistemi europei di ricerca e soccorso prevedibili, gestibili, chiari e responsabilità condivise di tutti gli Stati. Ci preoccupa l’uso strumentale delle persone per ribadire alcuni concetti politici. Quindi siamo preoccupati sia dell’atteggiamento italiano, che in questi giorni si è dimostrato contro le regole, che di quello francese, che sembra una specie di ripicca.
Quando tornerete nella zona di ricerca e soccorso?
Siamo medici, infermieri, mediatori culturali, operatori umanitari. Il nostro lavoro è fare quello che l’Ue non fa: il soccorso in mare in zone pericolose. Dal 2014 ci sono stati più di 24mila morti nel Mediterraneo. Questo ci dice che dobbiamo stare là, affinché l’Europa possa fare a meno di noi. Non cancellandoci, ma arrivando al riconoscimento della necessità di un progetto europeo di soccorso.
Ma ripartirete o no?
Affermativo.
Migranti, cosa prevede l’accordo sulla redistribuzione dei richiedenti asilo e quanto può costarci il dietrofront della Francia
Parigi accetta la Ocean Viking e accoglierà i 234 migranti a bordo. Ma accusa il governo italiano e ci presenta il conto: non accoglierà i 3.500 richiedenti asilo presenti in Italia previsti dopo la firma del meccanismo di redistribuzione delle persone sbarcate dal Mediterraneo e attualmente ospitate nei paesi costieri di prima accoglienza. Un accordo debole nei numeri e nella lentezza delle procedure, ma soprattutto su base volontaria. Ma anche l’unica condivisione di sforzi in un’Europa che non riesce a riformare le regole sull’immigrazione
Franz Baraggino 10 NOVEMBRE 2022
La Ocean Viking di Sos Mediterranee porterà in Francia i migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale. La nave della Ong terminerà l’operazione domattina a Tolone, sbarcando 231 migranti, di cui 14 donne e 57 minori. Ma il governo francese considera la conclusione della vicenda un inadempimento dell’Italia. E presenta il conto, decidendo di sospendere l’accoglienza di 3.500 rifugiati che si trovano in Italia, prevista dopo l’accordo adottato l’estate scorsa sulla redistribuzione dei richiedenti asilo giunti via mare e sottoscritto da 19 paesi Ue e altri 4 associati a Schengen. Accordo che non sancisce alcun obbligo, debole nei numeri e nella lentezza delle procedure, ma considerato “storico” per l’ampia adesione. Ma anche di fronte allo stallo europeo sulle riforme in tema di immigrazione. Riforme che il braccio di ferro tra Italia e Francia rallenterà ulteriormente.
Danimarca e Islanda hanno aderito proprio negli ultimi giorni all’accordo siglato il 10 giungo scorso dalla maggioranza degli Stati Ue sulla relocation, la redistribuzione volontaria di almeno 10 mila richiedenti asilo dai paesi di prima accoglienza. I paesi firmatari si sono accordati sulla doppia possibilità di accogliere le persone o di finanziare i paesi di primo arrivo: Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro. In particolare, si potrà sostenere economicamente il rimpatrio di chi si è visto respingere la richiesta d’asilo. Un patto con una sua piattaforma per coordinare le iniziative e definire i numeri, della durata di un anno e rinnovabile. Inoltre, a fronte di una disponibilità a redistribuire i richiedenti asilo, i paesi hanno previsto un nuovo regolamento per incrementare i controlli sulle frontiere esterne dell’Ue con gli Stati di primo arrivo tenuti allo screening e alla registrazione nell’Eurodac, il database delle impronte digitali per richiedenti asilo e migranti irregolari al fine di arginare i movimenti secondari, gli spostamenti dei migranti verso altri Stati europei. Condizione imposte soprattutto dai paesi del cosiddetto blocco di Visegrad, che al principio di solidarietà hanno voluto affiancare quello di responsabilità. In linea con questa visione è anche il previsto rafforzamento di Frontex, la contestata Agenzia europea di vigilanza delle frontiere il cui contingente dovrà arrivare a 10 mila uomini.
L’accordo subentra ad altri patti di solidarietà tra paesi, sempre su base volontaria e mai davvero decollati. E questo non fa eccezione. Per i numeri esigui sui quali si è trovato l’accordo e per la lentezza delle procedure, che vedono addirittura il coinvolgimento delle rispettive ambasciate per l’individuazione delle persone da accogliere. La stessa ex ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, pur definendolo un accordo storico, all’indomani della firma già segnalava “l’urgenza di adottare procedure più veloci”. Solo tre i paesi che avevano espresso in cifre la loro disponibilità: la Francia per l’accoglienza di 3.000 migranti l’anno, la Germania per 3.500 e l’Irlanda per 350. Dopo lo scontro sulle navi delle Ong con il governo italiano, la Francia ritira quella disponibilità e disattende un accordo già siglato che si basa sul rispetto del diritto dell’Unione. A dimostrazione di quanto sia fragile la cooperazione, anche tra i cosiddetti Stati membri “volonterosi”. Dal punto di vista umanitario, quello della Francia è un tradimento, giustificato solo in parte dal mancato rispetto delle regole europee e internazionali da parte dell’Italia, “irresponsabile” a detta di Parigi. Quanto al governo Meloni, c’è il rischio concreto che anche gli altri Paesi sottoscrittori del meccanismo sospendano la disponibilità giustificandosi con gli strappi di Roma.
Non è solo un’ipotesi. La Francia ha chiesto anche “a tutti gli altri partecipanti al meccanismo europeo, in particolare alla Germania, di fare lo stesso”. “Questo meccanismo è pienamente in funzione da diverse settimane e l’Italia ne è il primo dei beneficiari, con 3.500 ricollocamenti previsti da ora all’estate del 2023″, ha dichiarato Parigi. Che “organizzerà nei prossimi giorni con la Commissione Europea e la Germania una riunione che definirà un quadro che permetta di trarre le conseguenze dell’atteggiamento italiano e di regolare le azioni di soccorso in mare da parte delle Ong nel Mediterraneo”. Toni e reazioni che mettono a repentaglio la discussione sul Patto per l’Immigrazione a Bruxelles, che la Commissione e la nuova presidenza del Parlamento Ue avevano cercato di accelerare concordando una nuova tabella di marcia per approdare a qualche risultato prima del termine della legislatura europea. Al centro del confronto il regolamento di Dublino che assegna al paese di primo ingresso la competenza a esaminare la domanda di protezione. Una regola che insieme all’obbligo di ricerca e soccorso in mare disegna un sistema irragionevole per gli interessi degli Stati costieri più esposti sulle rotte del Mediterraneo. In mancanza di riforme, però, la cooperazione attivata con il meccanismo di redistribuzione era l’unica, timida ma concreta condivisione di sforzi. Che adesso rischia di saltare per le scelte italiane e le reazioni francesi. Il risultato? Da oggi sono aumentati i richiedenti che rimarranno in Italia, che continua a invocare le ricollocazioni ma ottiene l’effetto opposto.
Migranti e sbarchi, un problema che fa comodo a tanti politici
Antonio Padellaro 10 NOVEMBRE 2022
Ma per quale ragione al mondo si dovrebbe risolvere il problema dei migranti che approdano sulle coste italiane quando lasciarlo lì a marcire, o meglio ad affogare, conviene a (quasi) tutti quanti?
Conviene, e alla grandissima, a Matteo Salvini come portabandiera di quella destra xenofoba del föra i negher di bal che senza naufraghi in mare collasserebbe. Come collassò durante il biennio Covid quando, come priorità, la pelle da salvare era la nostra e non quella di qualche disperato tra le onde. Del resto, “con l’attuale pressione migratoria dall’Africa e dal Medio Oriente, il futuro delle destre resta luminoso” (Il Foglio).
Conviene a Giorgia Meloni, l’unica premier al mondo capace di dire che la “pacchia è finita”, in contemporanea allo sbarco nel porto di Catania di tutte le 212 persone raccolte dalla nave ong, Geo Barents, e che malgrado ciò continua a salire nei sondaggi.
Conviene al Pd, che riesce miracolosamente a riempire il proprio vuoto pneumatico che sembrava irreversibile (oltre a strappare qualche titolo nei tg) sfruttando il ridicolo e la vergogna di un governo che opera una disumana selezione dei “sommersi” e dei “salvati”.
Conviene a quella Europa che ci vuole male, perché ha un argomento in più per non fidarsi della destra-destra che governa l’Italia.
Conviene a Emmanuel Macron, che con una mano offre un approdo ai 234 della Ocean Viking (e riceve il grazie di Meloni) mentre con l’altra fa definire il comportamento dell’Italia “inaccettabile” poiché “contrario al diritto del mare e allo spirito di solidarietà europea” (Ah, les italiens!).
Conviene ai trafficanti di esseri umani, che nel marasma generale e con la complicità dei capataz africani incrementano il loro turpe mercato.
Conviene ai sovranisti del blocco di Visegrad, che fanno muro alle modifiche del Trattato di Dublino – quello secondo il quale a doversi fare carico della richiesta di asilo è il primo Paese di sbarco e dunque soprattutto l’Italia, che con Grecia, Malta e Cipro è un naturale approdo nel Mediterraneo.
Conviene all’ungherese Orbàn, che mentre ci danneggia si congratula con la Meloni per la “difesa dei confini europei” (dagli amici mi guardi Iddio).
Conviene agli ospiti dei talk, quelli che fanno la faccia feroce con le anime belle eternamente indignate, tutti comodi sui loro divani. C’è qualcuno a cui tutto ciò non conviene? Ovvio, al carico residuale.
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