L’ITALIA VA ALLA GUERRA. SUL SERIO! da PROSSO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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L’ITALIA VA ALLA GUERRA. SUL SERIO! da PROSSO

L’Italia va alla guerra. Sul serio!

PROSSO  Lug 6, 2024“La situazione politica è grave, ma non è seria”: il pungente aforisma di Ennio Flaiano si addice perfettamente a certe commediole politiche del giorno (per esempio le scaramucce sulle gaffes di un analfabeta funzionale diventato ministro della cultura, o gli scambi di frasi fatte tra le contendenti al trono Meloni e Schlein). E però non si addice affatto all’insieme della situazione politica italiana che negli ultimi giorni ha visto il governo delle destre prendere tre decisioni molto importanti in campo militare (nel quadro, ovviamente, della NATO), il tutto nell’assordante silenzio della cosiddetta opposizione. Anche del ciarliero segretario della CGIL Landini, che se la prende con i “rischi autoritari” insiti nel premierato, ma si guarda bene dal denunciare che la radice dell’ulteriore centralizzazione del potere esecutivo sta proprio nella sempre più marcata tendenza alla guerra tra blocchi capitalistici contrapposti. Il ciarliero Landini che è capace di non dire una sola parola contro il DDL 1660 che intende tagliare le gambe ai picchetti operai negli scioperi, alle manifestazioni contro le “grandi opere”, alle proteste ecologiste e alle occupazioni di case.

Ma i fatti sono fatti, e hanno la testa durissima.

Sicché anche i tanti lavoratori che tuttora, in modo sempre più passivo, seguono i sindacati confederali e votano (quando votano) per i partiti del costituendo “fronte popolare”, dovranno fare i conti con le pesanti conseguenze che avranno sulla loro condizione di vita e di lavoro le decisioni belliciste prese negli ultimi giorni nel silenzio – e nella complicità – delle loro organizzazioni politiche e sindacali di riferimento (se si eccettua qualche timida rimostranza di qualche 5S). L’Italia di Mattarella-Meloni è già entrata da un po’ in un’economia di guerra, dopo aver fatto tutto il possibile per far scoppiare una guerra di forte intensità e distruttività in Ucraina e appoggiato con ogni mezzo a sua disposizione il genocidio in corso in Palestina. Quanto all’UE, si appresta a tornare alla testa della Commissione europea la portavoce n. 1 dell’industria bellica della Germania e del continente. E l’Italia del duo Mattarella-Meloni, perfettamente complementari come servitori degli interessi borghesi, intende essere protagonista di prima fila nella preparazione della guerra contro Russia-Cina-Iran, più di quanto sia stata finora, operando su tutto lo scacchiere internazionale, dentro la NATO, per la NATO, e anzitutto per difendere aggressivamente gli interessi del capitale italiano in tutto il mondo. Non mancherà, naturalmente, la solita pattuglia di social-nazionalisti irriducibili, cioè marci, pronti a blaterare una volta ancora di Italia-colonia… una “colonia” impegnata in decine di interventi militari all’estero (fino ai mari dell’Est asiatico) e con un’industria bellica che si colloca al 6-7° posto nel mondo! Quando si usano le parole senza conoscerne il significato, o occultandolo, c’è poco da fare.

Inutile, anche, attendersi un qualche sussulto da parte di un inesistente movimento pacifista. Toccherà ancora a noi internazionalisti – che a detta di certi ciarlatani saremmo astratti promotori di principi astratti – promuovere quanto prima, e lo faremo, i necessari incontri per rilanciare in modo concreto l’iniziativa contro le guerre del capitale. Lo faremo lungo il tracciato di classe, internazionalista, che a partire dal convegno del 16 giugno di due anni fa a Roma, ci ha portati alle manifestazioni del 3 dicembre 2022 a Roma, all’assemblea di Milano dell’11 giugno dello scorso, e poi davanti alla base italiana-NATO di Ghedi il successivo 21 ottobre, alla giornata di lotta internazionale e internazionalista del 24 febbraio, agli scioperi a sostegno della causa palestinese fino al blocco del porto di Genova il 25 giugno, su iniziativa di molte realtà politiche, collettivi, assemblee, con il SI Cobas e la TIR in prima fila.

Veniamo ai fatti, le tre decisioni molto importanti in campo militare di cui dicevamo.

Sulla prima lasciamo la parola ad un comunicato dell’Ansa del 1° luglio che annuncia che Solbiate Olona diventa il quartier generale della nuova forza di reazione rapida della Nato (Allied Reaction Force).

Redazione Ansa

MILANO – Luglio 01, 2024 – News

L’Italia, con il suo Comando Nato a Reazione Rapida (Nrdc-Ita) e multinazionale con sede operativa a Solbiate Olona (Varese), è da oggi il quartier generale della nuova forza di reazione della Nato, ovvero l’Arf, Allied Reaction Force. Si tratta di un ampliamento dell’assetto operativo di intervento dell’Alleanza, nato da una decisione politica in seno al summit Nato di Vilinius 2023, con l’obiettivo per l’Alleanza di aumentare la propria capacità di deterrenza e difesa, prevenzione e gestione della crisi, sicurezza cooperativa.
    Il nuovo assetto operativo vedrà crescere il numero di soldati, che arriveranno a 300 mila unità, oltre a mezzi e tecnologie, cambiamento resosi necessario a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
    Il nuovo comando si avvarrà della ‘1st Uk division’, dello ‘Spanish Special Operations Command’, delle ‘Naval Striking and Support Forces Nato, del Comando Italiano delle Forze Marittime, del Nato Space Center e del Nato Cyber Operation Centre.
    L’entrata in vigore del nuovo assetto operativo Arf è stato celebrato oggi all’interno della base Nato di Solbiate Olona, con la partecipazione della massima autorità militare in Europa, generale Christopher G. Cavoli, del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito (in rappresentanza del capo di Stato maggiore della Difesa), generale di corpo d’armata Carmine Masiello.
    Durante la cerimonia il comandante della base Nato, generale di corpo d’armata Lorenzo D’Addario, ha assunto ufficialmente il comando dell’Arf. Sull’operatività del comando Nato sono stati svolti studi accademici e addestramenti specifici, tra cui la ‘Steadfast Deterrence 24’, nel maggio scorso in Norvegia.
    Ulteriori esercitazioni sono già state programmate per i prossimi due anni.
    “È completato il processo di costruzione della nuova capacità di difesa, collegata a quanto accaduto in Ucraina degli ultimi due anni – ha detto il capo di Stato Maggiore dell’Esercito Carmine Masiello – è stata scelta l’Italia come quartiere generale schierabile in aree di crisi”. “La creazione di questa forza – ha dichiarato il generale Cavoli – rappresenta uno dei maggiori passi in avanti del viaggio che la Nato ha intrapreso per difendere ogni singolo centimetro del territorio dell’Alleanza. (ANSA).

Sulla seconda decisione del governo Meloni, riprendiamo quanto scrive il quotidiano tedesco Handelsblatt di pochi giorni fa (in genere molto ben informato): l’Italia sta per ordinare (se già non lo ha fatto) 550 carri armati Panther e Lynx alla Rheinmetall per un valore complessivo di 20 miliardi di euro mentre, in contemporanea, Rheinmetall e Leonardo siglano “un accordo strategico per lo sviluppo della nuova generazione di sistemi di difesa terrestre”. Difesa? L’amministratore delegato di Rheinmetall è un po’ più esplicito: “Leonardo e Rheinmetall uniscono le forze per realizzare progetti ambiziosi. Insieme vogliamo stabilire nuovi standard e aprire le porte a una nuova generazione di veicoli da combattimento all’avanguardia in e per l’Europa. Così facendo ci rivolgiamo al mercato italiano e ad altri paesi partner che hanno bisogno di modernizzazione nel campo dei sistemi di combattimento“. Stiamo parlando, insomma, di preparazione di guerre su larga scala. Si dirà: ma lo stanziamento di 23 miliardi per l’acquisto di carri armati era già stato autorizzato dal Parlamento a cavallo tra il governo Draghi e il governo Meloni. Vero. Ma nel frattempo era finito nel nulla l’accordo per la loro costruzione con il consorzio franco-tedesco Knds. A questa impasse, ha rimediato il governo con questo nuovo accordo che prevede l’incremento del costo unitario di un carro armato da 28 a 36 milioni di euro – montagne di profitti nei forzieri di Leonardo, le cui azioni sono letteralmente esplose nell’ultimo anno (+111%).

Sulla terza decisione importante dell’ultima settimana – la partecipazione “in grande stile” dell’Italia alle esercitazioni di guerra anti-cinesi in Asia -, lasciamo la parola ad Antonio Mazzeo, che ne ha riferito su “Pagine esteri”.

Portaerei, fregate e cacciabombardieri italiani ai giochi di guerra in Indo-Pacifico

 Antonio Mazzeo 3 luglio 2024 

Pagine Esteri– Una portaerei, una fregata missilistica, un pattugliatore d’altura e una quindicina di velivoli da guerra tra cacciabombardieri di penultima e ultima generazione, aerei da trasporto, intelligence e per la guerra elettronica. E’ la dispendiosissima potenza da fuoco che la Marina e l’Aeronautica militare hanno inviato in Indo-Pacifico per una lunga serie di esercitazioni con alcuni dei paesi partner della regione.

Il carrier strike group 2024 in Indo-Pacifico ha una serie di obiettivi strategici quali la promozione degli interessi nazionali, dell’UE e dell’Alleanza (la NATO ovviamente, nda), la salvaguardia della sicurezza degli spazi internazionali e della libertà di navigazione, la cooperazione e l’interoperabilità in un contesto multinazionale e interforze, e il consolidamento della capacità di proiezione strategica di un large force package”, riporta con malcelata enfasi lo Stato Maggiore della Marina nazionale. “Al contempo si tratta di una imponente operazione di naval diplomacy: la portaerei, di fatto, è espressione del rango della Nazione e, con la sua componente aerotattica imbarcata, costituisce un elemento cardine dell’attitudine di proiezione a supporto del Sistema Paese”.I primi due mezzi da guerra dell’armata tricolore, la portaerei “Cavour” e la fregata FREMM “Alpino”, hanno lasciato il porto di Taranto il 1° giugno scorso “con gli auguri di buon vento” del Capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino e del Comandante in capo della squadra navale, ammiraglio Aurelio De Caroli. Il 30 giugno dallo scalo aereo di Pratica di Mare (Roma) sono decollati invece 400 militari dell’Aeronautica a bordo di due Lockheed C-130, due Boeing KC-767A ed un Gulfstream E-550 CAEW di produzione israelo-statunitense. Secondo gli analisti di ItaMilRadar avrebbero lasciato nelle stesse ore il nostro paese anche quattro cacciabombardieri Eurofighter F-200A ed altrettanti caccia di 5^ generazione F-35A. Tutti i velivoli dell’Aeronautica italiana sono atterrati per una sosta tecnica nello scalo di Ul Adeid in Qatar. A bordo della “Cavour” sono ospitati inoltre quattro caccia F-35 nella versione B in dotazione alla Marina militare e sei caccia intercettori e d’attacco Harrier II. Della spedizione fanno pure parte contingenti della brigata marina San Marco, del gruppo operativo subacquei e del servizio meteo dell’Aeronautica.

“Dal 23 al 28 giugno la portaerei Cavour e la fregata Alpino hanno effettuato a Singapore la prima sosta della campagna operativa nella regione dell’Indo-Pacifico”, fa sapere la Marina da guerra italiana. “Le unità sono giunte nell’isola – città Stato del Sud-Est asiatico navigando attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso e, dopo una sosta tecnica a Salalah (Oman), il Mar Arabico e Oceano Indiano”.

Nelle acque prospicenti il Canale di Suez, le due unità congiuntamente ad una fregata missilistica spagnola, la “Numancia” e a tre navi militari francesi (le fregate “Aconit” e “Forbin” e l’unità da rifornimento “Somme” sede di comando del secondo gruppo navale permanente della NATO – SNMG2) hanno partecipato all’attivazione della forza marittima europea EUROMARFOR. “Nel corso del transito verso Oriente, il carrier strike group italiano ha pure fornito supporto alle operazioni Noble Shield, CMF, Aspides ed Atalanta e sono state portate a termine interazioni con le unità di altre Marine, tra cui il carrier strike group statunitense Eisenhower, a conferma che il deployment rappresenta un obiettivo strategico fondamentale per una sempre maggiore interoperabilità e cooperazione con i carrier strike group alleati”, aggiunge lo Stato Maggiore della Marina. “Noble Shield” è un’operazione navale gestita in ambito NATO; la CMF (Combined Maritime Forces) è invece la forza marittima multinazionale sostenuta da una trentina di Paesi per il pattugliamento marittimo nelle acque di Mar Rosso, Oceano Indiano e Golfo Persico; “Aspides” ed “Atalanta” sono invece operazioni militari aeronavali dell’Unione Europea nel Mar Rosso e a largo della Somalia.Nelle prossime settimane alla task force italiana si aggiungerà anche il pattugliatore d’altura “Montecuccoli”. Il gruppo aeronavale parteciperà in Australia, a Darwin, all’esercitazione aerea “Pitch Black” dal 12 luglio al 2 agosto, sotto il comando dell’aeronautica militare australiana. “Sarà un’edizione storica che vedrà per la prima volta la partecipazione di un gruppo portaerei che opererà dal mare con la componente aerotattica imbarcata, nella fattispecie con i velivoli di 5^ generazione F-35B e gli Harrier AV8-B”, aggiunge lo Stato Maggiore della Marina. “Questa attività sarà propedeutica al conseguimento della capacità operativa iniziale su base marittima dei velivoli F-35B”. Pagine Esteri https://pagineesteri.it/2024/07/03/oriente/portaerei-fregate-e-cacciabombardieri-italiani-ai-giochi-di-guerra-in-indo-pacifico/embed/#?secret=ClSgIOb8t5#?secret=iSq15g4Koj E se questo non bastasse, è in dirittura d’arrivo (entro metà agosto) l’autorizzazione del Parlamento per l’acquisto di 24 Eurofighter (di cui Leonardo è prime contractor) per l’Aeronautica Militare e il supporto tecnico-logistico dell’intera flotta di bombardieri. Il decreto ministeriale c’è già; si tratta solo di portare a termine un passaggio parlamentare del tutto scontato perché gran parte delle “opposizioni” voterà a favore. Di questi nuovi aerei si sa poco, ma apprendiamo che “con ogni probabilità andranno progressivamente a rimpiazzare i Typhoon Tranche 1 e saranno caratterizzati dallo standard Next Generation, con un nuovo Large Area Display, un computer di missione di nuova generazione, radar AESA ad alte prestazioni Captor-E Mk2, sistema di autoprotezione elettronica rinnovato e capacità di controllare/gestire droni cosiddetti gregari”. Costo? 8 miliardi di euro, che si aggiungono ai precedenti 20 per i carri armati.

Per chiudere in bellezza, segnaliamo che il 28 maggio scorso la Commissione Difesa della Camera, in una seduta-lampo della durata di cinque minuti (5′), ha approvato a netta maggioranza il decreto del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che prevede l’acquisto dei sistemi controcarro di 3^ generazione “Spike” con munizionamento e relativi supporti addestrativi e logistici. Sette giorni prima (21 maggio) anche la Commissione permanente Affari esteri e Difesa del Senato aveva dato il suo ok. Chi vende questi sistemi anti-carro? Una delle maggiori aziende del comparto militare-industriale di Israele, la Rafael Advanced Defense Systems Ltd. Il cerchio si chiude.

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