LIBERI 4 OSTAGGI, MA L’IDF FA STRAGE DI PALESTINESI da IL MANIFESTO
Liberi quattro ostaggi, ma l’esercito israeliano fa strage di palestinesi
PATTO DI SANGUE. Hamas: 210 uccisi nel blitz di Tel Aviv nel campo di Nuseirat. Il massacro per coprire la fuga dei militari, corpi ovunque
Michele Giorgio, GERUSALEMME 09/06/2024
Per Benyamin Netanyahu l’operazione delle forze armate israeliane che ieri mattina ha portato alla liberazione di quattro ostaggi a Gaza rimarrà nella storia di Israele. Per i palestinesi sarà ricordata come una delle pagine più insanguinate dal 7 ottobre. Mentre a Tel Aviv e in tutto lo stato di Israele gioia e festeggiamenti hanno accompagnato per tutto il giorno il ritorno alle loro famiglie di Noa Argamani, Shlomi Ziv, Andrey Kozlov e Almog Meir – presi da militanti di Hamas il 7 ottobre al festival musicale Nova – e i media celebravano il blitz «audace» condotto da unità speciali con l’appoggio dell’esercito, della marina e dell’aviazione, invece nel campo profughi di Nuseirat hanno vissuto l’apocalisse. L’incursione israeliana è stata accompagnata e seguita da combattimenti e bombardamenti di eccezionale violenza in cui, oltre a combattenti di Hamas, sono stati uccisi decine e decine di civili palestinesi di ogni età, tra cui numerosi bambini. Le autorità di Gaza riferivano ieri sera di 210 morti e 400 feriti. Numeri non immediatamente verificabili, comunque non lontani dalla realtà tenendo conto della potenza di fuoco usata dalle forze israeliane.
Le immagini trasmesse da Al Jazeera e i video postati in rete hanno mostrato scene di morte, disperazione e dolore nel pronto soccorso dell’ospedale Al Aqsa di Deir al Balah. Il pavimento della struttura ospedaliera si è coperto di dozzine di feriti e morti. Tra le vittime tante donne e bambini. L’elevato numero di vittime civili è la conseguenza di un’operazione militare condotta in pieno giorno in aree densamente popolate.
«Hanno annientato il campo profughi di Nuseirat. Civili innocenti e disarmati sono stati bombardati nelle loro case. Non ho mai visto nulla del genere, bambini morti e parti di corpi sparsi ovunque», ha raccontato Nidal Abdo, un testimone, al portale Middle East Eye. Un medico, Musad Munir, ha detto che «Un bambino è arrivato morto con il cibo ancora in bocca…Le bombe cadevano su di noi e gli elicotteri sorvolavano l’ospedale…Le persone erano sparse per le strade e noi non potevamo uscire per aiutarle. La maggior parte erano bambini e ragazze». Altri testimoni hanno riferito di corpi carbonizzati, di persone ricoperte di polvere come fantasmi, di edifici distrutti dai bombardamenti. «Sembrava un film dell’orrore, ma è stato un vero massacro», ha commentato Ziad, un paramedico.
L’azione è stata preparata per settimane, hanno riferito i media locali e il portavoce militare, sulla base di informazioni di intelligence. Secondo Sada News, la forza speciale israeliana si è infiltrata nell’area della moschea Al-Awda. Alle 11 esatte un camion con targa di Gaza si è fermato vicino a due edifici e soldati della Marina e dell’unita speciale Hamam. I quattro sequestrati erano divisi. In un edificio c’era Noa Argamani – tra gli ostaggi più noti perché un video del 7 ottobre la mostra mentre la portano via verso Gaza in moto – gli altri tre in un palazzo poco distante. I commando – il loro comandante è stato colpito, l’unica perdita israeliana – hanno ucciso quelli che sorvegliavano gli ostaggi. Poi, facendosi strada sparando, hanno portato in pochi attimi Argamani e gli altri tre ai mezzi blindati leggeri giunti qualche minuto prima. A quel punto, raccontano a Nuseirat, si è scatenato l’inferno. Per coprire la fuga del commando e dei sequestrati, è cominciato un bombardamento intenso durato almeno un’ora che ha coinvolto altre aree del campo e della città di Deir al Balah e che ha causato il maggior numero delle vittime. All’operazione avrebbe partecipato un’unità speciale statunitense – ne ha riferito la Cnn oltre al sito Axios – con funzioni non ancora chiare. Potrebbe essere entrata a Gaza, il sospetto è forte, usando il molo galleggiante sulla costa della Striscia costruito dai soldati americani. «La partecipazione Usa all’operazione criminale condotta oggi dimostra il ruolo complice dell’amministrazione americana, la sua piena partecipazione ai crimini di guerra commessi a Gaza e la falsità delle sue posizioni sulla situazione umanitaria e la sua preoccupazione per la vita dei civili (palestinesi)», ha denunciato Hamas.
«Non ci fermeremo finché non avremo completato la missione e riportato a casa tutti i nostri rapiti, in un modo o nell’altro», ha detto Benyamin Netanyahu. Da ieri il premier e leader della destra religiosa israeliana è più forte. Ha inferto un colpo ad Hamas e allo stesso tempo al suo rivale Benny Gantz che ieri sera doveva annunciare la sua uscita dal gabinetto di guerra isolando maggiormente il primo ministro. Ha dovuto rinunciare, per ora. Netanyahu segna un punto a suo favore, ma il costo vero di questa ipotetica partita a scacchi in casa israeliana l’hanno pagato decine e decine di civili palestinesi fatti a pezzi dalle bombe.
Il banco vince sempre. Tutti con Netanyahu: il dialogo non serve
PATTO DI SANGUE. Gantz pospone le dimissioni, le opposizioni plaudono all’operazione «eroica». Ma con la tregua furono rilasciati 105 ostaggi. Dai leader europei nessuna menzione della carneficina. E gli Usa parlano di «successo»
Chiara Cruciati 09/06/2024
Il miglior analista della strategia di Netanyahu è Netanyahu. «Abbiamo dimostrato che Israele non si arrende al terrorismo e agisce con una creatività e un’audacia che non conoscono confini per portare a casa i nostri ostaggi», ha detto a commento dell’operazione «Semi d’estate» con cui esercito, polizia e servizi israeliani hanno liberato quattro ostaggi.
UN’OPERAZIONE pianificata da settimane eppure per nulla chirurgica. Né creativa o audace: è stata un massacro di civili palestinesi, il bombardamento a tappeto del campo di Nuseirat, le case, il mercato, il quartiere intorno all’ospedale, mentre le truppe di terra entravano nascoste dentro finti camion di aiuti umanitari.
Ha ragione Netanyahu: la sua audacia non conosce confini. Nei giorni in cui più forti sono le pressioni internazionali e interne affinché accetti un accordo con Hamas, la sanguinosa operazione di Nuseirat lo aiuta a puntellare la sua narrazione: non servono accordi, la soluzione è militare.
Poco importa che in nove mesi gli ostaggi liberati in questo modo siano sette (contro i 105 rilasciati con la tregua di novembre), al costo di centinaia di palestinesi «sacrificabili»: ieri si sono stretti tutti intorno al premier, volenti o nolenti.
Il Forum delle famiglie degli ostaggi, il più insistente nel chiedere il negoziato, ha definito «eroica» l’operazione e ha chiesto alla comunità internazionale di fare «pressione su Hamas per accettare l’accordo proposto». Non indicano quale, se quello presentato la scorsa settimana da Joe Biden o quello di Netanyahu, che a leggere i leak sulla stampa non coincidono.
C’è chi protesta: ieri come ogni sabato a migliaia si sono ritrovati a Tel Aviv e Haifa per chiedere l’accordo con Hamas. Benny Gantz, da parte sua, ha cancellato la conferenza stampa prevista per oggi nella quale avrebbe dovuto annunciare le dimissioni dal gabinetto di guerra. Indicato da molti come l’uomo su cui Biden punta il futuro Netanyahu-free di Israele, ha rimesso l’asso nella manica. Resta perché – dice il suo entourage – la liberazione dei quattro ostaggi è uno sviluppo abbastanza significativo da posporre la sua protesta. Se ne riparla tra qualche giorno.
L’ALTRO «rivale» di Bibi, Yoav Gallant (il ministro della difesa che con il premier condivide la richiesta di mandato d’arresto della procura della Corte penale internazionale ma che insiste per un futuro demilitarizzato di Gaza), ha celebrato quella che chiama l’operazione più eroica di tutti i suoi anni nell’esercito. Plausi dalle opposizioni: Yair Lapid esprime «incredibile eccitazione» per il salvataggio.
Nessuno mette in dubbio le modalità, allineati alla strategia del premier dalle sette vite che guadagna tempo: solo la forza porta alla vittoria, a qualsiasi prezzo, tanto lo pagano i palestinesi. È quanto si leggeva ieri in molti giornali israeliani: «L’operazione dimostra che Israele è capace di liberare gli ostaggi – scrive il Jerusalem Post – Nei giorni precedenti Israele veniva pressato perché accettasse il cessate il fuoco».
Nella comprensibile gioia e nel sollievo per il ritorno a casa di quattro persone, il riferimento al negoziato, rimasto lì, appeso, è narrato in negativo con Hamas che ieri intanto diceva di leggere nella strage a Gaza un modo per fare pressione sul movimento perché accetti un accordo che ritiene al ribasso, senza garanzie.
IL NEGOZIATO lo citano i leader europei che ieri hanno espresso soddisfazione per la liberazione, il francese Macron e il tedesco Scholz («segnale di speranza», dice). Manca la carneficina di Nuseirat, la condanna solo il rappresentante Ue agli esteri Borrell.
Manca anche dalle parole della Casa bianca, che – secondo Axios e video girati sul posto – ha partecipato all’operazione pochi giorni dopo essersi esposta come mai prima per il cessate il fuoco. Il consigliere alla sicurezza nazionale Sullivan ha descritto l’operazione come «un successo» perché gli Usa sostengono tutti gli sforzi di Israele che sia «attraverso il negoziato o con altri mezzi».
No Comments