LA MOZIONE ALLA CAMERA DI M5S, PD E AVS SULLA PALESTINA CHE FA INFURIARE ISRAELE da ANTIDIPLOMATICO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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LA MOZIONE ALLA CAMERA DI M5S, PD E AVS SULLA PALESTINA CHE FA INFURIARE ISRAELE da ANTIDIPLOMATICO e IL MANIFESTO

La mozione alla Camera sulla Palestina che fa infuriare Israele

 Agata Iacono  16/04/2025

La mozione presentata ieri al parlamento italiano dalle componenti dell’opposizione, Movimento 5 Stelle, PD e Avs per il riconoscimento della Palestina suscita l’immediata reazione di Israele. E questa reazione “indignata” è emblematica del potere sovranazionale che il governo sionista crede di poter esercitare impunemente e indefinitamente sullo Stato italiano. Avrà le sue potenti ragioni per tale convinzione…

Dopo aver rischiato di essere elettoralmente assorbito dal PD, il Movimento 5 Stelle ha cambiato strategia. Il suo elettorato ha bocciato l’appoggio al governo Draghi e le prime votazioni a favore dell’invio di armi all’Ucraina. La base del Movimento 5 Stelle è nata su principi di giustizia sociale, condividendo la difesa dell’ambiente, la salvaguardia dei diritti degli ultimi, della cosiddetta “democrazia diretta partecipata.


Poco importa, in questo contesto, se tali istanze non siano state elaborate attraverso un modello egemone organico collettivo.


Poco importa, ma solo in questa contingente fase storica, se tali istanze fossero espresse solo nell’ambito del sistema ordoneoliberista e non per cambiare il sistema.


L’immensa e riuscitissima manifestazione a Roma dei 100.000 del 5 aprile, che ha unito tutte le componenti contro la guerra e il riarmo europeo, portando in piazza anche l’ex elettorato e le associazioni che in questi mesi sono scese in piazza contro il genocidio del popolo palestinese, ha lanciato un messaggio chiaro sulla strada da seguire.


E ha spaccato il PD, che, nonostante la sparuta delegazione presente, ha appoggiato anche con il voto la piazza del gruppo Gedi a favore della militarizzazione contro la Russia.

E adesso il Movimento 5 Stelle, senza dormire sulla capitalizzazione del successo anche nei sondaggi, rilancia.


La mozione non prevede solo il riconoscimento della Palestina.

La proposta è molto articolata e si dipana in 11 punti.


Dal riconoscimento dello Stato di Palestina, al cessate il fuoco immediato su Gaza; dallo stop alla vendita di armi a Israele, alla sospensione dell’accordo di associazione tra Unione Europea e governo israeliano, compreso il pieno sostegno alla Corte penale internazionale. È quanto prevede la mozione unitaria di Pd, M5S e Avs sul Medioriente.

In particolare, la mozione “impegna il Governo: 


1) a riconoscere la Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo, al fine di preservare nell’ambito del rilancio del Processo di Pace la prospettiva dei ‘due popoli, due Stati’; 

2) a promuovere – forte dell’impegno assunto nel 2014 dal Parlamento europeo – il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Unione europea, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele;

3) a sostenere, in tutte le sedi internazionali e multilaterali, ogni iniziativa volta a esigere il rispetto immediato del cessate il fuoco, la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, la protezione della popolazione civile di Gaza e la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all’interno della Striscia, il rispetto della tregua in Libano scongiurando il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah; il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario;

4) a sostenere il cosiddetto ‘Piano arabo’ per la ricostruzione e la futura amministrazione di Gaza anche alla luce del favore di larga parte della comunità internazionale, assicurando il pieno coinvolgimento delle forze democratiche e della società civile palestinese, respingendo e condannando qualsiasi piano di espulsione dei palestinesi da Gaza e Cisgiordania”.

5) a sospendere urgentemente, ove in essere, le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell’8 ottobre 2023, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché a sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (Att) dell’Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite; 

6) a provvedere all’immediata sospensione dell’importazione degli armamenti dallo Stato di Israele, anche in considerazione dei dati emersi dalla Relazione dell’anno 2025, trasmessa alle Camere (di cui all’art. 5, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n. 185);

7) a sostenere in sede europea l’adozione di sanzioni nei confronti del Governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario e nei confronti dei coloni responsabili delle violenze in Cisgiordania; 

8) a esigere la tutela dell’incolumità della popolazione civile della Cisgiordania, richiedendo che lo Stato di Israele cessi ogni operazione militare, l’occupazione militare illegale di tali territori e l’illegale creazione e sostegno di insediamenti israeliani; 

9) a proporre azioni efficaci contro le violazioni del diritto internazionale e umanitario da parte del Governo di Israele, inclusa la sospensione dell’accordo di associazione EU-Israele, per le ripetute violazioni dell’art. 2 del suddetto accordo da parte del Governo israeliano e la violazione delle fondamentali regole dello stato di diritto in atto, come denunciato dalle forze di opposizione israeliane; 

10) a dare piena attuazione ai mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale, in linea con la normativa italiana di adeguamento allo Statuto di Roma e in virtù del previso obbligo di cooperazione da parte degli Stati membri, senza improprie considerazioni politiche che minerebbero il principio fondante per cui la legge, anche internazionale, è uguale per tutti;

11) a sostenere, in tutti i consessi europei ed internazionali, la legittimità della Corte Penale Internazionale, mettere in atto ogni iniziativa politica e diplomatica per scongiurare attacchi alla sua operatività e ribadire la necessità della Corte come strumento cardine della giustizia internazionale”. 

A “stretto giro di posta”, quando ancora la mozione non è stata illustrata e approfondita neppure dai media (che ne hanno appena accennato con evidentemente fastidio), arriva l’ANSA:

ROMA, 15 APR – 

“Invito i presentatori della mozione

sul riconoscimento dello Stato di Palestina a presentarne

un’altra, che sostiene il governo italiano nel suo impegno per

la liberazione di 59 rapiti, vivi e morti, sicuramente

innocenti, che il sedicente governo palestinese di Hamas a Gaza

detiene dal 7 ottobre 2023, sottoponendoli a torture

inenarrabili solo in quanto ebrei e israeliani”. Lo afferma il

presidente della Comunità ebraica di Roma Victor Fadlun in

merito alla mozione unitaria Pd-M5s-Avs su Gaza, definendola un

“atto di propaganda ideologica” dal quale “scompare il 7

ottobre”.

“Un documento – aggiunge – interamente costruito per accusare

Israele, l’unico baluardo occidentale in Medio Oriente. Una

narrazione selettiva, comoda, strumentale. Una prova di

disprezzo per la realtà, per la verità dei fatti e per i valori

che ci definiscono come cittadini europei”. (ANSA).

Le anime inquiete attorno e dentro il Partito democratico

Centrosinistra La costruzione di un campo alternativo alla destra fa passi avanti, ma alcuni commentatori insistono a leggere il rapporto tra Pd e M5S in chiave di mera concorrenzialità e rivalità

Antonio Floridia   17/04/2025

A distanza di alcuni giorni dalla manifestazione del M5S, si può dire che la costruzione del campo alternativo alla destra abbia fatto un passo avanti. Merito dei toni e delle parole usate, e dell’atteggiamento dei vari interlocutori.

Trova conferma la lettura che, anche su queste pagine, era stata data negli scorsi mesi, circa l’inevitabile prudenza (che a lungo è sembrata ritrosia o ambiguità) con cui Conte stava portando gradualmente il M5S, e soprattutto il suo potenziale (e diffidente) elettorato, ad accettare l’idea di una possibile alleanza con il Pd.

ALCUNI commentatori insistono tuttavia imperterriti a leggere il rapporto tra Pd e M5S in chiave di mera concorrenzialità e rivalità. Ma dovrebbe esser chiaro oramai che il M5S non può dare al proprio elettorato un’immagine appiattita sul Pd: di più, non sarebbe utile nemmeno al Pd! Il segmento di elettorato a cui si rivolge il M5S solo in una piccola quota può essere recuperato dal Pd, fatto com’è, in gran parte, da ex-elettori di sinistra che proprio da questo partito sono fuggiti – spesso con grande rancore – nel corso dell’ultimo decennio. Piuttosto, dopo i discorsi di alcuni mesi fa, un punto fermo sembra oramai largamente acquisito: si possono e si devono cercare le più ampie convergenze programmatiche, e lo si può fare ora anche sulla politica estera, che rimane pur sempre il terreno più spinoso; ma anche se alcune differenze non potranno essere colmate, ciò non potrà e non dovrà impedire un ampio accordo elettorale il più ampio possibile.

DENTRO il Pd la strategia unitaria di Elly Schlein non sembra avere reali alternative, anche se non mancano voci dissonanti e manovre sospette.

Andrea Orlando, in un’intervista ha detto: «Vedo un insistente boicottaggio del cosiddetto campo largo anche da pezzi del Pd. Nel 2022 abbiamo visto la rottura con il M5S come è andata a finire. C’è un altro schema di gioco?

Lo si dica». Si può aggiungere altro: fa riflettere il pervicace atteggiamento di una parte della stampa, anche progressista, che continua ad usare toni di dileggio, o argomenti sprezzanti, verso i «grillini» e verso «l’avvocato»: evidentemente, non hanno imparato nulla dal passato, perché questo modo di guardare al M5S, da anni, si è rivelato del tutto inefficace (anzi!).

NON CREDO però che si tratti solo di pigrizia intellettuale: comincia ad intuirsi qualcosa di più, ossia una sorta di apprensione (per usare un eufemismo) verso il profilo programmatico di una possibile alternativa di governo fondata sull’asse Pd-M5S. L’accoppiata Schlein-Conte (con Bonelli e Fratoianni) appare quanto meno inquietante, «inaffidabile», agli occhi di tutti quei gruppi di potere che si erano abituati ad un Pd «partito-establishment», un partito garante delle compatibilità sistemiche, o ligio ai vincoli di una collocazione internazionale dell’Italia che sembrava intoccabile. Ma il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi: cosa significa oggi «fedeltà atlantica»?

Bisogna essere fortemente europeisti, certo: ma questo significa forse allinearsi alla signora von der Leyen?

Eh sì, ci sono proprio molte anime inquiete, dentro e attorno al Pd. Ma che alternative hanno? L’unica via sarebbe quella di una riforma elettorale, ma – si badi – una riforma davvero e integralmente proporzionale (senza pastrocchi simil-Porcellum), che potrebbe rimescolare le carte degli attuali schieramenti. Ma, qualcuno, nel centrodestra, è in grado di fare una scelta di questo tipo? E gli opinionisti pensosi che lamentano il nostro bipolarismo malsano, se ne rendono conto? O sperano pur sempre, e ancora, nei famigerati governi “tecnici”?

E ALLORA, a questo punto, se non bastassero i buoni argomenti politici, possono essere convincenti anche solo i numeri. Non occorrono sofisticate simulazioni per mostrare gli effetti che potrebbe produrre una coalizione “larga”, o meglio ancora larghissima (un “fronte repubblicano”), nell’impedire la replica dello scenario del 2022. E non solo sulla base dei sondaggi disponibili oggi, ma sulla stessa base del voto delle elezioni europee (da cui questi sondaggi, peraltro, non si discostano molto). I dati sono chiari, ora la parola spetta alla politica.

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