LA GEOPOLITICA DEGLI AIUTI UMANITARI da 18BRUMAIOBLOG
La geopolitica degli aiuti umanitari
Olympe de Gouges 8 febbraio 2023
Il devastante terremoto di magnitudo 7,8 e le 185 scosse di assestamento che hanno colpito la regione del confine occidentale della Turchia e della Siria, ha provocato finora 7.800 morti accertati e oltre 20mila feriti, ma il numero delle vittime è destinato a essere molto più alto. È il peggior terremoto in Turchia da quello del 17 agosto 1999 che uccise 17.000 persone, di cui mille a Istanbul.
Più di 11.000 edifici sono andati distrutti in 10 province della Turchia, inclusi grattacieli e ospedali, come a Iskenderun e Adiyaman. Nel nord-ovest della Siria, intere famiglie sono rimaste sotto le macerie delle loro case crollate. La pioggia e la neve, che in alcuni punti cadevano abbondanti, e l’abbassamento delle temperature rendevano ancora più precaria la situazione per decine di migliaia dei sopravvissuti tremanti nelle tende o intorno a bracieri improvvisati.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ben 23 milioni di persone siano state colpite direttamente dal terremoto, inclusi 1,4 milioni di bambini. Queste sono notizie che appena ci sfiorano, poiché siamo quasi tutti impegnati in una manifestazione spettacolare di più alto momento.
Si sapeva da anni che un importante terremoto era inevitabile in quella regione e che il patrimonio abitativo e le infrastrutture pubbliche dovevano essere radicalmente rinnovati. Ma c’è un altro importante fattore che ha creato le condizioni per la devastazione in corso e che aggraverà la crisi umanitaria nelle settimane e nei mesi a venire: l’intervento militare nella regione delle potenze imperialiste, segnatamente degli Stati Uniti, negli ultimi tre decenni.
Dal 2011, a partire dall’amministrazione Obama, premio Nobel per la pace, gli Stati Uniti hanno alimentato una guerra civile in Siria volta a rovesciare il regime del presidente Bashar al-Assad. Attraverso l’armamento e il finanziamento delle milizie islamiste e sanzioni economiche punitive, Washington ha provocato la distruzione d’intere città e l’annientamento della società siriana.
Più di mezzo milione di siriani sono stati uccisi in più di dieci anni di guerra, sono sfollati in 13 milioni, tra cui 6,7 milioni i rifugiati, molti dei quali risiedono in campi profughi e in alloggi di fortuna su entrambi i lati del confine della regione colpita dal terremoto.
Molte degli sfollati interni a causa della guerra, come nei campi profughi di Idlib o in città come Aleppo, hanno vissuto in alloggi fatiscenti per gli effetti dei bombardamenti. Non sarebbero state tra le vittime nella regione devastata dal sisma se non vi fosse stato l’intervento degli assassini di Washington in Siria.
Nel silenzio mediatico quasi totale, gli Stati Uniti mantengono una propria forza di occupazione divisa tra la base militare di Al Tanf nel sud della Siria e i giacimenti petroliferi orientali del paese, dove sono schierati dal 2014 in coordinamento con le forze curde sotto la copertura della lotta all’ISIS.
L’Unione europea ha mobilitato 1.185 soccorritori e 79 cani da ricerca per la Turchia da 19 Stati membri. La Cina ha annunciato martedì l’invio di aiuti per 5,9 milioni di dollari, soccorritori specializzati nelle aree urbane, squadre mediche e attrezzature di emergenza. Se molti Paesi mostrano solidarietà ad Ankara, Damasco non può contare sulla stessa mobilitazione e rimane oggetto di sanzioni internazionali. La Mezzaluna Rossa siriana, che opera nelle aree governative, ha invitato l’UE a revocare le sanzioni contro Damasco e ha chiesto assistenza all’Agenzia per lo sviluppo statunitense (USAID). Non si hanno notizie che l’appello sia stato raccolto. L’appello lanciato dalle autorità di Damasco è stato invece raccolto dai russi, che martedì hanno promesso l’invio di squadre di soccorso “nelle prossime ore”. Anche Kiev ha dichiarato che, nonostante la guerra in atto in Ucraina, avrebbe inviato propri soccorsi, ma non nella Siria controllata dal governo di Damasco.
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