LA CANCELLAZIONE DEL NEMICO E DELLA STORIA da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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LA CANCELLAZIONE DEL NEMICO E DELLA STORIA da IL MANIFESTO

Gli avvoltoi sopra l’Ucraina

NUOVA FINANZA PUBBLICA. La rubrica settimanale di politica economica. A cura di autori vari

Matteo Bortolon  24/06/2023

Nei giorni del 22 e 23 giugno si è tenuta la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina di Londra. Come abbiamo dato conto su queste pagine, ci sono state diverse iniziative internazionali di questo genere, di carattere bilaterale (vertice in Olanda, in Francia, in Germania, e anche in Italia) fra cui spicca l’analogo meeting dell’estate scorsa. I termini del problema restano quelli che abbiamo potuto delineare precedentemente. Accanto allo “sforzo bellico” di assistenza militare dai paesi della NATO si è avviato un processo di finanziamento dell’Ucraina che va in continuità con i prestiti forniti dal Fondo monetario internazionale, dagli Usa e dalla Ue dal 2014 fino ad oggi, incluso il periodo che vede il paese in guerra con la Federazione Russa.

Il prezzo di questo è stato una serie di riforme di carattere neoliberale, nella miglior tradizione delle istituzioni finanziarie interne all’egemonia statunitense. Con l’inizio della “operazione speciale” russa il processo si è ulteriormente accelerato; come è prassi consolidata la situazione emergenziale consente all’esecutivo di portare avanti con maggior vigore gli adeguamenti alla logica del mercato più marcatamente opposti agli interessi popolari e dei lavoratori. La prospettiva – a dire il vero assai più incerta di quanto non facciano supporre le roboanti dichiarazioni di politici occidentali – di entrare a far parte della Ue si salda con quella della ricostruzione, il ridisegno liberista dell’assetto interno si tinge di fervore europeista, mentre deve per prima cosa garantire i profitti agli investitori. Si prefigura quella forma di “capitalismo dei disastri” in cui gli eventi distruttivi diventano la benzina di nuovi profitti, derivanti tsia ai redditi attesi per la ricostruzione, quanto dalla creazione di nuovi mercati privati aperti dallo stato di emergenza.

Il problema resta sempre quello: chi paga? I fondi del FMI e degli “Stati amici” non bastano: si è calcolato che solo il primo anno di guerra abbia causato danni per 411 miliardi di $.

In attesa di vedere cosa è emerso di concreto da Londra, pochissimi giorni prima è arrivata una notizia che forse può darci un indizio. Il 19 giugno il Financial Times ha riportato la notizia che BlackRock e JPMorgan stanno aiutando Kiev a costruire una banca per la ricostruzione per convogliare i fondi ottenuti ed attirare altri investimenti privati, col sostegno di consulenti di McKinsey.

Il coinvolgimento di simili pilastri del neoliberismo più distruttivo era già nota; in particolare JPMorgan aveva collaborato con Kiev come intermediario per la collocazione dei suoi titoli e per la ristrutturazione del suo debito. BlackRock era stato ingaggiato a novembre scorso come consulente.

Lo scopo di questo nuovo ente, che pare non debba essere costituito fino alla fine delle ostilità, sarebbe di usare i fondi di Stati e organizzazioni internazionali come base per raccogliere capitali privati, attendendosi una liquidità cinque volte maggiore di quelli pubblici.

L’operazione non pare agevole; cosa li convincerà? Un fattore che è possibile ipotizzare consiste nella promessa di sfruttamento delle risorse del paese. Su questo Kiev pare essersi buttata a pesce, vista la sua campagna pubblicitaria diretta agli imprenditori promettendo le migliori condizioni possibili.

L’altra possibilità è la costruzione di una architettura finanziaria capace di convogliare i soldi di piccoli investitori di livello familiare. In questo caso una risorsa simbolica importante sarebbe la vasta campagna sull’Ucraina come un paese vittima e che è un dovere aiutare, il che si tradurrebbe nelle garanzie pubbliche per coprire eventuali perdite subite dai privati. Meccanismo tipico delle partnership pubblico-privato, profittevole solo per quest’ultimo.

Ovviamente chi gestirà il processo avrà uno sguardo privilegiato sulle risorse più profittevoli e potrà adoperare tali conoscenze per macinare profitti. Da JPMorgan fanno sapere che sono già stati individuati i settori prioritari su cui investire. Sarà interessante capire i criteri per tale scelta. Di sicuro non sarà stata una decisione del popolo ucraino, stretto fra guerra e neoliberismo. Con gli avvoltoi della finanza che già sorvegliano attentamente la situazione.

La cancellazione del nemico e della storia

VERITÀ NASCOSTE. La rubrica su psiche e società. A cura di Sarantis Thanopulos

Sarantis Thanopulos  24/06/2023

La scrittrice statunitense Elisabeth Gilbert ha sospeso la pubblicazione del suo romanzo “La foresta di neve” in seguito a una valanga di reazioni da parte di lettori ucraini che esprimevano “rabbia, delusione e dolore”. Come ha spiegato su Instagram, non voleva aggiungere altro danno a persone già estremamente ferite.

Il romanzo narra la storia vera di una famiglia di religiosi russi fondamentalisti che per sottrarsi al regime staliniano si sono ritirati per mezzo secolo in una remota parte della Siberia. Nulla che possa essere considerato offensivo per i sentimenti del popolo ucraino. La decisione di Gilbert testimonia da una parte un senso di colpa e dall’altra un’insidiosa tendenza degli occidentali a identificarsi non solo con le sofferenze del popolo ucraino e con il suo diritto di difendersi da un invasore, ma anche con la pretesa, che compare in tutte e guerre diventante combattimenti feroci e “all’ultimo sangue”, che il nemico sia cancellato dalla faccia della terra, dalla civiltà e dalla storia.

Gilbert non ha motivi per sentirsi colpevole del suo libro: esso descrive un’opposizione radicale all’assolutismo staliniano di cui è erede Putin.

L’identificazione di tutto il popolo russo e della cultura russa con Putin, e di ciò che le persone sono per noi in tempi di pace con ciò che possono diventare in tempi di guerra, è opera dei nazionalisti ucraini, ispiratori della campagna propagandistica del loro paese. Questa identificazione dell’altro con cui siamo in conflitto con il Male, è comprensibile (accade spesso, se non sempre, in simili circostanze), ma non è giustificabile.

Il senso di colpa dell’Occidente, di cui Gilbert si fa inconsapevolmente portavoce ha a che fare con il fatto che la civiltà democratica è stata costruita con due processi antitetici (di cui rappresenta la sintesi, la mediazione e il compromesso): l’emancipazione culturale, politica e economica delle masse dei diseredati e l’accumulazione di ricchezza ottenuta mediante lo schiavismo, lo sfruttamento dei lavoratori e il colonialismo. Inclusione e esclusione, parità e diseguaglianza, accoglienza e razzismo convivono in un equilibrio instabile, fonte di un senso di precarietà permanente.

Il senso di colpa per avere fondato il proprio benessere sul malessere degli altri è giustificato, ma esso non è di per sé in grado di produrre alcuna trasformazione dello stato delle cose esistente, né riparare i torti e i gravissimo danni fatti. Il senso di colpa nei confronti di ciò che è accaduto nel passato può funzionare come auto-assoluzione: la pena diventa espiazione, il prezzo che si paga per estinguere il debito. E se il debito non si estingue, si può sempre vivere nella perpetua pena (“mea culpa, mea culpa”) che ci consente di restare egoisti nel nostro agire e di sguazzare nella doppiezza del vivere (uno dei nostri tratti distintivi).

Cancellare le colpe del passato non è possibile, voler riscrivere la storia (l’albero sul quale tutti, colpevoli e innocenti, siamo seduti) è privo di senso.

L’aspirazione a farlo, esprime, in realtà, lo spostamento della nostra prospettiva: il passaggio dal desiderio di prendere cura dei danni di oggi, per costruire una società giusta per il domani, al bisogno di una redenzione spirituale, morale che inventa un futuro di felicità e conserva i disastri del presente.

Il senso di colpa è utile se ci spinge a impegnarci in un processo di riparazione dei danni che si oppone alla loro reiterazione. Il suo significato positivo sta nel risveglio del senso di responsabilità. Chi sostiene senza ambiguità il popolo ucraino, dovrebbe, perché non è direttamente coinvolto nel conflitto e nell’odio, preservare dentro di sé la speranza che la guerra non distrugga in noi i legami di amicizia che sempre ci legano al nemico.
Perché la guerra non sconfigga la pace e l’odio non riscriva la storia (la madre dell’inimicizia e della fraternità) soffocando il nostro futuro.

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