IL REVISIONISMO DI IGNAZIO BENITO da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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IL REVISIONISMO DI IGNAZIO BENITO da IL MANIFESTO

In senato e fuori, boicottiamo La Russa

REVISIONISMO. Con le dichiarazioni su via Rasella il presidente del senato Ignazio La Russa ha passato il segno. Sono mesi che insiste nel rivendicare una storia impresentabile, con provocazioni, mezze verità, […]

Massimiliano Smeriglio  02/04/2023

Con le dichiarazioni su via Rasella il presidente del senato Ignazio La Russa ha passato il segno. Sono mesi che insiste nel rivendicare una storia impresentabile, con provocazioni, mezze verità, un passo avanti e quattro indietro. L’incarico che svolge in nome e per conto della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza al fascismo e al nazismo, è incompatibile con le torsioni nostalgiche di chiaro stampo revisionista e reazionario. A casa propria La Russa può fare ciò che crede, accendere santini e venerare miti condannati dalla storia.

Come presidente del Senato della Repubblica italiana no, non può farlo. E noi non possiamo tollerare questa degenerazione facendo finta che sia una macchietta, una rappresentazione goliardica nel teatrino della politica.

Un fatto caratteriale, suggeriscono alcuni arguti osservatori televisivi. Non possiamo tollerare perché invece è in atto una offensiva politica pericolosa, violenta, che getta in pasto alla propaganda più bieca la nostra storia migliore, gli atti di eroismo partigiano e la memoria di 335 martiri delle Ardeatine.

Tra questi mio nonno, partigiano del Partito d’Azione che, oltre ad essere italiano, era soprattutto un combattente antifascista, torturato dalla banda Koch prima e a via Tasso poi.

Serve uno shock, un atto estremo per mettere in evidenza le ignobili campagne di La Russa. Servirebbe un atto di diserzione coraggiosa di tutta la opposizione parlamentare: una diserzione parlamentare contro la Presidenza La Russa. I Senatori dovrebbero, a mio avviso, uscire dall’aula ogni volta che la Presidenza del Senato viene assunta da una persona che non può rappresentare la seconda carica dello Stato.

Sarebbe importante sottrarsi, non legittimare e uscire nella piazza antistante il Senato per magari leggere le Lettere dei condannati a morte della Resistenza. Un gesto estremo da praticare con determinazione fino alle dimissioni di un personaggio inadeguato e pericoloso. Una pratica di lotta concreta che non insegue la loro agenda: loro che sparano bordate e noi a rincorrere, ma cambia l’ordine del discorso, ingolfa i lavori parlamentari, indica un obiettivo semplice e chiaro: mandarlo a casa.

Non c’è nessuna dittatura dietro l’angolo, ma la torsione autoritaria e superficiale di chi vuole sporcare la pagina migliore della storia nazionale cercando rivincite fuori tempo massimo.

Il tema non sono solo le Ardeatine, ma via Rasella, cioè la legittimità o meno di una azione di guerra partigiana. E per noi dunque è importante mantenere alta l’attenzione e la difesa dei gappisti romani che sfidarono eroicamente l’occupazione nazi fascista della città. E in nessuna occasione l’associazione dei famigliari delle vittime, l’Anfim, di cui mi onoro di far parte, ha pronunciato parole ambigue circa i responsabili dell’eccidio, i fascisti e i nazisti. Torniamo a difendere questa parte della storia, perché sotto attacco ci sono esattamente gli uomini e le donne, che poi erano ragazzi e ragazze spesso giovanissimi, che riscattarono la nostra libertà pagando costi umani elevatissimi. La destra al governo sembra aver deciso, balbettando tra le ragioni di De Gaulle e Petain, ha fatto la sua scelta: rimanere in una zona d’ombra, volutamente ambigua sul ventennio di cui riescono a condannare solo le leggi razziali del 1938 e la guerra. Senza passare per l’abolizione del pluralismo politico, dei sindacati, la violenza, gli omicidi politici, la fascistizzazione forzata, il colonialismo, faccetta nera, l’omicidio Matteotti, le botte a sangue a Gobetti, la Repubblica sociale tenuta in piedi dalle SS.

Proviamo a fare uno scatto di orgoglio in avanti.

Boicottiamo La Russa nel Palazzo e andiamo a contestarlo negli eventi pubblici ricordandogli i nomi e le storie dei martini ardeatini e dei Gappisti, unici e veri patrioti, insieme ai partigiani di tutte le formazioni della Resistenza, durante la guerra civile italiana. Con questo spirito combattivo e con questo profilo costruiamo un grande 25 aprile di lotta.
Lo dobbiamo alla memoria dei nostri padri e al futuro di un Paese che vuole continuare a dirsi democratico e antifascista.

Il revisionismo di Ignazio Benito

NUOVA BUFERA SU FDI. Dopo le polemiche sulle Fosse ardeatine, il presidente del Senato attacca la Resistenza. L’Anpi: «Parole indegne». Le opposizioni: «Non può occupare la seconda carica dello Stato»

Adriana Pollice  01/04/2023

È passata solo una settimana dalle polemiche per l’affermazione di Giorgia Meloni («335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani») riferita alle vittime dell’eccidio nazifascista delle Fosse ardeatine. Affermazione che cancellava il ruolo dei fascisti tra i carnefici e degli antifascisti, degli ebrei, degli stranieri tra le vittime.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha proseguito ieri nell’opera di riscrittura della storia lungo i binari preferiti da Fratelli d’Italia. L’occasione l’ha offerta il podcast «Terramadre» del quotidiano Libero.

Il ragionamento è cominciato con la decisione della Cassazione francese di non accogliere la richiesta italiana di estradizione di 10 terroristi condannati per gli anni di piombo: «La sinistra confonde l’ideologia con il diritto – ha spiegato -. Paradossale che chi lo fa chieda alla destra quotidiane dissociazioni. Ne sono state fatte a sufficienza».

DA QUESTA PREMESSA si arriva alle Fosse ardeatine: alla premier è stato fatto «un attacco pretestuoso – ha continuato -. Tutti sanno che i nazisti hanno assassinato detenuti, anche politici, ebrei, antifascisti e persone rastrellate a caso». Fin qui il discorso riprende la linea difensiva di Meloni («ho usato un termine onnicomprensivo» si era giustificata) ma La Russa si spinge oltre: «Vorrei ricordare che l’attentato di via Rasella (a cui venne risposto con le Fosse ardeatine ndr) non è stata una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: hanno ammazzato una banda musicale di semipensionati altoatesini e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia al quale esponevano i cittadini romani, antifascisti e non».

Infine il punto di caduta del ragionamento è sul 25 Aprile: «Quando ero ministro della Difesa andai a rendere omaggio al Cimitero Maggiore di Milano portando dei fiori sulle tombe dei partigiani. Di tutti, anche di quelli rossi, che come è noto non volevano un’Italia libera e democratica perché avevano il mito della Russia comunista».

A METTERE IN PERICOLO la libertà e la democrazia, quindi, sono i rossi. Il ragionamento sbanda da tutte le parti, a cominciare dalla descrizione del reggimento di polizia Bozen come un gruppo di pensionati (il più giovane aveva 26 anni e il più vecchio 42, l’età media degli effettivi colpiti a via Rasella 35). Ma La Russa non fa una piega e dopo un paio d’ore insiste: «Confermo che a innescare l’odiosa rappresaglia nazista fu l’uccisione di una banda di altoatesini nazisti e sottolineo che tale azione non è stata da me definita ingloriosa bensì tra le meno gloriose della resistenza».

A RIMETTERE IN FILA I FATTI Gianfranco Pagliarulo, presidente di Anpi: «Le parole di La Russa sono indegne per l’alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza. Il terzo battaglione del Polizeiregiment colpito a via Rasella mentre sfilava armato fino ai denti stava completando l’addestramento per andare poi a combattere gli Alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne.

Gli altri due battaglioni del Polizeiregiment erano da tempo impegnati in Istria e in Veneto contro i partigiani». Per concludere: «L’attacco di via Rasella, pubblicamente elogiato dai comandi angloamericani, fu la più importante azione di guerra realizzata in una capitale europea. Dopo la presidente del Consiglio, anche il presidente del Senato fa finta di ignorare che non furono i soli nazisti a organizzare il massacro delle Fosse Ardeatine».

SGOMBRATO IL CAMPO dal revisionismo, resta il punto politico. «Parole indecenti, inaccettabili per il ruolo che ricopre» il commento della segretaria Pd Elly Schlein. Roberto Morassut: «Il giudizio su via Rasella è stato chiuso dalle sentenze emesse in sede civile e di Cassazione tra il 1957 e il 1999. Fu un legittimo atto di guerra». La senatrice Sandra Zampa: «La Russa prosegue nelle sue esternazioni anti partigiane, nella negazione del valore dell’antifascismo a cui dobbiamo tutti, lui compreso, la libertà e la democrazia. Può restare ancora alla presidenza del Senato? Secondo me no». E ancora: «Può un fascista occupare la seconda carica della Repubblica nata dalla Resistenza? Risposta: No» scrive Gianni Cuperlo. Infine, Emanuele Fiano: «Il Pd ne chieda le dimissioni».

PIER LUIGI BERSANI: «A pochi giorni dal 25 aprile la seconda carica dello stato rilancia le falsità fasciste sulla Resistenza. È ora di dire basta». Riccardo Magi (+Europa): «Non dovrebbe essere la seconda carica del Paese».

Da Avs, Nicola Fratoianni: «Assolutamente inadatto al ruolo». E Angelo Bonelli: «Per queste parole ignobili La Russa si deve dimettere». Maurizio Acerbo (Prc): «È rimasto fascista e non riesce a nasconderlo».

Persino Calenda (che spesso solidarizza con l’esecutivo): «Sono ammirato della determinazione con cui La Russa sta riuscendo a dimostrare la sua inadeguatezza come presidente del Senato». I 5S con Vittoria Baldino battono su un altro tasto: «La sfida è non farsi trascinare in questi biechi tentativi di distrazione dai problemi reali, che il governo non risolve e nemmeno affronta o, peggio, aggrava. Tutto condito con un filo di revisionismo».

RICCARDO PACIFICI, ex presidente della Comunità ebraica di Roma e rappresentante della European Jewish Association, liquida la questione: «La brigata Bozen faceva parte di una macchina ben oliata che serviva a scovare ebrei e antifascisti in ogni rifugio dove purtroppo erano costretti a nascondersi per scappare alla furia nazifascista».

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