IL GATTOPARDO EUROPEO da ANTIDIPOLOMATICO
Il gattopardo europeo
Alessandro Bianchi 11/06/2024
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Le elezioni europee viste come un terremoto da molti commentatori si possono riassumere in estrema sintesi con altri cinque anni di “maggioranza Ursula” pronta a continuare il suo viaggio verso il baratro dell’Armageddon, fedele ai dettami dei padroni di Washington. “L’esito di tali elezioni – riassumibile nella nozione di funesta stabilità – conferma, in buona sostanza, il cupo declino filosofico-valoriale dei popoli del vecchio (in ogni senso) continente”, dichiara ad “Egemonia” l’Ambasciatore Alberto Bradanini, una delle nostre bussole di riferimento costanti nei frastornati e difficili tempi attuali.
A lui abbiamo chiesto un commento sulle forze di estrema destra in ascesa, l’astensionismo e i margini di costruzione di una forza di reale cambiamento nel vecchio continente. “Non v’è dubbio che per assicurarsi il controllo sulle scelte dei paesi vassalli l’egemonia plutocratica americana si serve della Nato, una struttura un tempo difensiva, oggi di aggressione, a tutela degli interessi Usa, che condiziona in modo sistemico le scelte dei paesi colonizzati, selezionandone i ceti politici”. E questa egemonia non si contrasta certo con il melonismo (italiano, francese o tedesco che sia) o l’astensione, ma con un “faticoso percorso di conoscenza e consapevolezza, avendo fede nel convincimento (da non intendersi in termini presuntuosi) che nella storia ha motivato tanti uomini di buona volontà” per gettare le basi per un reale cambiamento.
L’INTERVISTA COMPLETA:
Ambasciatore, i vincitori delle elezioni europee sono sicuramente le destre estreme e l’astensione. Ma nel classico stile gattopardiano dei poteri burocratici europei la famigerata “maggioranza Ursula” continuerà a guidare il timone verso il baratro dell’Armageddon contro la Russia. È lo scenario che si aspettava?
L’esito di tale sceneggiata non è stata certo una sorpresa. Del resto, se le elezioni servissero a qualcosa, affermava A. Bierce, le avrebbero già abolite. Serviranno dunque a ben poco anche quelle europee dell’anno 2024. È bene infatti non dimenticare che l’Europa costituisce un’indistinta mescolanza di paesi vassalli dell’impero americana (di cui è figlia primogenita!) e che il Parlamento Europeo è un finto Parlamento, occupandosi di diverse e inutili questioni, ma non di fare le leggi, mentre il suo incarico principale è quello di garantire un ottimo impiego a 720 individui altrimenti a rischio disoccupazione. L’esito di tali elezioni – riassumibile nella nozione di funesta stabilità – conferma, in buona sostanza, il cupo declino filosofico-valoriale dei popoli del vecchio (in ogni senso) continente. Alla luce di ciò, in nome dei principi di convivenza pacifica, democrazia ed equità sociale, dovremmo tutti gridare: viva l’instabilità! Purtroppo, dunque, dalle urne non è sortito alcun impulso virtuoso a favore del mondo del lavoro, dei beni pubblici, della sovranità costituzionale e della pace. Si continuerà a morire in Ucraina e in Palestina (ammesso e non scontato che l’Europa potesse fare qualche differenza) e a coloro che hanno confermato tali inverecondi ceti politici, di tutto ciò nulla è mai importato. L’inerzia fattuale, valoriale e di pensiero della società europea – Italia in testa, beninteso, tra le più inossidabili, ma in verità tutto l’Occidente – riflette un cupo deflusso storico di natura strutturale. La maggioranza dei popoli che la compone è preda di una plastica regressione verso l’età etica e ideologica della pietra. Non è un caso che in tale cupo scenario siano divenute superflue persino le operazioni di destabilizzazione dall’esterno alle quali i noti padroni del mondo atlantici ci avevano abituati dal secondo dopoguerra in avanti. Oggi, il lavaggio del cervello rende di più e costa meno. E il successo è garantito con l’ausilio della strategia della paura: paura di perdere il lavoro, di diventare poveri, di veder dileguare il potere d’acquisito di salari e pensioni, l’assistenza sanitaria, un qualche futuro per i propri figli, una paura che minaccia persino il valore supremo della pace, che pensavamo ingenuamente acquisito per sempre!
In molti paventano scenari cupi all’orizzonte con l’avanzata dell’estrema destra in Francia e Germania. Secondo lei sono forze che rappresentano un pericolo reale per il sistema dominante attuale o verrebbero facilmente assorbite dallo stesso, come è successo in tempi record con Fratelli d’Italia in Italia?
Quelle formazioni politiche di destra (apparentemente vincitrici) non faranno la differenza: in Germania perché mancano i numeri, in Francia perché il lepenismo è da tempo normalizzato (sia nelle posizioni anti-Ue che anti-Nato), in analogia al melonismo italiano, oggi antisovranista che più non si può, mentre digerisce senza bisogno di medicinali coadiuvanti sia le bellicose consegne imperiali che le ingiunzioni della finanza nordeuropea che sta depredando i nostri residui asset nazionali. La società europea occidentale, in realtà, non è in preda a misteriose spinte eversive, irreperibili ribellismi anarchici, improbabili derive antisemitiche o radicalismi populisti, tantomeno di sinistra (di vera sinistra, del resto, non si vede l’ombra!). La società europea è invero il deprimente riflesso di un popolo addormentato, che – dopo ormai annose sedute di elettrochoc cultural-consumistici e in condizioni di debolezza strutturale in seno all’attuale modo di produzione – temo soprattutto l’instabilità, accettando ingiustizie, derive belliciste e asservimento politico-ideologico, favorendo i privilegi della plutocrazia dominante. E tuttavia, nemmeno in queste umilianti condizioni, viene meno la sorveglianza piramidale (esplicita e sotterranea), perché il popolo resta inquieto per definizione, non si sa mai!
Negli anni ’30 del secolo scorso le forze oligarchiche che muovevano le logiche di mercato si sono affidate alle destre reazionarie e xenofobe per impedire l’ascesa di un modello realmente alternativo rappresentato da quelle socialiste e comuniste. Chi muove le fila del neoliberismo e della Nato sta immaginando uno scenario similare un secolo dopo?
I protettorati dell’impero egemone unipolare (sempre meno unipolare, grazie al cielo, alla luce del progredire nel mondo di un benvenuto pluralismo politico, economico e militare), come quelli europei, risultano agevolmente controllabili senza nemmeno ricorrere alle minacce o alla forza. È sufficiente mobilitare i ben noti strumenti di seduzione, promesse di carriere, denari e onori da parte delle oligarchie nordatlantiche (sovraniste a modo loro, ma tale aggettivo perde misteriosamente il suo significato dispregiativo se applicato al sovrano). Quel che, tuttavia, continua a sorprendere è la dabbenaggine dei più, per usare un eufemismo, i quali non cessano di considerare quella nazione una democrazia, anzi la migliore democrazia disponibile sul mercato, espressione della sola nazione indispensabile al mondo (nel lessico malato di M. Albright, poi ripresa da W. Clinton), voluta da Dio per guidare un’umanità altrimenti ingovernabile. Da non credere!
Finché c’è “l’ombrello della NATO”…
Non v’è dubbio che per assicurarsi il controllo sulle scelte dei paesi vassalli l’egemonia plutocratica americana si serve della Nato, una struttura un tempo difensiva, oggi di aggressione, a tutela degli interessi Usa, che condiziona in modo sistemico le scelte dei paesi colonizzati, selezionandone i ceti politici. A tale profilo di sorveglianza, deve aggiungersi la pressoché totale supervisione sulle attività mediatiche e di produzione accademica fondamentale, attraverso meccanismi di produzione delle informazioni di profilo internazionale e di finanziamenti occulto tramite ONG o accordi operativi, talvolta palesi, altre volte occulti. Lo scarso spessore del ceto politico, di cui la popolazione addormentata ha scarsa consapevolezza, caratterizzati dalla virtù dell’obbedienza, si abbina alla pochezza di operatori mediatici imbarazzanti per la loro magrezza culturale e professionale (salvo immancabili eccezioni che non fanno però la differenza) e al circo accademico, oggi del tutto referenziale a sé stesso, al quale è stato affidato il compito di svelare a un popolo distratto come davvero funzionerebbe il mondo. Come già rilevato, un popolo sopravvissuto a tanti brutali elettrochoc culturali si muove in forma frastornata davanti a tante umiliazioni.
Il Professor Erspamer in una sua recente riflessione ha definito le elezioni europee “consultazioni ridicole” in cui i cittadini sono chiamati a votare per “un’istituzione governata non da un Parlamento ma da commissari nominati da chi ha già il potere, in particolare finanziario”. L’astensionismo non era l’arma più efficace per contrastarlo?
Le tecnocratiche e non-elette istituzioni europee (prive del crisma di una vera democrazia) sono state costruite senza alcuna partecipazione da parte dei popoli (quando olandesi e francesi sono stati consultati sulla cosiddetta Costituzione Europea, questa è stata sonoramente bocciata, ma i conduttori euroinomani di quella locomotiva se ne sono infischiati, cambiando solo il nome a quell’insulto politico-legale, continuando a spingere il treno più avanti. Basta un rapido sguardo: il Parlamento non fa le leggi, preparate dalla Commissione e poi approvate dal Consiglio, cioè dai governi, solo e sempre però se Francia e Germania sono d’accordo. Quanto alla Banca centrale europea, che non ha alcun legame nemmeno con i Trattati Europei, una banca privata, indipendente per statuto (di fatto però dipendente dai mercati e dalla Bundesbank!), essa ha il solo incarico di controllare l’inflazione (vale a dire gli interessi dei creditori), non certo quello di far crescere l’economia e ridurre la disoccupazione, non sia mai! Sul tema astensionismo, infine, la riflessione, in termini di logica, è banale: esso viene digerito facilmente dalle oligarchie dominanti (anche se i non-elettori ne danno un’esegesi diversa) le quali lo leggono quale espressione di sostanziale accondiscendenza allo status quo. È sempre meglio votare, dunque, il meglio quando c’è, o il meno peggio quando manca il primo.
L’astensione in Italia ha superato il 50% mostrando chiaramente come tutti coloro che hanno sofferto per l’inflazione, precarietà, dittatura del neoliberismo, genocidio in corso a Gaza e armi al regime di Kiev non hanno visto un’alternativa credibile in nessun partito. Cosa è mancato alle forze che si sono proclamate di cambiamento nell’attirare quei voti e come si ricostruisce un’alternativa credibile?
L’astensionismo riflette lo scoramento di un popolo abbandonato, che percepisce il vuoto di chi dovrebbe rappresentarne i bisogni. Non a caso, esso è superiore al Sud, terra obliterata dai maggiordomi europeisti e atlantici che siedono al governo di turno. Si tratta di regioni emarginate, tra le più povere dell’Unione, persino considerando i paesi entrati nella UE dopo la caduta del Muro di Berlino. Sebbene l’Italia sia uno dei fondatori di tale Disunione Europea, il divario tra il Mezzogiorno d’Italia e le regioni ricche è rimasto tale, ampliandosi finanche in alcuni ambiti. Semmai tutta la Penisola rischia oggi un percorso di mezzogiornalizzazione a livello paese, a conclusione della depredazione in atto dall’entrata in vigore del famigerato Trattato di Maastricht (1° gennaio 1993). Affinché l’Italia possa sperare per i propri figli in un avvenire degno di questo nome, una futura classe dirigente dovrà mettere in cantiere una strategia di intelligente fuoriuscita (così come dalla Nato, del resto), un tema complicato ma ineludibile. Così facendo, tale ipotetica classe dirigente darebbe altresì un contributo straordinario alla pace e alla stabilità nel Mediterraneo (con il proposito di divenirne la pacifica Regina), quel mare che non a caso i nostri illustri antenati romani chiamavano nostrum.
Qual è il dato che più la preoccupa e quello che invece le offre un raggio di speranza da questa tornata elettorale?
Il quadro delineato non autorizza alcuna speranza. E anzi suggerirei di abolire il facile e ricorrente uso di tale termine. Esso induce a fantasticare su scenari improbabili, in vista dei quali non esistono le condizioni. Nella miserrima, attuale contingenza storica si può solo investire sul faticoso percorso di conoscenza e consapevolezza, avendo fede nel convincimento (da non intendersi in termini presuntuosi) che nella storia ha motivato tanti uomini di buona volontà: siamo in pochi, ma abbiamo ragione!
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