I CRIMINI DI GUERRA DELL’EUROPA da IL MANIFESTO e IL SIMPLICISSIMUS
La memoria delle mine
BALCANI. Nei Balcani sminamento a rilento. In Bosnia ed Erzegovina sono 180.000 le mine inesplose e 600 i morti dal 1996, a fine guerra. In Kosovo ancora si cercano 1.300 cluster bombs sganciate dalla Nato. Pesano gli alti costi. Il capo della Protezione Civile di Gradiška, S. Knezevic: «Gli ordigni? Un problema quasi individuale». E spesso «sono trovati e nascosti. C’è anche il nodo del disarmo»
Tra le conseguenze della guerra in Bosnia Eregovina una che porta ancora il suo peso è la persistente questione dello sminamento. Negli ultimi anni la presenza di mine inseplose sul territorio bosniaco ha reso potenzialmente fatale il passaggio dei migranti sulla rotta balcanica, riportando il processo di disarmo nei Balcani all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
IL PERICOLO DELLE MINE non riguarda solo la Bosnia -Erzegovina. Uno dei territori ad oggi afflitti dalla persistenza di Uxo (Unexploded Ordnance) è il Kosovo, dove nel 1999 le forze aeree della Nato fecero largo uso di munizioni a grappolo, o cluster bombs: si stima che durante la guerra in Kosovo, più di 1300 bombe a grappolo contenenti quasi 300 mila bombe siano state sganciate sul territorio, molte delle quali restano tutt’ora inesplose, rappresentando un pericolo costante soprattutto per migranti e abitanti delle zone rurali.
In Bosnia, dal 1996, sono stati fatti grandi progressi attraverso operazioni di sminamento a livello nazionale, con più di 78.000 mine individuate e neutralizzate. Tuttavia, le comunità di entrambe le entità, Federazione croato-musulmana e Republika Srpska, rimangono ancora oggi colpite dal problema.
Gli ultimi rapporti del Centro d’azione sulle mine della Bosnia-Erzegovina (Bhmac) indicano la presenza di oltre 180.000 mine inesplose e riportano oltre 600 morti direttamente collegate dal 1996.
Alcune città situate sul confine con la Croazia soffrono della presenza di mine, e numerose aree attorno al confine naturale del fiume Sava restano pericolose.
SUL TEMA DEL DISARMO a livello locale, abbiamo incontrato il capo della Protezione Civile del comune di Gradiška, Slobodan Knezevic. «Durante la guerra di Bosnia – ci spiega – , Gradiška era sul confine principale tra la Bosnia-Erzegovina e la Croazia. Pertanto, sia le mine antiuomo che quelle anticarro sono state collocate sulla costa del fiume Sava e intorno all’area di Gradiška. Oggi, quattro aree intorno alla città sono ancora sospettate di avere mine».Le aree pericolose attorno all’ area urbana di Gradiska sono ampie ed adiacenti anche a parco giochi per bambini e campi da pallavolo visitati dai giovani locali. Parte dell’area costiera del fiume Sava non è ancora stata sminata, eppure viene abitualmente utilizzata da pescatori e campeggiatori, con tutti i rischi del caso.
UNA DELLE DIFFICOLTÀ relative allo sminamento è l’alto costo per metro quadrato e la mancanza di un budget adeguato dedicato allo sminamento.
Inoltre, è difficile determinare l’esatta ubicazione delle mine vicino al fiume, dal momento che gli esondi stagionali portano a riva le mine inesplose accumulate sul fondale.
In Bosnia ed Erzegovina sono 180.000 le mine inesplose e 600 i morti dal 1996, a fine guerra. In Kosovo ancora si cercano 1.300 cluster bombs sganciate dalla Nato
Così, spesso il compito di identificare e segnalare le mine ricade sui cittadini. «Individuare le mine – sottolinea Slobodan Knezevic – è un problema in sé. La superficie deve essere prima esaminata accuratamente e le mine devono essere identificate. Solo allora è possibile procedere con la pulizia. In alcune zone, come Sanskimost e Oshtaluka, non è possibile lavorare al rilevamento delle mine. Solo quando qualcuno trova una mina e ci chiama, diventa possibile intervenire». La protezione civile si è parzialmente affidata a organizzazioni specializzate nella lotta contro gli ordigni inesplosi, sia governative che non-governative, ma l’aiuto deve venire dalla Protezione Civile Nazionale. «È un processo lento ma sta avvenendo – continua Knezevic – anche se la recente pandemia ha rallentato il processo di sminamento».
NON È TRASCURABILE la responsabilità individuale dei cittadini quando si parla di disarmo in Bosnia ed Erzegovina. Il processo di sminamento diventa particolarmente complicato quando i civili decidono volontariamente di tenere mine nelle loro case. Tali mine sono state acquisite durante la guerra e da allora non sono state denunciate alla polizia al fine della rimozione.
«SOLO IN QUEST’AREA – insiste Knezevic – circa 4.000 mine sono state confiscate da case private, dove la gente aveva deciso di conservarle».
Conservare le mine è illegale, un altro fattore che ha scoraggiato le persone in passato dal rivolgersi alle autorità per lo smaltimento degli ordigni.
Per questo motivo, la Protezione Civile ha implementato un programma che permette di chiamare un numero gratuito e segnalare la presenza di mine nelle case rimanendo completamente anonimi e al sicuro da ripercussioni legali.
«ABBIAMO CERCATO in passato – rivela Knezevic – di attuare campagne di sensibilizzazione attraverso i media, esortando le persone a denunciare le mine in loro possesso e sottolineando il pericolo relativo al tenere armi nei pressi della casa. Tuttavia, queste campagne non hanno avuto il successo sperato». Dunque si rivelerà cruciale il rapporto delle nuove generazioni con il tema del disarmo. I giovani bosniaci vivono una realtà che ancora soffre gli effetti della guerra, e per questo sono cresciuti dando valore alla pace.
«Negli ultimi anni – conclude il capo della Protezione Civile di Gradiška -, abbiamo iniziato un programma educativo nelle scuole primarie, per educare i bambini. I risultati sono ancora da vedersi, ma ci aspettiamo un discreto successo». L’obiettivo di tali attività didattiche relative al disarmo non è solo quello di educare i giovani, i quali cresceranno più consapevoli dei rischi relativi al possesso di armi e mine, ma la speranza è anche che tornino a casa e aprano un dialogo relativo all’importanza del disarmo con i genitori.
I crimini di guerra dell’Europa
I criminali sono spesso portati ad attribuire agli altri la propria stessa ignominia, per cui non c’è da meravigliarsi se la corrotta e stupida Uschi von der Leyen di fronte agli enormi problemi che ha creato prendendo direttamente gli ordini da Washington ora dice che la Russia “dovrà pagare per i suoi orrendi crimini” e propone ai Paesi membri una specie di tribunale farsa per cercare una condanna. L’ipocrisia di questa ricettatrice di vaccini non eletta da nessuno è tale che evidentemente soffre di amnesia insieme a tutti gli altri burocrati di questa Ue del tramonto, perché proprio l’Europa si è resa protagonista di crimini di guerra che essa nasconde o in qualche caso addirittura esalta.. Ventiquattro anni fa, la Nato bombardò la Jugoslavia con il preciso scopo di distruggere le infrastrutture civili e dunque fiaccare il morale dei serbi, anche se questi ultimi riuscirono ad abbattere un paio di B2 i famosi aerei invisibili ( ma evidentemente non troppo) che erano il fiore all’occhiello dell’Air Force prima di rivelarsi assurde ciofeche. In una campagna di due mesi e passa furono abbattuti una dozzina di ponti , ma anche un treno passeggeri, una processione religiosa, una colonna di profughi, la sede della Radiotelevisione serba, una fabbrica di aspirapolvere, mercati, cortili di appartamenti, l’ambasciata svizzera a Belgrado e anche l’ambasciata cinese, con tre giornalisti uccisi e altri 27 cinesi feriti . Le bombe a grappolo, le bombe a grafite e gli ordigni all’uranio impoverito sono stati ampiamente utilizzati come appare evidente dall’immagine che si riferisce a un bombardamento su Belgrado . Nessuno, nemmeno un singolo individuo, è stato ritenuto responsabile di questi crimini di guerra, né per quello che dovrebbe essere un misfatto ancora più grave: fabbricare ed esagerare intenzionalmente storie di atrocità per agitarsi allo scopo di far scoppiare o di far intensificare una guerra: pochi politici e giornalisti occidentali sarebbero sfuggiti a quell’accusa sui loro ruoli nel 1999.
Quella campagna di Serbia è stata in un certo senso la madre di tutte le bugie: dal momento che i politici e la maggior parte dei media hanno descritto la guerra contro la Serbia come un trionfo morale, è stato più facile per l’amministrazione Bush giustificare l’attacco all’Iraq , per l’amministrazione Obama bombardare la Libia e per l’amministrazione Trump bombardare ripetutamente la Siria seminando morte e caos soprattutto tra la popolazione civile. In realtà Ursula von der Leyen e i suoi compari, visto che non si potrebbero definire in altro modo i membri di una commissione di non eletti, mentre pensano di processare la Russia, hanno le mani sporche di sangue: i paesi europei hanno dato Eurofighter, Tornado, bombe della serie MK 80, munizioni e altre macchine di morte alla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti (EAU) contro lo Yemen. Questo per non parlare dei crimini commessi in Libia dove furono colpite scuole, magazzini alimentari , uffici pubblici, cosa accaduta regolarmente anche in Afghanistan. Eppure il protocollo I della Convenzione di Ginevra del 1977 afferma in modo piuttosto esplicito che “è vietato assalire, distruggere, asportare o rendere inservibili oggetti indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile, quali derrate alimentari, aree agricole per la produzione di cibo, coltivazioni, allevamenti impianti e rifornimenti di acqua potabile e opere di irrigazione”, La Russia non ha fatto nulla di tutto questo , ha attaccato la rete elettrica, ma non direttamente i mezzi di sostentamento, né ha mai attaccato intenzionalmente i civili, ma l’Europa sì., nella sua essenza di complice e palo degli Usa. Ed è dunque lei la vera criminale.
Gli Usa e i suoi domestici europei contano sulla percezione amnesica di un pubblico perennemente manipolato per rimanere disconnesso e apatico nei confronti delle sanguinose guerre neoliberiste e delle sue predazioni per l’accaparramento delle risorse. L’Iraq funge da esempio principale , anche se ciò che il governo USA ha fatto lì è in gran parte dimenticato e non considerato rilevante per il conflitto in Ucraina. Invece “l’intenzione e lo sforzo del bombardamento della vita e delle strutture civili era di distruggere sistematicamente le infrastrutture dell’Iraq lasciandolo in una condizione preindustriale”, accusa il Rapporto del 1992 alla Commissione d’inchiesta per il Tribunale internazionale per i crimini di guerra . E quasi tutti gli stati europei hanno partecipato entusiasticamente al massacro. Con la differenza che l’operazione militare russa avviene ai suoi confini e contro un nemico ( non gli ucraini, ma i nazisti fomentati dall’occidente) che avevano attaccato per abbi popolazioni russofone, mentre l’Iraq era lontano da tutti i confini dei Paesi che lo hanno voluto distruggere. Consiglierei a Putin di istituire a sua volta un tribunale contro i crimini di guerra europei e contro i crimini consumati ogni giorno dalla von der Leyen a danno della ragione, dell’onestà, della verità e della pulizia morale.
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