“DALLE ARMI NESSUNA SPERANZA”. PER L’UCRAINA NON È TEMPO DI PACE da IL FATTO
Guerra, strigliata del Papa a Zelensky: “Dalle armi nessuna speranza”
GELO FRA SANTA SEDE E KIEV – Riproposto a Francesco un non-piano in 10 punti che pone tre condizioni inaccettabili per Mosca
SABRINA PROVENZANI 15 MAGGIO 2023
È gelo assoluto fra la Santa sede e la presidenza ucraina dopo il fallimento dell’incontro, a Roma, fra Vladimir Zelensky e Papa Francesco. La Santa Sede continua a tenere riservati i contenuti dell’udienza di 40 minuti fra i due leader, ma il disappunto per l’occasione storica sprecata dal presidente ucraino trapela indirettamente: ieri, durante una visita pastorale a Regina Coeli, Papa Francesco ha ribadito che le armi “distruggono ogni speranza di pace” e ha pregato perché siano alleviate “le sofferenze della martoriata Ucraina e di tutte le nazioni ferite dalle guerre e dalle violenze”. Ma i continui appelli del Papa contro il commercio di armi e per una cessazione delle ostilità tramite l’unica via possibile nel rispetto della vita umana, quella del dialogo e del negoziato, appaiono sempre più isolati.
Il summit tra i due leader avrebbe dovuto, questo l’auspicio del Vaticano, segnalare la volontà di Kiev di accreditare il Pontefice come mediatore con Mosca, ma il rifiuto del presidente ucraino di muoversi dalle sue posizioni congela qualsiasi progresso. Con un clamoroso strappo istituzionale Zelensky sabato ha utilizzato la platea di “Porta a Porta” per ribadire senza giri di parole il suo no a un possibile ruolo di mediazione di Francesco. “Con tutto il rispetto per Sua Santità, l’Ucraina non ha bisogno di mediatori, perché non si può mediare con Putin. Ho chiesto al Papa di condannare i crimini russi in Ucraina. Perché non si possono mettere sullo stesso piano la vittima e l’aggressore” ha detto Zelensky. Approccio evidente già nello scambio di doni durante l’udienza: un ramoscello di pace in bronzo, auspicio equidistante di pace, da parte di Francesco, una icona della Madonna in armatura, simbolo di ‘guerra santa’, da parte di Zelensky. “Ho anche parlato della nostra ‘Formula per la pace’, unica soluzione per ottenere una pace giusta. Ho proposto al Papa che si unisca a noi nella sua implementazione”, ha detto il leader ucraino.
Una provocazione: il riferimento è il piano in 10 punti che Kiev propone dal dicembre 2022. Che pone tre condizioni inaccettabili per Mosca: il recupero della integrità territoriale ucraina entro i confini pre-conflitto del 2014, quindi con la restituzione della Crimea; la creazione di un tribunale speciale che processi la Russia per crimini di guerra; la costituzione di un sistema di sicurezza e garanzie per l’Ucraina entro lo spazio euro-atlantico, cioè la sottrazione definitiva dell’Ucraina alla sfera di influenza russa.
Obiettivi raggiungibili, secondo il presidente ucraino, solo ed esclusivamente con una vittoria militare. Le forze armate ucraine godono dell’appoggio incondizionato non solo del governo italiano, ma anche della Germania, che ha appena annunciato il più ampio pacchetto di aiuti militari all’Ucraina dall’inizio del conflitto, per un valore di 2,7 miliardi di euro. E l’avanzata ucraina è resa possibile proprio grazie al costante supporto militare da parte delle potenze occidentali, fra cui, cruciale, il recente invio di missili britannici a lungo raggio che, secondo la Difesa russa, sarebbero già stati usati per attaccare una fabbrica in territorio russo.
In questo contesto di escalation militare, il no senza condizioni di Kiev relega il ruolo del Pontefice alla preghiera e alle azioni umanitarie, con ripercussioni decisive sullo scacchiere internazionale. Non è un caso che ieri Avvenire, il quotidiano dei vescovi, abbia rilanciato in un articolo di prima pagina le azioni diplomatiche e umanitarie condotte sia dalla Santa Sede che dal pontefice in prima persona per alleviare la sofferenza delle vittime di questo conflitto, fra cui lo sforzo per riportare a casa almeno 20mila bambini ucraini deportati in Russia. Se è vero che, come ha detto al Fatto l’esperto di Russia don Stefano Caprio, “il Papa non ha un piano di pace definito, la sua è una missione di pace che va avanti da mesi”, è anche vero che Francesco è in questo momento l’unico leader in una credibile posizione di equidistanza, anche grazie ai rapporti coltivati con Mosca sulla base, ricorda Caprio, di un “un sistema di valori tradizionali molto simili a quelli di Putin”: una intesa che sopravvive alla condanna papale della violenza.
Tramontata, in attesa dell’esito delle elezioni, la mediazione del premier turco Erdogan, l’unica alternativa per una soluzione diplomatica resta dunque quella avviata da Pechino.
Per l’Ucraina non è tempo di pace
BERTOLINI, FABBRI E CASSINI – Riflessioni sulla giornata di sabato e sulle parole del premier Zelensky durante la visita in Italia
FQ 15 MAGGIO 2023
Il progetto adesso L’Ucraina punta tutto sulla nuova controffensiva
Non credo che la giornata di sabato ci consegni novità sostanziali verso la pace. Russi e ucraini sono fermi sulle proprie posizioni e ho l’impressione che nulla cambierà fino a eventuali novità dal campo. Kiev ha deciso di giocarsi tutto in questa controffensiva e a questo punto è da lì che si capirà come evolveranno le cose. La Chiesa aveva l’ambizione di poter svolgere un ruolo di mediazione, ma deve fare i conti con una situazione non semplice anche dal punto di vista religioso, vista la forte polarizzazione dentro gli ortodossi. E allora è un bene aver stabilito un dialogo e sarebbe bene che Papa Francesco incontrasse anche Putin, ma in questo momento non ci si può aspettare che la soluzione arrivi da lì. Zelensky vuole vedere l’esito di questa controffensiva e fino ad allora le posizioni di Kiev e Mosca restano inconciliabili, a prescindere da chi siano i mediatori.
Marco Bertolini
Freddezza Il senso della missione è chiaro: non è ancora tempo di pace
L’incontro tra Zelensky e Papa Francesco era il momento clou della visita del premier ucraino in Italia. Sembrerebbe non sia andata benissimo e che anzi ci sia stata notevole freddezza da parte di Zelensky. Kiev è convinta che la controffensiva le consentirà di recuperare territori e dunque prima di allora, anche legittimamente, non vede le condizioni per mediare. Zelensky ritiene che una qualsiasi “pace vaticana” debba coincidere con la pace immaginata dall’Ucraina, e cioè non una posizione mediana tra le richieste di Kiev e quelle di Mosca. In questo contesto, mi sembra che Zelensky sia venuto a Roma per ringraziare il nostro governo, con cui i rapporti sono ottimi anche in virtù della relazione personale con Meloni, ma soprattutto per chiarire che, almeno per il momento, non c’è spazio per una pace che non includa la totale accettazione delle condizioni di Kiev.
Dario Fabbri
Diplomazia Vaticano rimasto deluso, così zero spazi per un compromesso
L’inflessibilità mostrata da Zelensky nel ritenere possibile una pace soltanto col totale ritiro delle truppe russe credo abbia deluso il Vaticano. Io ragiono da diplomatico, cioè da chi ha il compito di trovare piccole aperture verso un compromesso, se non verso una pace definitiva. Anche solo per salvare vite umane. Ma stando così le cose, è impossibile anche solo trovare un pertugio per mediare, mi pare che la soluzione adesso sia soltanto militare. Mi rendo conto che il problema del Donbass sia molto delicato e forse necessiti di una forza di interposizione, come i caschi blu dell’Onu. Valuto diversamente la situazione della Crimea, terra che conosco bene anche perché da lì proviene parte della mia famiglia. Lì in effetti vivono moltissimi filo-russi e la storia di quella regione, “donata” da Krushev all’Ucraina, consentirebbe forse una trattativa diplomatica.
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