CONCERTO PER LA PACE: “UN MASSACRO NON IN NOSTRO NOME” da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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CONCERTO PER LA PACE: “UN MASSACRO NON IN NOSTRO NOME” da IL FATTO

“Un massacro non in nostro nome. Stasera uniti sul palco per Gaza”

L’intervista – Concerto “Per la pace”: “Serve coraggio a prendere posizione oggi. Se non la pensi come me sei un mio nemico”

Stefano Mannucci   23 Ottobre 2024

“Signori della guerra, fermatevi. Stiamo tutti camminando su un crinale d’orrore. Se cede si alzerà ancora di più la posta per il mondo intero. State giocando con il fuoco”.

Fiorella Mannoia, stasera all’Unipol Forum di Assago alzerete la voce.

Perché il nostro grido possa arrivare non solo a chi persegue questi massacri di innocenti, ma anche a chi medita di rassegnarsi. Nessuno di questi conflitti è in nostro nome.

Un concerto dal titolo eloquente: Per la pace – Live contro le guerre. Oltre a lei, sul palco molte star: Alessandra Amoroso, Annalisa, Brunori Sas, Elisa, Elodie, Emma, J-Ax, Madame, Ermal Meta, Francesca Michielin, Fabrizio Moro, Piero Pelù, Giuliano Sangiorgi, Rose Villain, Paola Turci, Gaia. Condurrà Veronica Gentili. Come è nato?

La scintilla è stata mia, poi si sono uniti gli amici sempre in prima linea, pronti a mobilitarsi. A un certo punto abbiamo dovuto, a malincuore, rinunciare ad altre adesioni. Altrimenti avremmo dovuto fare un evento di due giorni. Però questa è solo la prima volta, non è detto che non si replichi.

Eppure, con un programma del genere, non ci sarà copertura tv.

Il silenzio su quel che sta accadendo in certe aree del pianeta si è fatto assordante.

I proventi dello sbigliettamento saranno destinati a Emergency e Msf per il loro lavoro a Gaza.

Dove si sta verificando la più grave catastrofe umanitaria del secolo. Per questa tragedia non c’è sufficiente consapevolezza nell’opinione pubblica. Ospedali bombardati, continue stragi di civili, bambini morti o resi orfani, campi profughi bersagliati. Dove dovrebbero andare? Qual è il posto sicuro per loro se l’Egitto non li accoglie e neppure altri paesi arabi?

Gli ottusi pensano: perché sostenere le organizzazioni umanitarie se poi la loro operatività è contrastata con ogni mezzo?

Ma cosa vorrebbe dire? Abbiamo visto i risultati concreti, persone salvate e curate negli scenari di guerra. Credo sia la prima volta che Emergency e Msf aderiscano insieme a un evento come il nostro. Loro ci sono. Proietteremo filmati, avremo testimonianze. Questi operatori vanno lì a rischiare la vita.

Come si esce da questa crisi internazionale?

Non lo so, io faccio la cantante. Ma vorrei chiedere al governo israeliano quale sia il disegno finale. Qualcuno confidava in uno stop dell’offensiva dopo la morte di Sinwar, invece resta il rischio di una escalation incontrollata. Ora il Libano, domani forse l’Iran? Cosa vuole Netanyahu? Nessuno ha messo in dubbio il diritto di Israele di esistere, e una rappresaglia dopo il 7 ottobre 2023 era prevedibile. Ma oggi? Decine di migliaia di vittime a Gaza, e la parola genocidio non si può pronunciare.

Se dici genocidio l’accusa è di essere antisemita.

La parte politica in cui mi riconosco è sempre stata al fianco della comunità ebraica quando i neonazisti andavano a disegnare svastiche sulle loro tombe, profanandone le lapidi. Nessuno si azzardi a trascinarci in una polemica strumentale. Netanyahu è un leader di estrema destra, questo è un fatto. Si muove in spregio anche dell’Onu. Vuole che l’Unifil si tolga dalle scatole. Se parli di governo fascista a Tel Aviv sei automaticamente un antisemita, se invochi la fine della guerra in Ucraina, interrompendo l’invio di armi, ti bollano come filoputiniano. Tre anni di mattanza e non si vede l’orizzonte. Mentre a Kiev come in Medio Oriente la contabilità dei morti è per i civili. Sono loro, l’80% delle vittime. Occorre sensatezza anche per salire su un palco e pronunciare quella parola.

Quale?

Pace.

Stasera la canterà.

Di sicuro proporrò quella mia canzone, Il peso del coraggio. Credo sia emblematica, per la nostra iniziativa. Prendere posizione è un atto di coraggio. Nessuno ragiona più. Ci si scontra peggio degli ultrà delle curve di calcio. Se non la pensi come me sei un mio nemico. Sei filo-questo o contro-quello.

Avrete messaggi di politici, stasera a Milano?

Per carità.

Un incoraggiamento super-partes potrebbe aiutare la causa. Mattarella.

Non possiamo coinvolgerlo noi artisti. Affido a voi questo appello al presidente.

Sì a Comitati per la pace, il Pd non faccia il furbo

Domenico Gallo  23 Ottobre 2024

La guerra totale è in atto, che altro deve succedere per scendere in piazza? È l’interrogativo posto dalla lettera di varie personalità pubblicata sul Fatto dell’11 ottobre. In realtà una profonda inquietudine attraversa la società italiana di fronte al perpetuarsi e all’estendersi delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, ma finora non ha trovato un’espressione adeguata. Ci sono state già diverse piazze per la pace ma la politica non le ha viste (salvo il Movimento 5 Stelle e Avs) e la partecipazione è stata modesta. Per sabato 26 ottobre è stata indetta una Giornata di mobilitazione nazionale per la pace. Sono previste manifestazioni in sette città: Bari, Cagliari, Firenze, Milano, Palermo, Roma, Torino, altre se ne aggiungeranno. Nella piattaforma di convocazione gli organizzatori propongono di metterci “insieme per buttare fuori dalla Storia tutte le guerre, le invasioni, le occupazioni, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, i genocidi, i terrorismi”

Le parole d’ordine sono: “No al riarmo, no all’aumento delle spese militari, no alla produzione e diffusione delle armi nucleari, no all’invio di armi ai paesi in guerra”. Sono propositi nobilissimi che esprimono un forte spessore etico assieme a esigenze largamente condivise nel corpo sociale. È importante scendere in piazza per testimoniare la voglia di pace del popolo italiano, ma non basta più invocare la pace se non si mettono a fuoco le scelte politiche necessarie per contrastare le spinte belliciste.

Padre Balducci era solito affermare che il movimento per la pace deve compiere una transizione dall’etica alla politica. Di fronte alle emergenze che caratterizzano il nostro tempo, dobbiamo realizzare che questa transizione non si è compiutamente realizzata. La politica prepara e costruisce le guerre, soltanto una decisa reazione politica contraria le può fermare, per questo il Pd non si può lavare la coscienza andando alle manifestazioni per la pace se le sue scelte in Europa come in Italia vanno in senso contrario. La votazione alla Camera delle risoluzioni in vista del Consiglio Ue del 17-18 ottobre hanno visto ancora una volta il Pd schierato per il sostegno militare a Kiev, in perfetta concordanza con Italia Viva, Azione e centrodestra, dimostrando quanto esso sia organico al partito unico della guerra.

Il perpetuarsi della guerra in Ucraina non è frutto del caso cinico e baro, ma dipende dall’orientamento assunto dalla Nato e dai vertici dell’Ue, che hanno scartato ogni ipotesi di negoziato e alimentano lo scontro armato considerando la “vittoria” militare dell’Ucraina e la sconfitta della Russia come unico sbocco possibile. Questa direttiva politica, consacrata da numerose risoluzioni del Parlamento europeo, punta a un obiettivo palesemente impossibile che richiede una continua escalation della violenza bellica attraverso la fornitura di armamenti di ogni tipo, col rischio di arrivare allo scontro diretto fra Russia e Nato. È proprio questa direttiva politica, fondata sul mito della “vittoria”, che deve essere denunciata come irresponsabile e criminogena e contrastata con decisione. In quest’ottica deve essere rifiutata ogni ulteriore fornitura di armi all’Ucraina, il Parlamento non deve prorogare oltre l’autorizzazione al governo alla cessione di equipaggiamenti militari, che scade il 31 dicembre. Invocare la pace per il Medio Oriente comporta la necessità di ridimensionare l’impunità di cui ha goduto e continua a godere Israele, quindi, oltre all’embargo delle armi, occorre chiedere delle sanzioni diplomatiche, politiche, economiche, anche personali, nei confronti del governo di Netanyahu. Anche su questo fronte dobbiamo constatare che il Pd ha votato contro o si è astenuto. Non si può esaurire tutto in una o più manifestazioni, occorre una mobilitazione permanente.

Il 15 aprile 1994 Giuseppe Dossetti, nella nota lettera al Sindaco di Bologna, di fronte ai pericoli per la democrazia derivanti dall’avvento dell’era Berlusconi, scrisse: “Auspico la sollecita costituzione a tutti i livelli, dalle minime frazioni alle città di comitati impegnati e organicamente collegati per una difesa dei valori fondamentali espressi dalla nostra Costituzione (…) per un’azione che sperimenti tutti i mezzi possibili, non violenti, ma sempre più energici, rispetto allo scopo che l’emergenza attuale pone categoricamente a tutti gli uomini di coscienza”. Oggi ci troviamo di fronte a un’emergenza ancora più grave. Per questo nella lettera pubblicata dal Fatto si indica un’azione simile a quella auspicata da Dossetti: comitati in tutt’Italia per dire no alla guerra in nome dei valori supremi della nostra Costituzione, rendiamo i cittadini protagonisti e portiamo in ogni Comune, in ogni scuola, in ogni università, le istanze politiche più coerenti per fermare questa corsa al suicidio.

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