BORSELLINO: “L’ANTIMAFIA? NON CON IL MINISTRO NORDIO” da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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BORSELLINO: “L’ANTIMAFIA? NON CON IL MINISTRO NORDIO” da IL MANIFESTO e IL FATTO

Borsellino: “L’Antimafia? Non con il ministro Nordio”

MESSAGGIO – Il fratello del giudice sfida “Giorgia”

 SAUL CAIA  20 LUGLIO 2023

“Perché Giorgia Meloni ha avuto paura di venire qui? Noi contestazioni non ne facciamo, manganellate non ne diamo, al massimo le abbiamo prese. Non sporcheremo mai questo luogo sacro”. È un fiume in piena Salvatore Borsellino dal palco di via D’Amelio nel giorno del trentunesimo anniversario della strage in cui persero la vita il fratello giudice Paolo e i cinque agenti della scorta. “Alla presidente Meloni avrei semplicemente chiesto come concilia il suo impegno antimafia con le recenti esternazioni del ministro Nordio, fatte ogni volta in questi giorni di memoria”, dice Borsellino.

Il riferimento è alle frasi del Guardasigilli sulla possibilità di rimodulare il concorso esterno in associazione mafiosa, spiegando che “non esiste come reato” in quanto “è una creazione giurisprudenziale”. “Combattiamo chi è colluso, lo Stato-Mafia, la mafia dei colletti bianchi, quella che ha ucciso mio fratello per prendere il potere”, aggiunge Borsellino, leader dell’associazione Agende rosse.

Borsellino manda anche un messaggio ai componenti del corteo “Basta Stato Mafia”, formato da diverse sigle tra cui Cgil, Arci, Our Voice e gruppi studenteschi, che hanno preso parte alla commemorazione e che lo scorso maggio erano stati bloccati, subendo anche uno scontro fisico con la polizia, prima di partecipare al minuto di silenzio in ricordo delle vittime di Capaci. “Voi siete i benvenuti – ha detto Borsellino -, qui su questo palco non ci saliranno mai e poi mai quelle personalità per la cui presenza all’albero Falcone il 23 maggio siete stati fermati impedendovi di unirvi al ricordo”.

Presto via D’Amelio potrebbe diventare un giardino della memoria dedicato al giudice e agli uomini della sua scorta, delimitando così l’accesso dove è stato piantumato “l’ulivo della pace”, arrivato da Betlemme nel 1993 per iniziativa della madre del giudice, Maria Pia Lepanto, e della sorella Rita Borsellino. Oltre alla raccolta firme proposta dalle Agende rosse, l’ottava circoscrizione del Comune di Palermo ha approvato la mozione al riguardo presentata dalla consigliera del centrosinistra Giuseppina Chinnici.

Alle 16:58, l’ora dell’attentato, silenzio avvolge l’intera via. Tra i presenti molti esponenti delle istituzioni, come la leader dei dem Elly Schlein, insieme al deputato Pd Anthony Barbagallo, l’ex magistrato e attuale senatore 5S Roberto Scarpinato, gli ex sindaci Leoluca Orlando (Palermo), Renato Accorinti (Messina) e Luigi de Magistris (Napoli), il presidente della commissione antimafia regionale Antonello Cracolici, il deputato regionale grillino Nuccio Di Paola e il regista Pif. Sul palco, a portare la loro testimonianza, anche due superstiti delle stragi: l’agente Antonino Vullo, unico sopravvissuto in via D’Amelio, e Giovanni Paparcuri, scampato all’attentato al giudice Rocco Chinnici.

Non erano presenti invece i figli di Borsellino, il poliziotto Manfredi in mattinata è stato alla Casema Lungaro, dove la premier Meloni ha commemorare le vittime di via D’Amelio. Evento blindato e vietato alla stampa, tanto che poi la stessa premier ha spiegato di non partecipare alla fiaccolata, organizzata nella serata dalle associazione di destra, per “impegni concomitanti” .

Le figlie Lucia e Fiammetta invece hanno preferito restare lontano dai riflettori, come ormai fanno da alcuni anni, mentre l’avvocato Fabio Trizzino, legale di famiglia, era nell’aula bunker di Caltanissetta per la sentenza d’appello nel processo stragi in un cui è stato condannato all’ergastolo l’ex primula rossa Matteo Messina Denaro. Il boss non era presente, ma nei giorni scorsi ha fatto recapitare al suo difensore Adriana Vella, la quarta legale che ha difeso il vecchio padrino nel processo, un telegramma in cui la ringraziava: “Buona vita. Del poco che so mi è piaciuta la sua arringa”.

I travestiti

 Marco Travaglio  20 LUGLIO 2023

Non potendoli purtroppo affidare agli infermieri per un bel Tso collettivo (hanno l’immunità pure da quello), non resta che guardarli e farsi quattro risate. Parliamo dei cialtroni che ci sgovernano e che i cretini de sinistra chiamano “sovranisti” o “fascisti”, senz’accorgersi che qualunque aggettivo diverso da “berlusconiani” li nobilita. Giorgia Meloni, che ha il grave torto di averli riciclati e arruolati con maquillage posticci sotto le insegne della presunta “destra”, li aveva pregati di dismettere almeno per un giorno i piedi di porco, i grimaldelli, i passamontagna e le calzamaglie nere e di travestirsi da persone perbene, per poter celebrare l’anniversario di Borsellino senza lanci di pomodori. Era riuscita persino a levare per qualche ora il fiasco a Nordio, che s’era affacciato in Parlamento per dire l’opposto di ciò che ha sempre detto e pensato sul concorso esterno (anche se continua a confonderlo con il concorso di bellezza). Mattarella se l’era bevuta e aveva sbloccato la schiforma della giustizia, dopo che per giorni e giorni i turiferari l’avevano dipinto come “argine” e “baluardo” ritto e tetragono a protezione dell’abuso d’ufficio e degli impegni internazionali dell’Italia. Insomma, tutto sembrava filare liscio, quando alla Camera s’è votato sulla direttiva anti-corruzione del Parlamento e del Consiglio europei, con strumenti in gran parte già in vigore da noi grazie alle leggi Severino e Bonafede: carcere fino a 6 anni, incandidabilità dei corrotti, limiti all’immunità, termini di prescrizione “sufficienti a fare giustizia”, controlli anche sui funzionari europei e naturalmente sanzioni per i reati tipici dei tangentari, incluso l’abuso d’ufficio.

La direttiva nasce dallo scandalo delle mazzette pagate da Qatar e Marocco a diversi eurodeputati, quasi tutti italiani e di sinistra. Tant’è che le destre nostrane l’hanno giustamente cavalcato. Ieri però Pd, M5S e Avs hanno votato a favore, mentre a bocciare il documento Ue sono state proprio le destre, con le consuete ruote di scorta calendian-renziane. Il motivo l’ha spiegato il relatore meloniano Antonio Giordano col solito gargarismo “garantista” pieno di vuoto: le norme più dure contro le euromazzette sarebbero – testualmente – “in palese contrasto con i principi di sussidiarietà e proporzionalità”. Come fosse antani. La supercazzola ricorda quelle di B.&Bossi per bocciare nel 2001 il trattato sul mandato d’arresto europeo (“garantismo” contro “Forcolandia”). E serve a celare il terrore che pervade il grosso dei parlamentari quando leggono, accanto al rinfrancante termine “corruzione”, il terribile prefisso “anti”. Un riflesso condizionato tipo dottor Stranamore, che fa scattare non il braccio teso, ma la mano prensile. Dicono Borsellino e pensano al portafogli.

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