ALLA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO DEBUTTA LA GIUSTIZIA CLIMATICA da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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ALLA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO DEBUTTA LA GIUSTIZIA CLIMATICA da IL FATTO e IL MANIFESTO

Clima: più progetti e meno chiacchiere con i negazionisti

DI MARIAGRAZIA MIDULLA*  27 SETTEMBRE 2023

Mentre la vostra casa brucia, perdereste tempo a discutere con chi non vuole chiamare i Vigili del fuoco? No, di certo. Eppure, è esattamente quello che sta avvenendo sulla crisi climatica. È venuto il momento di porre fine al dibattito con chi nega la crisi climatica, non la riconduce all’azione umana o in un qualunque altro modo cerca di rallentare l’azione per abbattere le emissioni di gas serra. Di assurdità ne abbiamo sentite abbastanza, persino il processo ai termometri. Ma soprattutto, è un dibattito che non esiste tra gli scienziati esperti di clima.

Ci auguriamo quindi che la premier Meloni, il ministro Pichetto Fratin e il nuovo Inviato speciale sul clima Corvaro non perdano tempo prezioso nel convincere i negazionisti e si dedichino, finalmente, ad accelerare l’azione per contrastare la crisi climatica. Tanto più che la strada del negazionismo “nostrano” è lastricata di figuracce mondiali, com’è accaduto con l’articolo che negava il nesso tra riscaldamento globale e intensificazione degli eventi estremi, ritirato dall’editore dopo la protesta della comunità scientifica internazionale.

Il Pianeta è letteralmente bollente: se volessimo riassumere i fenomeni che si sono susseguiti nei primi otto mesi di quest’anno, dalla siccità alle tempeste violentissime, dalle ondate di calore su enormi regioni del mondo a quelle che ormai interessano mari e oceani, potremmo esser certi di dimenticare qualcosa. I fenomeni non interessano solo singole regioni, ma sono estesi in tutti e due gli emisferi, quello Nord e quello Sud: pensate che persino laddove si dovrebbe essere in inverno (America Latina, Africa meridionale) hanno imperversato violente ondate di calore con temperature che in alcune località hanno superato anche i 40° C.

Nel frattempo, però, l’azione per contrastare la crisi climatica è troppo lenta. La causa principale del riscaldamento globale sono le emissioni climalteranti dovute per l’87% all’uso dei combustibili fossili (carbone, gas, petrolio): è lì, quindi, che bisogna agire.

Processi di cambiamento sono in corso, grazie anche alla straordinaria flessibilità delle rinnovabili, che sono le fonti energetiche più economiche e che anche durante la recente crisi energetica hanno anche permesso di risparmiare molti soldi. La transizione ecologica ed energetica, però, è frenata da cavilli e dibattiti tesi non a ottenere che sia giusta e sostenibile, ma a permettere ai combustibili fossili di continuare a prosperare. Non possiamo più permetterci di fingere che quello che si sta facendo sia sufficiente a rallentare davvero la crisi climatica ed evitarne le conseguenze più catastrofiche: semplicemente quello che stiamo facendo non è abbastanza, visto che le emissioni di Co2 e metano hanno raggiunto il massimo storico.

Nei prossimi mesi ci aspettano scadenze importanti, dalla definizione del Piano Energia Clima (Pniec), sul quale si attende anche un concreto e strutturato meccanismo di partecipazione, ai provvedimenti per le aree idonee per lo sviluppo delle rinnovabili e al decreto attuativo sulle comunità energetiche rinnovabili di cui si sono perse le tracce.

L’Italia ha bisogno di una Legge sul Clima, è uno dei pochi Paesi Ue a non averla. A fine anno, a Dubai si svolgerà la Cop28, il summit sul clima. L’Italia guiderà il G7 nel 2024. Intanto ancora non abbiamo un decreto aree idonee che acceleri (e non rallenti) le rinnovabili nelle aree identificate, né quello per dare il via alle Comunità energetiche rinnovabili. Non abbiamo più tempo da perdere in chiacchiere con i negazionisti.

* Responsabile Clima ed Energia di WWF Italia

Alla Corte dei diritti dell’uomo debutta la giustizia climatica

CLIMA. Oggi a Strasburgo il caso di sei giovani portoghesi contro 32 nazioni «inadempienti». Per la prima volta l’accento viene posto sul diritto alla vita e contro le discriminazioni

Federica Rossi  27/09/2023

Oggi si scrive una pagina importante per la giustizia climatica. Sei giovani portoghesi, di età compresa tra gli 11 e i 24 anni, portano 32 stati di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) per inadempienza agli obblighi climatici comunitari. In una cornice politica in cui le cosiddette climate litigations si moltiplicano: memorabile la vittoria di 17mila cittadini olandesi contro il colosso petrolifero Shell nel 2021 o la recente causa contro Eni mossa da Greenpeace, Re:Common e 12 cittadini. Nella speranza che la giurisprudenza si riveli tra i più solidi alleati dell’ambiente.

Quando le fiamme del 2017 nella regione di Beira, al confine tra Portogallo e Spagna, sono costate la vita di 66 persone e 20mila ettari di foresta, i sei giovani hanno deciso di affidarsi al gruppo di avvocati Global legal action network (Glan) per cercare giustizia alla corte di Strasburgo. «I nostri esperti dicono che a 3 gradi ci saranno ondate di caldo ancora più estreme, che dureranno un mese o più. I governi di tutto il mondo hanno il potere di fermare tutto ciò ma hanno scelto di non fare la loro parte. Non possiamo restare a guardare» commenta Catarina Mota, una partecipante (23 anni).

L’ACCUSA RIVOLTA AI 32 STATI – i 27 membri dell’Ue più Norvegia, Regno Unito, Svizzera, Turchia e Russia (in principio c’era anche l’Ucraina) – non riguarda solo l’inadempienza agli obblighi climatici, ma anche la violazione di diritti umani: in particolare gli articoli a cui si fa riferimento sono il diritto alla vita, alla vita privata, alla non discriminazione. Un dettaglio da non sottovalutare, in quanto sottolinea che i diritti fondamentali dell’uomo passano anche attraverso la lotta alla crisi climatica. Una pronuncia positiva della Corte, interpellata per la prima volta in merito al clima, potrebbe infatti costituire un precedente storico e legislativo. Ma per la decisione potrebbero volerci mesi.

Finora l’ambiente ha incontrato la giustizia solo nei singoli paesi. In Italia tra le climate litigations si ricorda anche la campagna di Giudizio Universale, del 2021, primo caso in cui 200 ricorrenti, tra cui 17 minori e 24 associazioni, hanno denunciato al Tribunale di Roma contro il Belpaese per inadempienza climatica sulla riduzione di emissioni clima-alteranti per rientrare negli obiettivi dell’Accordo di Parigi, i celebri 1,5/2 gradi.

OGGI DUNQUE ANCHE L’ITALIA si dovrà difendere di fronte ai 22 giudici della Cedu. Il caso, classificato come «prioritario», sarà discusso anche davanti all’organo più solenne della Corte, la Grande Camera. Prima di pronunciarsi sul merito la Corte esaminerà innanzitutto la ricevibilità del ricorso, che implica il rispetto di criteri rigorosi su cui molti casi si sono arenati in passato, anche in materia ambientale.
I sei giovani ricordano che la crisi climatica in corso non distribuisce equamente i suoi effetti tra gli stati più o meno pronti ad adattarsi, o più o meno vulnerabili e che tutti i paesi coinvolti sono responsabili. Gli avvocati di Glen insisteranno anche sulla violazione del diritto alla salute dei giovani, per esempio impossibilitati dalle temperature che quest’estate hanno raggiunto oltre i 40 gradi in molte zone, a condurre attività all’aperto. «Tutta l’Europa sta vivendo tremendi impatti climatici: in Portogallo quest’estate abbiamo sperimentato ondate di caldo sempre peggiori che stanno limitando la nostra capacità di poter decidere della nostra vita in maniera libera» ha dichiarato il portavoce della campagna André dos Santos Oliveira, 15 anni.

GLAN AFFERMA CHE ALCUNI PAESI hanno già inviato alla Cedu i loro pareri: «Non può essere stabilita una relazione di causa-effetto assoluta tra i cambiamenti climatici e problemi sulla salute umana: c’è grande incertezza sul bilancio finale della mortalità: se sia positivo o negativo», avrebbe comunicato la Grecia.

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