4.000 KM DI PACE: PARTENZA ALLE 12.00 da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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4.000 KM DI PACE: PARTENZA ALLE 12.00 da IL FATTO

4.000 km di pace: partenza alle 12

DI FQ  7 MAGGIO 2023

La Staffetta della Pace, organizzata da Michele Santoro, inizia oggi alle 12. Quattromila chilometri e più di 200 tappe uniscono l’Italia da Aosta a Lampedusa, dal cui molo partirà l’ultimo chilometro. A percorrerli quattromila staffettisti (uno per ogni chilometro) che portano per tutta la penisola la bandiera della pace. La Staffetta è trasmessa in diretta, dalle 11.30 fino alle 13.00 sia sul web sia su su molti canali televisivi, e raccoglie testimonianze video dalle varie tappe, tra cui figurano tanti piccoli centri urbani e solo due grandi città (Roma e Catania). L’iniziativa chiede la cessazione dell’invio di armi a Kiev da parte del governo italiano, oltre allo sforzo istituzionale di trovare una risoluzione diplomatica del conflitto russo-ucraino, che ormai da più di un anno si combatte nel cuore dell’Europa, mietendo numerose vite. Alla Staffetta, oltre a migliaia di persone, hanno aderito anche diversi personaggi di spicco della cultura, dello spettacolo e della politica.

Alessandro Bergonzoni: “La guerra ci riguarda tutti: gli artisti devono schierarsi”

L’ATTORE COMICO – “Accuse a Rovelli? Chi governa non ha capito la gravità della situazione: pensa solo alle armi”

LORENZO GIARELLI  7 MAGGIO 2023

Oggi sarà a Ferrara, in piazza Duomo, perché “anche gli artisti devono fare la propria parte”. In un Paese in cui uno dei più illustri fisici al mondo non può permettersi di proferire verbo su una guerra in corso (e in cui siamo coinvolti), anche una constatazione del genere può apparire strana, persino rivoluzionaria. Ma per Alessandro Bergonzoni – poliedrico comico, drammaturgo, scrittore e molto altro – “nessuno può pensare di starsene a casa, al sicuro da questo dibattito”. Si deve prendere posizione e per questo Bergonzoni oggi parteciperà alla staffetta per la pace promossa da Michele Santoro, percorrendo un pezzo di strada in cui griderà il suo “no” alle armi e chiederà “un immediato tavolo diplomatico”.

Alessandro Bergonzoni, rubiamo il concetto al ministro Crosetto: non è meglio che gli artisti si limitino a fare gli artisti e non si occupino di queste cose importanti?

Io parto da questo concetto. Non c’è artista, scrittore, scienziato, cantante che non sia coinvolto in questa guerra. E anzi, un artista deve essere un ponte, deve farsi portatore di certe battaglie. Non è possibile che l’artista resti a fare il suo spettacolino chiuso nel teatro o si limiti a presentare il suo libro e poi se ne vada a casa. Non si può “andare a casa”, non c’è un posto in cui stare al sicuro da questo dibattito. Io non vado in televisione e non ho Twitter, quindi per il mio racconto utilizzo le scuole, i teatri, le piazze, i giornali. In un momento come questo, mi vergognerei a dire che non ci ho nemmeno provato a portare la mia testimonianza.

Insisto: lei però non è un politico.

Davvero si può pensare che una guerra non riguardi tutti i settori della società? Che le spese militari non siano legate alla sanità, al concetto di giustizia, a come affrontiamo il cambiamento climatico. È tutto unito e ha a che fare col destino di una nazione che non è mai stata interpellata sulle armi.

Non teme di passare per putiniano?

So benissimo che ci daranno dei filorussi. Ma l’unico “filo” di cui mi occupo è quello con cui vorrei idealmente collegare tutta l’Italia in questa staffetta, con cui vorrei cucire le ferite del Paese.

Di che cosa ha più paura?

Il fatto che qualcuno pensi ancora che l’atomica sia un buon deterrente per evitare la guerra è pura follia. Ho il timore psichiatrico delle persone che sono al comando, perché la classe dirigente non ha colto la gravità della situazione. Non si è capito che qui perdiamo tutti, non vincerà nessuno se non l’estinzione. Vedo che non interessa, si pensa solo ad armare di più e a finanziare la difesa in un momento in cui la povertà è oltre ogni aspettativa.

Si può perseguire una pace “giusta”?

Il tema è proprio quello di aprire un tavolo di trattative. Finora tutti ne parlano, ma io lo immagino come un tavolo che poggia sugli arti artificiali di coloro i quali hanno perso la propria gamba a suon di guerre. Nessuno si è davvero impegnato per una mediazione. Non si tratta di arrendersi, ma rendersi conto dell’evidenza.

È dispiaciuto che questa richiesta venga associata a una presunta vicinanza alla Russia?

Penso alla manifestazione a Roma del 5 novembre, a tutte le iniziative con cardinale Zuppi, ai movimenti pacifisti nati in questi mesi. Finora, sembra sempre che ci si debba quasi scusare: “Perdonateci, abbiamo una cosa da dirvi”. Come se parlare di queste cose fosse una concessione. Invece è un diritto e un dovere, ma deve essere pure un piacere.

Poi però è persino il governo a criticare chi si espone, come successo a Rovelli.

Uno scienziato deve essere doppiamente coinvolto nel dibattito pubblico, probabilmente ne sa molto più di un ministro della Difesa, che magari per professione si è sempre occupato di armi. Lo scienziato invece può farci capire qualcosa in più del mondo, abbiamo bisogno che tutti i saperi collaborino nell’aiutarci a formare un pensiero. È triste pensare che uno scienziato debba fare solo lo scienziato, un cantante il cantante e così via. Anzi, questo concetto mi spaventa. Io ho bisogno, ho sete di medici, artisti, professionisti che si schierino e magari partecipino a questi 4.000 chilometri di staffetta.

Crosetto teme Rovelli perché sa (bene) di essere in minoranza

ALESSANDRO ORSINI  5 MAGGIO 2023

Due sono i modi principali per innalzare la qualità del dibattito pubblico in Italia sulla guerra in Ucraina. Il primo consiste nell’introdurre nuove interpretazioni per ampliare l’orizzonte culturale dei cittadini e arricchire la democrazia. Il secondo consiste nell’individuare i ragionamenti illogici che prendono il sopravvento su quelli logici. Da questo punto di vista, l’Italia è un laboratorio straordinario giacché i media dominanti profondono il massimo impegno per proteggere i primi ed eliminare i secondi. A questo punto, il lettore si aspetterà che parli dell’idea assurda più nota, ovvero l’idea che il rifiuto della diplomazia e il solo invio di armi avrebbe portato la pace in pochi giorni. Questa idea illogica è ormai superata. Ce n’è una nuova contro cui combattere. Vorrei portare davanti al tribunale della ragione la tesi secondo cui nessun cittadino italiano dovrebbe criticare aspramente Biden poiché le medesime critiche rivolte a Putin in Russia causerebbero l’arresto immediato. È appena il caso di notare che questa tesi, se fosse applicata rigorosamente, causerebbe la fine di tutte le nostre libertà. Nessuno infatti potrebbe più protestare contro il potere pubblico. Agli operai che scendono in piazza per difendere il salario bisognerebbe obiettare che i loro slogan contro il governo, pronunciati a Mosca, provocherebbero un arresto di massa. Nessuno potrebbe più protestare contro i tagli alla sanità o contro gli abusi delle forze dell’ordine “perché in Russia ti arresterebbero”. Nessuno dovrebbe dire che le politiche espansive del blocco occidentale hanno provocato la distruzione dell’Ucraina, com’è autoevidente. Insomma, il modo migliore di usare le nostre libertà sarebbe quello di non usarle per passare il nostro tempo a dirci fortunati di essere più liberi dei russi: una sorta di schiavitù autoimposta. Arrivo al punto: così come in Italia è lecito criticare le politiche fiscali, allo stesso modo è lecito criticare la politica internazionale. Dal punto di vista della società libera, la critica della politica internazionale e la critica della politica fiscale sono entrambe espressione del diritto di critica. Domandiamoci adesso come sia possibile che un ragionamento così assurdo abbia conquistato tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche mainstream. Come può l’Italia essere caduta in un simile delirio anti-illuministico?

La risposta è da ricercarsi nella paura della classe dirigente bellicista. Per spiegare bene ciò che sta accadendo, devo mettere a fuoco un paradosso. Da una parte, gli ambienti bellicisti detengono il monopolio quasi assoluto dell’informazione; dall’altra, vivono nell’incubo di essere criticati al punto da lottare ferocemente per chiudere intere trasmissioni televisive (in realtà, una soltanto visto il monopolio che detengono). Com’è possibile che a una forza mediatica così spaventosa corrisponda la paura costante di un nemico inesistente? Accade perché Guido Crosetto sa che la sua posizione è minoritaria nella società. Sa che la stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla politica di Biden in Ucraina. Ecco perché teme Carlo Rovelli. Crosetto ha dalla sua parte tutti i media dominanti, inclusa Ambra, la presentatrice del festival di piazza San Giovanni. Rovelli, invece, è soltanto uno studioso che esprime le proprie idee. Nel mio libro Anatomia delle brigate rosse (Rubbettino), studiando i totalitarismi in Cina, Russia e Cambogia, ho mostrato che il potere ha paura persino delle ombre quando perde il consenso. Sono passati 15 mesi dall’inizio della guerra. Il fallimento totale delle politiche di Ursula von der Leyen, Stoltenberg e Biden è davanti agli occhi di tutti. Questo fatto riduce il consenso verso Crosetto, mica Rovelli. Calma, nessuno agiti censure: si chiama critica della politica internazionale.

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