Benedetto Croce | Disegni di riforma nazionale
A proposito di cultura, libri, conoscenze storiche dei politici, vi propongo piccoli frammenti da “Pagine sulla guerra” di Benedetto Croce. Depurateli naturalmente dell’alta retorica che è propria della sua scrittura, traducendo (gramscianamente) la sua lingua per i nostri “usi e consumi”.
Il vecchio Croce: incallito idealista, tutto rivolto alle classi dirigenti, ma quale afflato, quale forza critica!
Dino Vitale
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Da Disegni di Riforma nazionale, Laterza, Bari, 1965, pp. 265-272:
Contro il privilegio accordato agli uomini pratici (politici) bisognerebbe spiegare donde i pratici, i politici, i volitivi, attingano le notizie, i criteri, i concetti, che sono il presupposto delle loro operazioni di governo: donde, se non dalla scienza, dalla sapienza, dalla intelligenza che si raccoglie nella società del loro tempo, trasmessa per tradizione, serbata e accresciuta per quotidiano lavoro mentale? Certo gli uomini di studio, gli indagatori, i contemplatori, gli scienziati, i letterati sono cattivi governanti; ma appunto perché essi, per la specificazione delle attitudini e delle professioni, non posseggono i loro pensieri nella forma che conviene all’uomo d’azione: e ciò anziché negare, conferma la necessità del pensiero per l’azione […].
L’Italia se è, non si sottrae a questa legge generale, anche in essa la classe governante si nutre e si afforza della intelligenza e cultura del paese. [Ma] tra gli uomini del parlamento e del governo è deficiente la compattezza e sodezza delle idee, la totalità e armonia della cultura, l’abito meditativo e critico […], il disdegno del rettoricume e delle formole vuote […].
È noto che la forma di studi che si lega in modo prossimo alle cose della politica è quella degli studi storici, intesi nel loro vero e largo senso, cioè abbraccianti il complesso delle cosiddette discipline morali e filosofiche, e la cognizione del passato e del presente delle società umane […]. Urge […] dare all’Italia una letteratura storica, e, quel che più importa, rinvigorire ed estendere l’abito di guardare alle cose in modo storico, cioè obbiettivo e concreto.
[Infine, un affondo su Università e scuola].
Gli insegnanti universitari sono quello che sono […] giova non contare primariamente e direttamente sulle università, ma indirizzarsi ai giovani che frequentano l’università […] aperti e sensibilissimi alla vita contemporanea […]. Bisogna che, per quanto è in noi, i giovani delle università trovino quella corrente di cultura severa ed efficace […] che li aiuti a formar la mente in in modo organico e prepari in essi la futura classe dirigente del nostro popolo. [Ma è necessario] garantire le sorti di quella scuola che è la preparazione all’università, della scuola classica, la sola veramente umanistica e formativa che l’odierna civiltà possegga, e che in Italia si è venuta gravemente turbando a rischio di disfarsi, se non si provvede a rimedi […] dei quali i politicanti della democrazia non vogliono sapere. Ad essi infatti non importa la scuola ma l’apparenza della scuola.
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