UN “PENSIERO STUPENDO”, SAPERE e DEMOCRAZIA da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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UN “PENSIERO STUPENDO”, SAPERE e DEMOCRAZIA da IL MANIFESTO

Un «pensiero stupendo», sapere e democrazia

FORMAZIONE. Il 7 e 8 maggio, a Pisa, incontro nazionale di Sinistra Italiana su scuola, università, ricerca, movimenti. La lotta contro la guerra non è distinta dal diritto al sapere

Giuseppe Buondonno  06/05/2022

Il 7 e 8 maggio, a Pisa, Sinistra Italiana discuterà di scuola, università e ricerca: «Pensiero stupendo. Sapere è democrazia». Un incontro nazionale preparato con 11 tavoli di lavoro; aperto, sia perché sarà possibile seguirlo in streaming, sia perché interverranno tante e tanti intellettuali, rappresentanti delle organizzazioni degli studenti e dei docenti, del sindacato e delle associazioni.

UNA CHIAMATA alla discussione, ma anche e soprattutto a sostenere e sviluppare la mobilitazione che il movimento degli studenti, in particolare, ha fatto vivere nei mesi scorsi. Questo movimento è stato, insieme allo sciopero generale di dicembre, uno dei più forti segnali di riscossa democratica, capace di squarciare la rappresentazione patinata di un consenso quasi unanime al governo Draghi; di mostrare che il Paese reale non corrisponde all’enorme maggioranza parlamentare, alla quale Sinistra Italiana dall’inizio si è opposta, consapevole che quel governo rappresenta un’involuzione autoritaria e classista della democrazia.

La lotta contro la guerra e il bellicismo e quella per il diritto al sapere libero, critico, pubblico, non sono distinte. Appare chiaro anche dall’ultimo atto del governo, rivelatore di una china ancor più pericolosa e inaccettabile: l’impressionante aumento della spesa militare, a fronte di una riduzione del bilancio dello Stato sull’istruzione. Un mare di soldi per la guerra, un taglio al sapere (come alla salute); è una logica che va respinta radicalmente, anche perché evidenzia una prospettiva e un modello di società orribili e che la maggioranza degli italiani rifiuta.

IL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE e della formazione è oggetto di un lungo processo di snaturamento, rispetto alle finalità di liberazione ed emancipazione che la Costituzione gli assegna. Impoverito, precarizzato, burocratizzato e piegato alle logiche del mercato. È una spinta che viene da lontano e ha caratteri globali, ma che nell’ultimo decennio, nel nostro Paese (e in particolare coi governi Renzi e Draghi) ha conosciuto un’evidente intensificazione, di cui gli indirizzi del Pnrr costituiscono un precipitato culturale e politico; quando, invece, anche l’esperienza della pandemia avrebbe richiesto una discussione partecipata e seria, non un’ulteriore aggressione – alla scuola e all’università – a colpi di decreti legge.

È urgente una controffensiva che ribalti alla radice questa logica prestazionale e di un sapere monodimensionale, finalizzato al lavoro, che addestra «pezzi di ricambio», invece di formare esseri umani e coscienza critica; che rovesci le formulazioni pedagogiche del neoliberismo e rifiuti una ricerca pubblica subalterna all’impresa privata.

A Pisa – dove, poco tempo fa, tre giovani coraggiose (una delle quali sarà con noi) hanno dato una scossa di critica e riflessione – discuteremo anche di questo; come del diritto gratuito alla formazione, dal nido all’Università, delle campagne e delle leve legislative necessarie a dare forza e consistenza concreta ad una «rivolta delle coscienze»: da classi più piccole al contrasto alla povertà educativa, dal superamento del precariato alla formazione dei docenti, dalla democrazia nelle scuole e negli atenei, ad un cambiamento delle logiche della valutazione.

NON SI TRATTA DI UNA questione settoriale, ma di uno snodo decisivo per il futuro delle giovani generazioni e della stessa democrazia; perché il modello di formazione è una pietra angolare del modello di società che si intende costruire, nelle relazioni sociali e intellettuali, nelle forme del lavoro e della vita, persino – visto l’impatto che, fin dall’infanzia, le tecnologie virtuali e digitali hanno sui processi di conoscenza e sull’universo emotivo – sul tipo di umanità che abiterà la Terra dai prossimi decenni.

LA FORMAZIONE E LA RICERCA, la loro libertà, la qualità e le finalità che le orientano sono una grande questione democratica. Sono, anzi, componente essenziale delle democrazie, in un’era in cui, all’inizio di un secolo e di un millennio, assistiamo alla loro profonda crisi, al consolidarsi di modelli selettivi e autoritari (che guerra e riarmo non possono che accelerare), ad un pericoloso mutamento del rapporto tra libertà e capitalismo globale; a fronte di un lungo indebolimento e di una frammentazione del mondo del lavoro e di soggetti di massa capaci di spingere nella opposta direzione: quella della liberazione umana, della priorità del bene comune, dell’ambiente, della giustizia sociale.

Battere le destre non può essere solo un’operazione elettorale o di geografia politica; vuol dire fare i conti con errori e subalternità degli ultimi decenni; significa affermare una nuova egemonia culturale dei valori della Costituzione, indirizzare i processi, non inseguirli, costruire una nuova stagione della democrazia; di cui le forme del sapere non sono un ramo secondario, sono la linfa vitale.

L’autore è responsabile Scuola e Università di Sinistra Italiana

Il pericolo di una sinistra per «procura»

«CAMPO LARGO». Le ragioni alla base della «sinistra per procura» non sono incomprensibili: riformare il Pd dall’interno è come nuotare in una piscina di melassa, non esattamente semplice e fluido. I rischi, come detto, sono però enormi

Filippo Barbera  06/05/2022

La «procura» è il negozio giuridico unilaterale con il quale una persona conferisce a un’altra, detta procuratore, il potere di rappresentarla in tutti gli atti giuridici o solo per un determinato negozio o atto. In pratica, conferendo la procura a qualcuno gli consenti di rappresentarti davanti ad altre persone. Dal linguaggio giuridico, il termine è entrato in questi giorni nella sfera pubblica quotidiana come conseguenza dell’invasione dell’Ucraina, definita da alcuni commentatori una «guerra per procura» degli Usa contro la Russia per il tramite, appunto, dell’Ucraina. Un’altra «procura» è in atto oggi nel panorama politico, questa volta a livello nazionale e fortunatamente senza morti, invasioni e distruzioni.

È, questa, una procura politica conferita dal Partito democratico ad alcune iniziative a esso legate, in un rapporto di autonomia e in una logica di coalizione a venire. Iniziative che caratterizzano il loro messaggio e i loro contenuti politici attraverso temi «rosso-verdi»: uguaglianza, giustizia sociale e ambientale, diritti, welfare. I temi economici e il conflitto sociale rimangono più ai margini, se non esclusi. Un progetto, per ora, senza nemici e che si caratterizza per un messaggio «a favore di».

È il progetto del «campo largo», a cui guarda con interesse Sinistra Italiana e ribadito da Enrico Letta al congresso di Art. 1, come testimoniato dallo scambio con Roberto Speranza: «Se si fa la sinistra che serve all’Italia e all’Europa, noi ci siamo», afferma il Segretario di Art. 1; «La mia intenzione è fare una sinistra vincente per il Paese», risponde il Segretario del Pd.

Nella stessa direzione si stanno muovendo anche il progetto di Elly Schlein, la «visione comune» fondata appunto sull’unione tra giustizia sociale e climatica, molto attenta ai diritti civili e alle questioni di genere. Iniziativa che raccoglie adesioni e consenso trasversali, da Alessandro Zan, alla deputata Rossella Muroni, all’europarlamentare Pier Francesco Majorino, fino a figure apprezzate come la consigliera regionale del Lazio Marta Bonafoni, la portavoce di Green Italia Annalisa Corrado e la consigliera regionale veneta Elena Ostanel.

Un campo largo, quindi, che guarda all’esistente e si fa parte attiva nel gemmare, creare e organizzare nuove piattaforme e reti capaci di intercettare nuove figure pubbliche, nuovi pezzi di ceto politico e nuovi contenuti. Le «Agorà democratiche» vanno nella stessa direzione, almeno per la selezione dei contenuti da portare «dentro» il Pd. Un partito ingessato dai veti interni e di corrente, che prova a intercettare la domanda di sinistra inevasa nel Paese attraverso la costruzione di una «sinistra per procura».

Le prossime amministrative di giugno saranno un primo test di questa strategia, non solo rispetto all’esito elettorale, quanto soprattutto in relazione alla tenuta dell’esperimento, alla sua reale capacità di creare vere nuove candidature. Il rischio dell’operazione «campo largo» – che non è priva di intelligenza tattica – è la mancanza di una prospettiva strategica solida. Di conseguenza, può ridursi a una semplice redistribuzione di qualche collegio elettorale, rischiare di perdersi in scambi bilaterali e di breve periodo, giustapporre contenuti e parole «che funzionano» senza dare forma a proposte politiche coerenti e conseguenti.

Le ragioni alla base della «sinistra per procura» non sono incomprensibili: riformare il Pd dall’interno è come nuotare in una piscina di melassa, non esattamente semplice e fluido. I rischi, come detto, sono però enormi. Soprattutto, si tratta di un’operazione che può essere facilmente messa in crisi dagli elettori potenziali e che si basa sulla combinazione tra credibilità delle persone coinvolte e capacità di mobilitazione diffusa. Si tratta di caratteristiche che il Pd ha sempre meno, come testimoniato dalle primarie di coalizione delle ultime elezioni amministrative.

Soprattutto, la costruzione di una «sinistra per procura» si limita al tentativo di intercettare la domanda di sinistra senza mettere in discussione né l’organizzazione del partito, né il suo modello di reclutamento e selezione del ceto politico, e neppure i meccanismi di costruzione dell’identità («chi siamo?») e dell’agenda politica («dove vogliamo andare?»). Sulle grandi questioni dirimenti, si pensi alla guerra in corso, in che modo può funzionare la «procura»?

Limiti, questi, che potrebbero essere messi in evidenza da una «sinistra senza procura», che si intesti direttamente l’onere della costruzione di un’offerta politica che metta al centro senza tabù i temi economici e le diseguaglianze a questi associate: giustizia fiscale, salario minimo, occupazione pubblica e welfare, transizione ecologica. Una coalizione plurale, ma che non deleghi ad altri il radicalismo necessario per affrontare le difficili sfide del nostro tempo.

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