SINISTRE. IN ITALIA PARTE L’UNIONE POPOLARE da IL MANIFESTO
La sinistra a lezione di francese. Parte l’Unione popolare
ASSEMBLEA A ROMA. Il movimento guidato da De Magistris e promosso con Prc e Pap fa un altro passo verso la lista elettorale. Presente Manon Aubry della Nupes. L’ex sindaco: «Campo largo? No, campo aperto»
Andrea Carugati 10/07/2022
La presenza dell’europarlamentare francese del partito di Mélenchon, Manon Aubry, è un portafortuna non da poco. Così come il nome «Unione popolare» è preso in prestito dai cugini francesi della Nupes. Ma di certo questa voglia di fare come Mélenchon non basta per rendere più semplice la salita impervia che hanno in mente Luigi De Magistris, Rifondazione e Potere al popolo: e cioè portare al successo elettorale una «sinistra di rottura», un polo alternativo tanto alle destre sovraniste quanto ai giallorossi, accusati di spendere solo «belle parole» per i lavoratori e le classi più deboli, ma in sostanza di non voler cambiare nulla.
MATTINATA DI LUGLIO, strapiena la sala dell’Hotel The Hive di Roma dove l’Unione popolare fa un altro passo in direzione della lista che si presenterà alle politiche. «Vogliamo arruolare i non allineati, quelli che non stanno nel sistema, i rassegnati, gli arrabbiati, entusiasmare chi non ci crede più», dice De Magistris dal palco, dopo una lunga serie di interventi di lavoratori, sindacalisti, studenti. «Sconfiggere le destre? Noi ci dobbiamo unire per sconfiggere il consociativismo che ha corrotto la democrazia, e di questo fa parte il centrosinistra che ha fatto le più grandi schifezze e anche il M5S», tuona dal palco l’ex sindaco di Napoli.
«Mai alleati col Pd», alza ancora di più la voce tra gli applausi. «A me non interessa un campo largo, ma un campo aperto, come una lotta partigiana, un movimento rivoluzionario, per arruolare chi vuole credere nel cambiamento proposto da persone credibili». E ancora: «Vogliamo attaccare al cuore il sistema dell’economia di guerra e dell’economia mafiosa. Col sistema non si può trattare, sappiate che la battaglia che stiamo iniziando non sarà una suonate di violino».
AUBRY SUGGERISCE LA STRADA di una «sinistra di rottura», contro l’austerità e le politiche neoliberiste, proposte forti come il salario minimo a 1400 euro e la pensione a 60 anni. E una contrapposizione frontale «ai liberali come Macron che sono il vero ascensore per le destre estreme». «Mi auguro che in Italia possiate fare come noi in Francia, arrivare al 20%», scalda la platea Aubry che poi ha un lungo colloquio privato con De Magistris. «Vi auguro che possiate cambiare i rapporti di forza a sinistra come abbiamo fatto noi con socialisti e verdi».
SIMONA SURIANO, parlamentare del gruppo Manifesta gemellato con Prc e Pap, attacca le «sedicenti sinistre che votano l’invio di armi e gli inceneritori. Non basta dire di volere giustizia sociale e ambientale, occorre essere coerenti», l’attacco rivolto alle sinistre che si apprestano ad allearsi col Pd. C’è tanto no alla guerra in questa assemblea.
De Magistris si chiede come mai i governi occidentali non abbiano sostenuto le resistenze curde e palestinesi. «Se uno propone di inviare armi ai palestinesi viene tacciato come terrorista». Eppure, ricorda Moni Ovadia, «proprio sulla Palestina casca l’asino dell’Occidente, lì sono state violate tutte le regole del diritto internazionale, con un sistema di apartheid e l’esproprio della terra».
L’EX SINDACO CI TIENE a presentarsi come forza di governo: «A Napoli siamo durati dieci anni, contro tutti i partiti che oggi appoggiano Draghi. E abbiamo rispettato il referendum sull’acqua pubblica. Vogliamo riprenderci la democrazia dimostrando che il potere è servizio per garantire diritti, uguaglianza, fratellanza, libertà, giustizia sociale ed ambientale». L’esempio dunque è quello delle due campagne elettorali sotto il Vesuvio: «Certo, l’Italia è più grande, ma ce la possiamo fare…». Il prossimo appuntamento dell’Unione popolare sarà proprio a Napoli a fine settembre. Invitati anche esponenti di Podemos e France Insoumise.
Sumar, il lancio di Yolanda Díaz
SPAGNA. La vice presidente e ministra del lavoro del governo spagnolo fa partire il suo progetto per riunire la diaspora della sinistra e rifondare la speranza
Marco Santopadre 10/07/2022
Resuscitare l’entusiasmo del 2015, quando Podemos riempiva piazze e teatri, recuperare smalto e identità.
È l’ambizioso obiettivo di Sumar, il nuovo movimento politico lanciato venerdì nell’ex mattatoio di Madrid davanti a cinquemila persone arrivate da tutto il Paese. A tenere banco Yolanda Díaz, architetta del nuovo progetto politico al quale ha impresso il suo segno da quando, abbandonando un anno fa la politica istituzionale e la direzione di Podemos, l’allora segretario generale Pablo Iglesias indicò la sua stretta collaboratrice quale candidata della coalizione alle politiche del 2023.
Ma Díaz non si accontenta di rinnovare la leadership di Podemos, bensì punta ad un reset completo di ciò che si muove a sinistra del partito Socialista. La ministra del lavoro vuole smontare il puzzle e rimontarlo, componendo un’immagine diversa. Negli ultimi mesi ha assunto un profilo sempre più indipendente fino a chiedere ai partiti – pure fondamentali nella creazione del nuovo soggetto politico – di fare un passo indietro, non inviando i loro leader all’assemblea di venerdì.
L’obiettivo dichiarato è configurare una diffusa rete civica nella società civile che serva a sostenere un movimento politico organizzato. Non è chiaro, per ora, quale sarà la funzione dei soggetti della sinistra – da Podemos a Izquierda Unida a Mas Paìs, da En Comù Podem a Compromís ai gruppi ecologisti – che comunque non si sono tirati indietro, sperando che la ventata di novità e la riunificazione elettorale della diaspora viola risollevi le sorti di uno spazio politico in crisi d’identità e prospettive. Nonostante gli sforzi per spuntare riforme sociali e contenere le spinte liberiste e militariste del Psoe, infatti, per le sinistre la permanenza al governo non sembra foriera di una crescita elettorale, anzi.
Da Madrid partirà ora un tour di sei mesi che percorrerà tutto il paese, durante il quale ascoltare i cittadini e identificare le esigenze e le aspettative dei diversi spezzoni di una società atomizzata, disillusa e sempre più distante dalla politica, fomentando interesse e partecipazione. Al termine di questo processo occorrerà, promette Sumar, riconnettere le diverse domande sociali in un nuovo programma politico generale – un «nuovo contratto sociale» – in grado di guidare per il prossimo decennio l’azione politica di una sinistra rifondata.
«Ho scelto la settimana dell’orgoglio Lgbt perché voglio un paese allegro, inclusivo, rispettoso della libertà sessuale» aveva spiegato Díaz alla vigilia dell’assemblea. Accompagnata da rappresentanti della società civile, del mondo del lavoro – sanità, istruzione, rider – e dei movimenti ecologisti e femministi, oltre che da artisti e intellettuali, la vicepremier ha rivendicato la riforma del lavoro per la quale si è molto spesa e ha ribadito la concezione della politica che la caratterizza, improntata alla trattativa e alla lotta per i diritti economici e di cittadinanza. «So che pensate che la politica non serva a nulla. Siete stanche dello scontro per lo scontro. La politica è ascoltare, dialogare, tendere la mano ed essere capaci di arrivare a un accordo per migliorare la vita delle persone» ha detto. Facendo appello ai sentimenti, Díaz ha fatto ampio uso di termini come amore, allegria e speranza, ed ha incitato a non rassegnarsi a un ritorno al potere delle destre facilitato da una progressiva disaffezione dell’opinione pubblica progressista.
Galiziana, avvocata del lavoro, la 51enne è cresciuta in una famiglia votata alla politica. Suo padre, Suso Díaz, è stato per anni dirigente del sindacato comunista Comisiones Obreras, mentre lo zio Xosé è stato tra i leader degli indipendentisti galiziani di sinistra del Bng. Da militante del partito Comunista, nel 2012 e poi di nuovo nel 2015, toccò a lei riunire due correnti politiche che dopo la morte di Franco avevano sempre viaggiato parallelamente, prima guidando Alternativa Galega de Esquerda e poi En Marea, quest’ultima già inquadrata nelle confluencias di Podemos. Ora in molti sperano che la presidenta, come già la chiamano, faccia un altro miracolo.
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