“MAI PIÙ FASCISMI” da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“MAI PIÙ FASCISMI” da IL MANIFESTO

«Mai più fascismi», Cgil Cisl e Uil domani a piazza San Giovanni a Roma

La manifestazione. Dopo l’aggressione fascista alla sede della Cgil in treno e bus verso la manifestazione di domani a piazza San Giovanni a Roma chiamata da Cgil, Cisl e Uil. Atto intimidatorio contro la Cgil a Jesi. «Sciogliere le organizzazioni neofasciste per legge»

Mario Pierro  15.10.2021

Dopo l’assalto fascista alla sede nazionale della Cgil domani la manifestazione «Mai più fascismi», convocata dai sindacati Cgil-Cisl-Uil a piazza San Giovanni Roma dalle 14, si annuncia particolarmente partecipata. Dal palco parleranno i segretari generali delle tre confederazioni (Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri). Un modo di rispondere in massa all’attacco squadrista di sabato scorso durante la manifestazione «No Green Pass» e un’occasione per rilanciare la contrattazione con il governo. La richiesta a Draghi, che sta prendendo tempo sul cosa e come fare, è netta: le organizzazioni neofasciste e neonaziste siano messe nelle condizioni di non nuocere, sciogliendole per legge.

CHE IL CLIMA sia teso alla vigilia della manifestazione lo si è visto ieri davanti al cancello della sede della Cgil di Jesi (Ancona) in via Colocci. La bottiglia, contenente un liquido infiammabile e uno stoppino, avrebbe provocato solo un principio di incendio, annerendo una parte della parete vicino al cancello, senza esplodere. Ad individuarla ieri mattina è stato un passante che avrebbe spento le fiamme e ha avvisato i dipendenti del sindacato. Ieri non sono stati trovate rivendicazioni dell’atto chiaramente intimidatorio, così lo hanno definito Daniela Barbaresi, segretaria Cgil Marche, e Marco Bastianelli, segretario Cgil Ancona. La Cgil ha sporto denuncia contro ignoti.

L’EPISODIO ha avuto uno strascico su twitter dove, a seguito delle polemiche aspre sul rapporto tra fascismo e anti-fascismo che attraversa l’infosfera da una settimana, c’è stata una polemica che ha contrapposto Alessia Morani (Pd) a diversi esponenti di Fratelli d’Italia. Tutto è iniziato da un lapsus da «T9» di Morani che ha postato l’immagine della bottiglia incendiaria e ha scritto: «Questo arriva da Jesi. Pare abbiamo piazzato una molotov alla sede della #Cgil. Aspettiamo di capire cosa è accaduto ma credo che i distinguo di questi giorni e le accuse della #Meloni al #Viminale siano molto gravi. Il clima è preoccupante e serve responsabilità». La «m» di «abbiamo» al posto della «n» «abbiano» ha scatenato l’indignazione tra l’accostamento tra l’atto intimidatorio e la posizione di Fratelli d’Italia. «Abbiamo? Se è un’autodenuncia più opportuna la Procura che Twitter. Da #Zingaretti a #Zingarelli» ha scritto Galeazzo Bignami collegando l’ex segretario Pd a un dizionario di italiano. E Davide Galantino sintetizza: «Cos’è, un’ammissione di colpa?». Questo episodio del tutto trascurabile è diventato l’oggetto di una polemica tra leader nazionali. «Cosa ne pensa Letta di questo modo indegno di fare propaganda da parte del suo partito?» ha scritto Giorgia Meloni su Facebook. Semplice: è un modo di comunicare dopo la «Bestia» di Salvini.

SULL’ACCUSA di Salvini e Meloni, quella di avere convocato la manifestazione anti-fascista nel giorno del silenzio prima dei ballottaggi a Roma e Torino, ieri è intervenuto il costituzionalista Gaetano Azzariti. «Non viola il silenzio elettorale: Non è organizzata da un partito politico ma da una organizzazione sindacale, quindi da un soggetto che non partecipa alle elezioni; Oggetto della manifestazione è la violenza, dunque un tema che fuoriesce dall’arena del dibattito politico e non da ultimo tutti i partiti dell’arco costituzionale con le loro sensibilità hanno espresso netta distanza dagli atti di violenza di sabato scorso».

IL «MODERATO» Silvio Berlusconi ieri si è mostrato più istituzionale, come cerca di fare in questi ultimi anni, e ha fatto scrivere su Twitter che «Ho espresso solidarietà alla Cgil, chiamando personalmente il segretario Landini. Siamo politicamente lontani, ma la libertà, la democrazia, la tolleranza sono un patrimonio comune. Non siamo negli anni ’70, fortunatamente». Ma Forza Italia non sarà in piazza. Calenda (Azione) e Boccia (Pd) hanno invitato le destre a ripensarci. Domani, a loro avviso, sarà una «giornata di unità e senza bandiere».

A PIAZZA SAN GIOVANNi arriveranno, tra gli altri, 42 pullman dall’Abruzzo, altri dalle Marche, dalla Toscana saranno in migliaia, altrettanti sui treni speciali provenienti solo da Reggio Emilia o Ravenna. Solo da Rimini saranno in 350. Ci sarà la giunta regionale dell’Emilia Romagna con la vicepresidente Elly Schlein che porterà il gonfalone, così farà anche il comune di Napoli. Oltre all’Arci e all’Anpi hanno aderito tra gli altri la Rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re e il sindacato Usigrai. La diretta della manifestazione sarà trasmessa sul sito www.collettiva.it.

Le matrici «sconosciute» e la storia cancellata

Squadrismo fascista . Se l’emersione del fascismo all’alba del ‘900 ha rappresentato per l’Italia ed il mondo la più grande delle tragedie non è affatto lecito pensare che la riemersione postfascista di oggi possa essere derubricata a farsa

Davide Conti  15.10.2021

«Non ne conosco la matrice». Con queste parole il capo del governo fascista Benito Mussolini commentò, tre giorni dopo i fatti, il rapimento e l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti.

«Non ne conosco la matrice». Con queste stesse parole Giorgia Meloni, a capo del partito con la fiamma tricolore nel simbolo, ha commentato l’azione squadrista contro la Cgil del 9 ottobre scorso.

Se ha rappresentato per l’Italia ed il mondo la più grande delle tragedie non è affatto lecito pensare che la riemersione postfascista di oggi possa essere derubricata a farsa.

Mentre sotto guida neofascista una parte (niente affatto marginale) del corteo cosiddetto «no green pass» assaltava la sede del più grande e antico sindacato d’Italia, Meloni era in Spagna ospite d’onore della manifestazione del partito d’estrema destra Vox e si collocava simbolicamente e fisicamente nel campo politico filo-franchista. Ultimo insulto alla memoria delle migliaia di italiani che partirono volontari e morirono per difendere la Repubblica spagnola dal golpe di Francisco Franco. Ultimo omaggio implicito alle truppe fasciste inviate da Mussolini a sostegno del caudillo e comandate da Mario Roatta, capo del SIM al tempo dell’assassinio dei fratelli Rosselli e criminale di guerra in Jugoslavia nella Seconda Guerra Mondiale.

È in quella storia che affondano «le radici profonde che non gelano» come usano ricordare i fascisti di oggi immortalati nei saluti romani nell’aula comunale a Cogoleto (tre consiglieri) o nell’inchiesta giornalistica di Fanpage (il capo delegazione al Parlamento europeo di Fratelli d’Italia e una neoeletta consigliera a Milano) oppure colti in cene celebrative della marcia su Roma (il presidente della regione Marche e il sindaco di Ascoli Piceno); in apogei della X flottiglia Mas del golpista Junio Borghese (un consigliere comunale della maggioranza a Siena dove il comune vuole imporre nelle scuole la «sua» storia delle foibe); in foto dove si disconosce il 25 aprile come Liberazione (una parente di Mussolini neoeletta al comune di Roma).

Almeno di queste figure del suo partito Meloni dovrebbe conoscere la matrice. La questione della destra in Italia è una contraddizione intrinseca al rapporto tra società nazionale e democrazia repubblicana ed è sempre rimasto un nodo non sciolto fin dalla nascita del Msi.

Una realtà rappresentata dal riferimento storico degli eredi missini ovvero quel Giorgio Almirante già segretario di redazione de «La difesa della razza» durante il regime e poi fedele collaborazionista dei nazisti a Salò. L’Almirante immortalato alla guida di un folto gruppo di squadristi sulle scalinate dell’università di Roma nel marzo 1968 in attesa di assalire gli studenti; quello che il 25 maggio 1970 in una tribuna elettorale della Rai-Tv auspicava un colpo di Stato in stile greco «per salvare» l’Italia dai comunisti; quello stesso Almirante amnistiato per il reato di favoreggiamento di Carlo Cicuttini responsabile della strage di Peteano del 31 maggio 1972 (tre carabinieri uccisi e due feriti).

È stata questa storia (ricolma di tante altre vicende del genere) a porre fuori dall’arco costituzionale la destra fino al 1994 ed a questo principio di realtà ha fatto correttamente riferimento il deputato Giuseppe Provenzano, al netto delle strumentalizzazioni che hanno tentato di confondere questo ragionamento con le urla circa un presunto tentativo di messa fuorilegge dei fratelli d’Italia.

In queste ore lo stravolgimento della grammatica pubblica e del senso della storia è proseguito con il goffo tentativo di recupero di formule del passato evidentemente assai mal studiate. Da un lato la riedizione della teoria degli «opposti estremismi» come anticamera dell’equiparazione tra fascismo e antifascismo e, dunque, come leva di rottura del portato valoriale costituzionale. Dall’altro la dichiarazione di Meloni (nell’aula del Parlamento) circa l’esistenza di un complotto, anzi precisamente di una «strategia della tensione» ordita contro la destra.

Così la formula giornalistica che dal 1969 al 1980 ha indicato gli anni delle stragi neofasciste consumatesi in Italia nelle piazze, sui treni, nelle banche e nelle stazioni viene usata (ultimo dileggio alle vittime di quegli eccidi di massa) per trarsi d’impaccio di fronte al raid squadrista contro la Cgil realizzato da altri camerati non certo sconosciuti.

Una strategia della tensione nel Paese invero c’è stata. Protagonista di quella stagione tragica fu, tra gli altri, il gruppo Ordine Nuovo responsabile della strage di Piazza Fontana e poi sciolto nel 1973. Quel gruppo neofascista era stato fondato da Pino Rauti. La figlia oggi è deputata di Fratelli d’Italia. Per conoscere quella ed altre matrici rivolgersi da quelle parti.

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