LA RETROMARCIA SU ROMA. CARICHE E OCCUPAZIONE da IL MANIFESTO
La retromarcia su Roma, per non dimenticare
MANIFESTAZIONE. Per l’anniversario dei cento anni l’Anpi con i sindacati a Predappio, nella capitale maratona dei luoghi «al contrario».
Mario Di Vito 28/10/2022
Se le cose fossero andate come previsto, oggi scoccherebbe l’anno cento dell’era fascista. Che l’argomento non sia stato definitivamente consegnato alla storia lo dimostra l’attenzione che la data sta suscitando nel paese: del resto, nonostante tutte le ovvie prese di distanza precedenti e successive, a urne da poco chiuse la presidente Giorgia Meloni festeggiò l’esito elettorale dedicando la sua vittoria «a chi non c’è più e avrebbe meritato di vivere una nottata come questa». Detto dalla leader del partito con la fiamma tricolore che arde nel simbolo, il significato della cosa ha dell’inquietante e il pensiero non può che andare a chi, sempre parole sue, «non ha mai smesso di credere e combattere». Eppure a Roma è prevista poca roba.
S’È ANCHE (non casualmente) scongiurata la coincidenza temporale tra l’anniversario e il voto di fiducia al governo, e allora, irrimediabili nostalgici a parte, quella di oggi sarà una giornata in cui a farsi sentire saranno soprattutto gli antifascisti. Il segretario del Pd Enrico Letta ha annunciato che lui e i suoi andranno a far visita al monumento a Giacomo Matteotti, mentre all’Anfiteatro Alessandrino andrà in scena l’evento clou della «Retromarcia su Roma», una maratona per ripercorrere «al contrario» i luoghi e i tempi della calata delle camicie nere. Parteciperanno, tra gli altri, Miguel Gotor, storico e assessore alla Cultura del comune di Roma, Ascanio Celestini, i Tetes de bois e Marino Sinibaldi. L’iniziativa è stata salutata con favore anche dalla senatrice Liliana Segre: «È importantissimo tornare sui luoghi dei delitti. Ricordare non è un atto passivo; è un impegno per il presente e per il futuro. La memoria è essenziale per intendere ed accogliere la diversità di cui noi stessi siamo parte. E ancora serve a raccontare e rimotivare la nostra conoscenza del passato. La memoria è un rammendo imperfetto di un percorso di guarigione civile, percorso che serve a mantenere in buona salute la democrazia».
L’ANPI, DAL CANTO SUO, ha scelto la giornata di ieri per intervenire, con un evento che ha visto la partecipazione di storici, attori e musicisti, intitolato «Marcia mai più». Per oggi l’appuntamento è a Predappio, città natale di Benito Mussolini. Qui ci sarà un corteo che, oltre alle associazioni antifasciste e ai sindacati, vedrà anche la partecipazione di una pattuglia istituzionale guidata dalla presidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna Emma Petitti. L’evento, però, non è strettamente legato alla marcia su Roma, ma a un altro anniversario. Era il 28 ottobre del 1944, infatti, quando i partigiani italiani e le truppe polacche liberarono la città romagnola. «La cacciata di Mussolini dal suo paese natale, nella retorica fascista luogo aurorale del regime, nello stesso giorno fondativo del fascismo, prefigura la liquidazione della ‘repubblichina’ e dei nazisti che la sorreggono – sostengono dall’Anpi locale -. Prendere Predappio è una promessa di liberazione dell’Italia del nord intera».
IL SINDACO (DI DESTRA) Roberto Canali ha negato il patrocinio comunale all’iniziativa: «Si tratta di una giornata lavorativa, il corteo provocherà disagi ai cittadini. Siamo in un periodo difficile anche dal punto di vista economico e quindi intralciare il traffico potrebbe recare danni a chi subisce ritardi», ha detto provocando reazioni indignate e non poca ilarità. Le gazzette locali, per il resto, informano che il negozio di souvenir fascisti «Predappio Tricolore» (ironia della sorte: si trova in via Matteotti) resterà chiuso per tutta la giornata di oggi.
Domenica, poi, in città arriveranno le camicie nere, o quel che ne resta. L’associazione «Arditi d’Italia» di Ravenna ha organizzato una sua manifestazione che partirà dal centro e arriverà fino al cimitero, dove dal 1957 si trova la cripta del fu fondatore dell’impero. Lì, Orsola Mussolini, la pronipote, rivolgerà un saluto ai partecipanti. Gli organizzatori sono convinti che ad accorrere saranno in parecchi («Migliaia») e c’è addirittura chi evoca il celebre corteo del 1983, quando per il centesimo anniversario della nascita del duce in effetti l’affluenza si fece notare. La verità, però, è che queste marcette hanno appena il valore politico di una festa di carnevale e al massimo regalano alle sempre numerose telecamere, più che la rievocazione del fascismo, una sua bizzarra parodia. I veri eredi di quella storia sono altrove. E, marciando nel buio, certo ne hanno fatta di strada.
La Sapienza, dopo le cariche occupata la facoltà di Scienze politiche
UNIVERSITÀ. Gli studenti chiedono le dimissioni della rettrice Polimeni. «Non siamo qui a fare la parte delle vittime, dei poveri studenti manganellati dalla polizia. Siamo qui perché vogliamo costruire un’altra università», dicono al microfono
Giansandro Merli, ROMA 28/10/2022
Il profumo che si sente nel cortile di Scienze politiche dell’università La Sapienza di Roma forse non arriva in parlamento, ma gli esponenti del governo che hanno naso possono iniziare a preoccuparsi. Gli studenti che martedì scorso volevano contestare il convegno con Fabio Roscani, presidente di Gioventù nazionale e neodeputato di FdI, e Daniele Capezzone sono stati caricati in 50. Nel corteo successivo erano 400. Ieri si sono ritrovati in centinaia per l’assemblea pubblica «Vostro il governo, nostra la rabbia». E hanno occupato la facoltà. È da questi corridoi, insieme a quelli della vicina Lettere, che sono partiti tutti gli ultimi movimenti studenteschi: 2005, 2008 e 2010. Al governo c’era sempre la destra, con diversi degli attuali ministri.
Nel cortile è difficile trovare posto e l’impianto di amplificazione stenta ad arrivare alle ultime file. Tra la folla sventola un tricolore: quello che al centro reca la stella e la sigla dell’Anpi. Sopra l’ingresso principale dell’edificio due striscioni. Il primo, bianco, dice: «Mai più violenza sugli studenti, riprendiamoci i nostri spazi». Il secondo, rosso: «Un’altra università. Per questo, per altro, per tutto». È il più importante. Sabato scorso ha sfilato in corteo a Bologna nella manifestazione organizzata da Gkn e Fridays for future, di cui riporta lo slogan. È indice della convergenza che si sta già sperimentando nelle mobilitazioni che hanno accompagnato l’inizio della legislatura.
https://player.vimeo.com/video/764715150?h=20816fb7a6 «Abbiamo due richieste: dimissioni della rettrice Antonella Polimeni, mai più polizia nell’università», dicono gli studenti. Poche ore prima Polimeni ha diffuso una lettera in cui afferma che «l’Università deve essere un luogo in cui si studia, si cresce, in cui bisogna incontrarsi e confrontarsi ma mai scontrarsi fisicamente». Nessuna parola per gli studenti che hanno ricevuto le manganellate, di cui scarica la responsabilità sulla questura di Roma.
«L’ingresso della celere è stato autorizzato dalla rettrice. Le sue dichiarazioni sono gravissime», risponde poche ore dopo il Collettivo di scienze politiche che ha organizzato l’assemblea insieme a quello di fisica e alle associazioni studentesche Nemesi, Fuori Luogo, Link, Cambiare rotta, Scire. Di altro tenore il comunicato del dipartimento di scienze politiche che, auspicando sempre il dialogo, «condanna l’uso della forza per la risoluzione di conflittualità che vedano coinvolti gli studenti».
Oltre l’episodio particolare, comunque, è il testo letto in apertura dell’assemblea a darne il senso. La voce è di due studentesse, Zeudi e Aurora, ma le parole sono state scritte insieme da tante ragazze e ragazzi. «Non siamo qui a fare la parte delle vittime, dei poveri studenti picchiati. Siamo qui per costruire un’altra università», dicono. È una lettura lunga e densa, interrotta da applausi e cori. Potrebbe essere il manifesto di una generazione. Critica l’idea di un «capitalismo buono», al centro del convegno contestato, spiegando che è questo sistema ad aver prodotto la crisi climatica e a sfruttare milioni di persone.
https://player.vimeo.com/video/764708407?h=5922e97f4b Rifiuta l’idea del merito raccontando le difficoltà di chi finisce fuori corso perché per studiare deve lavorare e le sofferenze psicologiche di chi è costretto a competere nella corsa ad accumulare esami. Gli aggettivi sono declinati al femminile o al neutro. «Le studenti», non è un errore, puntano il dito contro il governo Meloni, ma anche contro gli esecutivi precedenti: Draghi, Conte, centro-sinistra, centro-destra. Denunciano anni di tagli all’istruzione, alla sanità, al welfare. Chiedono l’istituzione di un salario minimo e di un reddito di cittadinanza veramente universale invocando l’articolo 3 della Costituzione per «un’uguaglianza che deve essere formale e sostanziale». Promettono battaglia alla destra che vuole cambiare la Carta.
L’atmosfera si scalda. Parte un coro: «Occupiamo, occupiamo». Ci vuole poco: le porte si aprono, i corridoi sono invasi, l’aula magna si riempie.
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