CRISI DELLA POLITICA: SERVE UN’ALTERNATIVA DI SISTEMA da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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CRISI DELLA POLITICA: SERVE UN’ALTERNATIVA DI SISTEMA da IL MANIFESTO e IL FATTO

Crisi della politica tra evasione fiscale e astensionismo

25 SETTEMBRE. Sono due espressioni del malessere sociale: ma il popolo di evasori aspetta il prossimo condono e non rinuncia a votare destra; il popolo di sfiduciati e poveri continua ad astenersi. Senza infingimenti dobbiamo dirci che c’è una corrispondenza diretta tra l’ampio consenso alla destra e l’arretramento politico, culturale e sociale della sinistra

Gaetano Lamanna  04/09/2022

Favorita nei sondaggi Giorgia Meloni manda messaggi tranquillizzanti all’esterno e accattivanti all’interno. Assicura Bruxelles che con la destra al governo i conti pubblici non avranno nulla da temere. Intanto non rinuncia, come gli altri due leader della sua coalizione, a promettere mare e monti come se vivessimo nel paese della cuccagna.

Il programma della destra è un florilegio di proposte che mettono insieme dosi massicce di tagli alle tasse e spese fiscali à gogo. Di tassare profitti e rendite neanche a parlarne.

Va bene che siamo in campagna elettorale e domina la propaganda, ma un programma di governo che da un lato introduce la flat tax per i ricchi e, dall’altro, concede sussidi e incentivi a singoli gruppi sociali senza porre alcun limite all’incremento della spesa pubblica, è un nonsense, una clamorosa sciocchezza.

Uno Stato immaginario, «minimo» e «massimo» al tempo stesso. Un ossimoro, un inganno colossale che espone l’Italia a rischi gravi. Non a caso autorevoli analisti tornano a evocare il default e la recessione economica.

Sconcerta il fatto che, nonostante il contenuto contraddittorio e demagogico delle promesse, tutti i sondaggi premino un’offerta politica che esprime il peggio del liberismo e del populismo.

Appare incredibile che i cittadini diano fiducia ad una coalizione che predica lo Stato sovrano e intanto lo sottomette al dominio dei mercati finanziari; che ammicca ai concessionari di spiagge, ai tassisti e a chiunque abbia privilegi e rendite da tutelare; che usa in maniera ignobile il dramma dei migranti; che vuole chiudere il capitolo della transizione ecologica; che si propone la privatizzazione dei servizi pubblici togliendo risorse preziose allo Stato sociale; che strizza l’occhio agli evasori e promette un maxi-condono in un paese in cui il tax gap è di circa 100 miliardi all’anno, e si potrebbe continuare a lungo.

Certamente pesa la crisi culturale del paese, il ruolo dei mass media e il degrado della politica. Senza infingimenti, però, dobbiamo dirci che c’è una corrispondenza diretta tra l’ampio consenso alla destra e l’arretramento politico, culturale e sociale della sinistra.

Dopo la sbornia liberista, sia pure nella versione blairiana, dei gruppi dirigenti del Pds-Ds-Pd, si sono indeboliti i legami sociali e di massa, è cominciata l’emorragia dei voti e si è allargato a dismisura il fenomeno dell’astensionismo.

Il punto è che a disertare le urne, per oltre il 70 per cento, sono cittadini a basso reddito, in massima parte ex elettori di sinistra. La destra ne trae vantaggio e, nel contempo, incamera pure il voto degli evasori.

L’astensionismo elettorale e l’evasione fiscale sono due fenomeni che, in forme diverse, esprimono il malessere sociale, denunciano un grave deficit di partecipazione democratica alla vita pubblica, rivelano una diffusa tendenza a chiudersi nel proprio particulare. Con una differenza fondamentale: il popolo degli evasori, in attesa del prossimo condono, non rinuncia a votare a destra; il popolo degli sfiduciati, dei perdenti e della povera gente continua ad astenersi.

La cosa assurda è che in Italia ad essere rappresentati, grazie alla destra, sono coloro che non pagano le tasse. Avviene un curioso ribaltamento del «no taxation without representation» (no alla tassazione senza rappresentanza), principio costitutivo dello Stato moderno.

Per secoli il «rapporto d’imposta» ha indicato il legame tra la persona fisica e lo Stato, tra imposte e rappresentanza. Ha motivato il «patto sociale» attraverso cui lo Stato esercita le sue funzioni fondamentali e si impegna a garantire ai cittadini sicurezza, giustizia, istruzione, salute e altri diritti sociali e civili.

La riflessione a sinistra deve ripartire proprio da qui, da come ridare voce e rappresentanza al popolo delle periferie, ai giovani precari, a quanti si sentono discriminati, emarginati e tagliati fuori.

L’esito delle elezioni non sarà indifferente ai tempi e ai modi della ripartenza della sinistra Se riuscissimo, contro ogni pronostico, a sconfiggere la destra il compito sarà meno arduo.

Questi giorni saranno decisivi per stabilire un rapporto con i segmenti più deboli della società e cercare di riportarli al protagonismo elettorale.

La divisione delle forze di sinistra rappresenta un altro elemento di vantaggio per la destra. Il Pd è un partito d’opinione, con un orientamento prevalentemente liberal-democratico, ma non si può negare il suo saldo ancoraggio alla Costituzione e all’antifascismo.

C’è poi la galassia del «piccolo mondo antico», illuminante definizione di Norma Rangeri. Unione popolare, guidata da Luigi De Magistris, rappresenta un primo apprezzabile tentativo di aggregare una parte di questo mondo e superare lo sbarramento del 3 per cento. Dobbiamo però aver chiaro che l’avversario da battere, qui e ora, è la destra, non il Pd, SI o i 5 Stelle.

Questa è la realtà oggettiva e non esistono scorciatoie. Dopo il 26 settembre, si tratta di affilare meglio l’arma della critica ed essere pronti a misurarci con le profonde contraddizioni della globalizzazione e del sistema capitalistico.

Guerre, crisi, pandemia: più che un’alternativa elettorale, serve un’alternativa di sistema

Fabio Marcelli 3 SETTEMBRE 2022

Gli ammuffiti cervelli dei politici del vecchio regime partoriscono idee ridicole e dannose. Renzi ripropone il nucleare pur di non limitare l’odiosa libertà di pochi parassiti privilegiati di inquinare i cieli coi propri jet privati. Evidentemente conta di comprarsene uno colle generose mancette elargitegli dall’autocrate saudita che col suo plauso viviseziona i dissidenti e condanna le femministe all’ergastolo. Giorgia Meloni rilancia l’idea impraticabile e illegale del blocco navale pur di porre un argine alla fuga di massa dei diseredati dal mondo che abbiamo reso inabitabile colla guerra, lo sfruttamento selvaggio delle risorse e la devastazione ambientale, tutti fenomeni derivanti dalla dominazione del capitalismo occidentale sul pianeta. Un’idea talmente bislacca da suscitare la presa di distanza perfino di Salvini.

Tutti costoro, con in testa l’impagabile citrullo che dirige ancora per poco il Pd, evocano lo spettro di Putin per screditare gli avversari, impresa del tutto patetica, dato che fanno a gara tra di loro per sfoggiare il più assoluto e penoso servilismo nei confronti di Nato e Stati Uniti. Tutti quanti, del pari, con in testa i sedicenti competenti Draghi e Cingolani, sono arrivati con sciagurata impreparazione alle sfide del momento, a cominciare dall’aumento senza precedenti dei costi dell’energia determinato dall’effetto congiunto delle sanzioni suicide contro la Russia e del funzionamento spietato del mercato capitalistico. Pur di salvaguardare quest’ultimo sono pronti a mandare in vacca l’economia nazionale e a provocare milioni di nuovi disoccupati.La signora Meloni, che si avvia a vincere le elezioni per il voto massiccio di molti smemorati e per essersi furbescamente smarcata per tempo da malefatte e pasticci del governo dei migliori, non solo è una vecchissima conoscenza delle squallide cronache politiche italiche, non solo è a sua volta un’incompetente, come si vede dalle sue proposte tra le quali quella appena menzionata del blocco navale, ma si fa forte di un’identità ispirata dalle peggiori teorie della destra, da Vox a Trump, epigoni contemporanei del personaggio dal cui feretro emana la fiamma tuttora presente nell’emblema del suo partito.

Ma è tutta la destra, coalizione probabile vincitrice delle elezioni del 25 settembre, che ripropone ancora una volta al popolo dei babbei le proprie miracolistiche quanto truffaldine soluzioni basate su flat tax, riaggiogamento della magistratura al carro del potere, nucleare, presidenzialismo e quant’altro, trovando sponde utili non solo in Calenda e Renzi, ma nel Pd, principale responsabile della sua resistibile ascesa e vittoria.

È chiaro che di fronte alla catastrofica situazione che si delinea per l’autunno sarà inevitabile riproporre una forma di unità nazionale, formula che consentirà a questa accolita di mistificatori di sottrarsi all’inevitabile rabbia del popolo italiano che di costoro è da tempo immemorabile la vittima sprovveduta. Se il signore adagiato nel feretro da cui si sprigiona la fiamma ci ha regalato la seconda guerra mondiale con circa 500mila vittime italiane, i partiti atlantisti minacciano di farci omaggio di una guerra ben peggiore, combattuta colle armi nucleari che la probabile nuova premier britannica, atlantista come pochi, si è dichiarata pronta ad usare ancor prima di assumere l’incarico.

Nel frattempo prepariamoci ad affrontare i rigori di un inverno con riscaldamenti insufficienti e un’enorme impennata di carovita e disoccupazione, ringraziando sempre lorsignori per l’omaggio.Occorre davvero sperare che anche dalle urne emerga un’alternativa credibile, con le sembianze di Unione popolare e delle forze che non si sono vergognosamente accodate al Pd sacrificando la loro autonomia politica al piatto di lenticchie di qualche seggio. L’emergere di un’alternativa di sinistra costituisce del resto il principale incubo di lorsignori, che per impedirla hanno rinnovato tra di loro lo scellerato patto dell’antidemocratico Rosatellum.

Ma, oltre che a un’alternativa elettorale, occorre pensare con sempre maggiore impegno e serietà a un’alternativa di sistema. Infatti il capitalismo produce solo catastrofi sempre maggiori, come ci hanno dimostrato con evidenza crescente gli ultimi anni, dalle crisi finanziarie, ai disastri ambientali, alle pandemie, alla guerra. Quindi per fermare questa spirale autodistruttiva occorrono scelte molto più radicali della messa al bando dei jet privati. Occorre mettere in campo una politica di razionamento e ripartizione egualitaria di tutte le risorse necessarie alla vita, sganciarsi dalla Nato e dalla guerra seguendo l’esempio dei portuali italiani insigniti del Premio dell’abolizione della guerra per essersi rifiutati di caricare gli armamenti.

In tal modo si potrà rispondere alle aspettative e ai desideri della maggioranza del popolo italiano che si riconosce sempre meno in un sistema politico asfittico e che beneficia solo le poche migliaia di persone che ne fanno parte, spesso collegate alle mafie e ad altri gruppi di potere. E si darà una risposta attuale e sempre più necessaria all’antico dilemma enunciato da Rosa Luxemburg: socialismo o barbarie!

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