Reddito di cittadinanza ed Europa del lavoro. Carteggio Bevilacqua-Aqueci
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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Reddito di cittadinanza ed Europa del lavoro. Carteggio Bevilacqua-Aqueci

7 aprile 2017

Care/i

ringrazio Aqueci, per i brani inviati. Sono riuscito per il momento a leggere solo quello sul Polanyi e Hayek. Sono due  ragionamenti molto calzanti e profondi nella loro disparità simmetrica. Le conclusioni di Polanyi, apprezzabili teoricamente, sono politicamente oggi inaccettabili. Il reddito minimo è un momento di passaggio necessario, visto che i rapporti di forza mondiali non ci consentono il più ambizioso progetto cui allude Polanyi. Io personalmente credo che la soluzione marxiana sia una drastica riduzione della giornata lavorativa. Ma nel frattempo il reddito minimo potrebbe essere una tappa di sollievo per i tanti disperati. Teniamo conto delle persone oltre che della coerenza delle teorie… Direi comunque che il pezzo va pubblicato, perché si tratta di un contributo di livello.

Cari saluti,

Piero Bevilacqua

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8 aprile 2017

Caro Piero,

ti ringrazio dell’apprezzamento per gli articoli che ho segnalato. Nella tua risposta vorrei cogliere il punto più aperto, quando parli del reddito di cittadinanza come un “passaggio necessario visto i rapporti di forza”, come “una tappa di sollievo per i tanti disperati”. Lo vedi quindi molto onestamente come un ripiegamento. Ma chi la deve portare avanti questa azione, diremmo, tattica? La sinistra? La sinistra al seguito di qualche indistinto movimento? Oppure ci si dovrà accontentare di ciò che il paternalismo liberal-liberistico riterrà di dover concedere, come sta accadendo in Finlandia, dove si sta tentando un esperimento in cui i “disperati” (disperati ovviamente a livello di Finlandia) sembrano l’oggetto di un esperimento scientifico – vediamo se con il sussidio del reddito di cittadinanza diminuisce la loro propensione a cercare un lavoro. E, dai, vediamo! Poi facciamo un bel seminario a Davos. Insomma, il ripiegamento tattico non chiude la questione, ma anzi la riapre ancora più spinosamente. E, allora, perché optare per il reddito di cittadinanza, vera e propria monetizzazione della disperazione, e non per la difesa e il mantenimento delle classiche garanzie del Welfare? Se per varare il reddito di cittadinanza bisogna tosare i redditi alti, perché non tosarli per rilanciare scuola, sanità, casa, ecc. ecc.? Non sarà, per caso, che c’è una questione di egemonia culturale che riguarda anche i subalterni, ovvero meglio i soldi subito, pochi e maledetti per quanto pochi siano, che impegnative garanzie sociali? Per chiudere, non contrapporrei persone e teorie. Sei troppo bravo per non sapere che senza le teorie, non sapremmo neanche cosa sono le persone.

Cari saluti,

Franco Aqueci

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10 aprile 2017

Caro Franco,

ma quando mai si è pensato al reddito di cittadinanza in alternativa o come surrogato del welfare? Forse che accade questo in Svezia o in Olanda dove viene elargito da anni? Piuttosto ci sarebbe da riflettere sul fatto che in Italia stanno demolendo scuola, Università e sanità pubblica ( vedi l’ultimo articolo di Cavicchi sul Manifesto) e di reddito di cittadinanza abbiamo solo le chiacchiere assordanti dell’inconcludente salotto italiano.

Un abbraccio,

Piero

 

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