MAYSOON E IL CAOS NORMATIVO: “LE VITTIME TRASFORMATE IN COLPEVOLI”da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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MAYSOON E IL CAOS NORMATIVO: “LE VITTIME TRASFORMATE IN COLPEVOLI”da IL MANIFESTO

Sono centinaia i casi Maysoon, le vittime trasformate in colpevoli

Diritti Prendere parola contro le accuse che le vengono mosse significa, né più né meno, avversare le infinite forme di criminalizzazione che subiscono le persone migranti

Luigi Manconi, Marica Fantauzzi, Chiara Tamburello  29/09/2024

Caro Direttore,

Soran è laureato in Scienze politiche e a causa della disoccupazione e della mancanza di mezzi di sostentamento è costretto a fare il kolbar, ovvero il contrabbandiere di merci illegali attraversando le montagne del confine tra il Kurdistan iracheno e il Kurdistan iraniano. Soran racconta la vita di Yalda, una giovane donna che dopo aver scontato in carcere la condanna per l’omicidio dell’uomo che l’aveva violentata, insegna ai bambini fuggiaschi e vittime della guerra. La drammatica vicenda di Yalda segna profondamente Soran, il quale promette a sé stesso di emigrare e combattere le leggi che violano i diritti umani.

Questa è la trama di Thirsty flight, il cortometraggio del 2021 diretto da Edris Abdi e Maysoon Majidi. È proprio Majidi a interpretare Yalda, che in una scena commovente danza di fronte a cinque bambini imitando un’aquila e muovendo le braccia come fossero ali. Si tratta, pensiamo, della rappresentazione del «volo assetato» di Soran, di Yalda e di chi, come loro, non ha altra scelta se non quella di fuggire da regimi teocratici e dispotici.

Maysoon Majidi, ormai è chiaro, non è solo una regista: è un’attivista per i diritti umani e ha lavorato come reporter e giornalista indipendente, soprattutto nel Kurdistan iracheno. In seguito alle minacce ricevute dal governo iraniano è partita verso la Turchia insieme al fratello per cercare di raggiungere la Germania. Quando è arrivata sulle nostre coste, il 31 dicembre del 2023, è stata arrestata e accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e di aver guidato, insieme a un altro migrante, l’imbarcazione che avrebbe condotto lei e altre decine di persone in Italia. Subito arrestata, ancora oggi si trova in una cella del carcere di Reggio Calabria.

La storia di Majidi è stata raccontata più volte – anche e soprattutto su questo quotidiano – e in diverse occasioni è stata messa in evidenza la fragilità dell’impianto accusatorio e la discussa natura dell’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione, che include il reato che le viene contestato (articolo che, dopo il cosiddetto Decreto Cutro, prevede un ulteriore inasprimento delle pene).

Sono state numerose le udienze al Tribunale di Crotone, e ancora oggi non è stata concessa la possibilità di trasferire Majidi agli arresti domiciliari, almeno fino alla sentenza. E altrettanto numerose sono state le iniziative di solidarietà, grazie anche alla grande mobilitazione di chi in Calabria – quando ancora nulla si conosceva di questa vicenda – continuava ad animare una campagna che non sembrava andare oltre i confini regionali. E invece così è stato, perché spesso, come scrive Emanuele Pinto del Comitato Free Maysoon, «dalle ferite di queste terre del Sud sboccia un attivismo forte, fatto dagli ultimi, tanto vicini a chi arriva qui da paesi lontani e non trova libertà ma altre forme di oppressione».

La storia di Maijidi è stata condivisa in tantissime piazze italiane, tanto da arrivare all’interno del Parlamento. E ha posto le basi per una seria discussione a proposito del reato cosiddetto «di scafismo». Perché è bene ricordarlo: Maysoon Majidi è una delle tante persone accusate di essere tra coloro che guidano le imbarcazioni di migranti che arrivano in Italia via mare.

Secondo Arci Porco Rosso, che monitora sistematicamente gli arresti, nel 2023 si sono registrati 177 fermi; e tenendo in considerazione le dichiarazioni del ministro dell’Interno Piantedosi e del governo – secondo cui nel 2022 si sono contati circa 350 arresti e nel biennio 2022-2023 altri 550 fermi – la stima dello scorso anno è di un totale di 200 persone accusate di essere «scafiste». E un altro dato significativo è quello riportato dall’avvocata Tatiana Montella, sempre su questo giornale: «Tra il 2006 e il 2016, più di 81 mila persone sono state imputate o condannate in Europa per il reato di favoreggiamento».

Prendere parola contro le accuse mosse a Majidi significa, né più né meno, prendere parola contro le infinite forme di criminalizzazione che subiscono le persone migranti, sino a essere colpevolizzate formalmente per quello che, a tutti gli effetti, è un reato di solidarietà. Questa campagna può essere anche un utile occasione per riflettere sul sistema normativo vigente che affolla le nostre carceri e che affronta con strumenti crudeli e allo stesso tempo grossolani, una realtà multiforme e complessa che non possiamo fingere di non vedere.

Il «caos normativo» per tagliare i diritti e i servizi

Immigrazione La denuncia di Action Aid e Openpolis

Angelo Mastrandrea  29/09/2024

Da quando si è insediato, alla fine del 2022, il governo Meloni ha prodotto sei modifiche delle norme sull’immigrazione, inserite ogni volta in decreti diversi, per tagliare poco alla volta i servizi e ridurre i diritti dei migranti. Lo sostiene uno studio della ong Action Aid e Openpolis, che denuncia come l’«l’iperproduzione normativa» ha prodotto caos amministrativo, bandi per l’accoglienza deserti e il raddoppio degli affidamenti diretti poco trasparenti alle imprese che gestiscono i Centri di accoglienza straordinaria (Cas). Secondo il rapporto, il governo farebbe anche molte resistenze a fornire i dati, «nonostante il diritto ad accedervi sia stato ribadito nelle aule di tribunale».

Per «comprendere il nuovo approccio all’accoglienza», le due organizzazioni hanno analizzato le cifre fornite dal ministero dell’interno e la banca dati dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), dove si trovano 3.195 bandi per la gestione dei centri.

In sintesi, il rapporto dice che gli affidamenti diretti sono passati dal 35% del 2020 al 66% del 2023, per contratti da 83,1 milioni di euro nei soli primi 8 mesi del 2023. Nel 2020 si fermavano a 16,3. Nei primi mesi del 2023 ci sono stati 50 bandi per centri destinati ai minori stranieri non accompagnati, nonostante non ci sia stata nessuna emergenza sbarchi. Per usare un metro di paragone, nel 2020 ce n’erano stati solo tre. Secondo le ong, «i decreti del governo Meloni in materia di immigrazione e lo stato d’emergenza hanno trasformato in legge le consuetudini illegittime che ledono i diritti delle persone e dei minori, facendo di prassi eccezionali nuove norme».

Un’altra modifica riguarda chi chiede asilo: se non c’è posto nei centri, si aprono «strutture temporanee» in cui non è prevista nessuna competenza dei gestori e di cui non si conosce nulla. Su 1.500 posti attivati in questo modo in tutta Italia, nella banca dati dell’Anac risulta un solo bando. «Sono centri collocati sempre più ai margini, non solo delle città e dei luoghi abitati, ma anche del diritto» dice Chiara Marchetti dell’associazione Ciac di Parma, dove ci sono due strutture del genere, a Martorano e a Cornocchio. In questi centri finiscono famiglie, persone vulnerabili e minori non accompagnati, spesso costretti a convivere in promiscuità con adulti. Se anche il ricorso a queste strutture non è sufficiente, si possono raddoppiare i posti nei Cas già attivi.

Secondo il dossier, la prassi di portare i minori nei centri per adulti «facilita il compito degli uffici territoriali del governo, ma certo non è nel supremo interesse del fanciullo». Inoltre, «agevolare la concentrazione di persone in centri sempre più affollati aiuta le prefetture a trovare posti, ma derogare ai parametri di capienza può mettere concretamente a rischio qualsiasi tutela igienico-sanitaria e di sicurezza di chi vi è accolto».

Viene portato a esempio un atto della prefettura di Verbano Cusio Ossola che riporta una perizia tecnica per l’aumento a 100 posti di un centro nato per la metà degli ospiti. L’atto è stato emanato a maggio del 2023, ma il decreto che consente l’operazione è dell’ottobre successivo. «Prevedendo questa possibilità per legge, viene meno la possibilità di opporsi a quella che non sarà più considerata come un’eccezione alla regola», dice Fabrizio Coresi di ActionAid.

Nei primi 8 mesi del 2023 sono stati ripetuti 35 bandi che erano andati deserti, più di tutto il 2020. Due terzi di questi sono stati concessi con un’assegnazione diretta, per ché alla gara non si è presentato nessuno. Infine, è sempre più penalizzata l’accoglienza diffusa: l’importo messo a bando per i centri piccoli nel 2022 è sceso dal 52% del 2020 al 32%, mentre è salito dal 15% al 23% quello per le grandi strutture. Oltre la metà dei bandi anche in questo caso sono andati deserti.

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