IL LUNGO FALLIMENTO DELLE DESTRE ITALIANE INIZIATO CON MINNITI da IL FATTO e IL MANIFESTO
Il lungo fallimento delle destre italiane iniziato con Minniti
GAD LERNER 24 AGOSTO 2023
Pazienza se in Arabia Saudita i migranti li ammazzano quando si presentano al confine. Pazienza se muoiono bruciati in Grecia, di stenti nel deserto fra Tunisia e Libia, affogati nel Mediterraneo. Di tutte queste morti ci hanno abituato da tempo a disinteressarci. Colpa di quei disgraziati se sono disposti a pagare i trafficanti e pretendono di vivere in casa nostra.
Altrettanto sembra reggere l’autocensura sul fallimento definitivo, nell’estate 2023, di tutte le politiche messe in atto da Minniti in poi per contenere con brutalità il flusso migratorio dall’Africa all’Europa. Prima ancora di conoscere gli effetti nefasti che avrà il colpo di Stato in Niger, i media di regime cancellano dai notiziari il raddoppio del numero degli sbarchi e il collasso delle strutture d’accoglienza nel nostro Paese.
Chi aveva puntato tutto sul blocco delle partenze, preso alla sprovvista, ora tace. Ma per quanto faccia affidamento sull’indifferenza iniettata come un veleno da una propaganda decennale, ora il governo si trova a fare i conti con la novità di un fronte interno che lo trova del tutto impreparato. Hanno spacciato agli italiani la promessa antistorica di sigillare con la forza le nostre frontiere. Gli hanno venduto la falsa idea secondo cui i soldi destinati ad accogliere, integrare, regolarizzare i nuovi venuti, fossero risorse sottratte ai poveri di casa nostra. Hanno rifiutato di ammettere che la società del futuro debba investire nella creazione di un vero e proprio comparto economico dedicato alla gestione dei flussi migratori, allestendo le strutture necessarie, avviando piani di ripopolamento, programmando un’accoglienza diffusa, formando le professionalità necessarie e remunerandole dignitosamente. Così ora il Viminale si trova a fare i conti con la rivolta dei sindaci e con il caos delle prefetture.
Gli amministratori locali e i volontari che si sono prodigati nel fronteggiare l’emergenza e nel supplire all’omissione di soccorso in mare, sono stati accusati di agire per tornaconto personale. Il prossimo 20 settembre si terrà l’ultima udienza nel processo d’appello che vede imputato l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, povero in canna, nientemeno che di associazione a delinquere. Sul suo capo pende una richiesta di condanna a più di dieci anni di carcere. Si è resa la vita impossibile alle navi delle Ong sostenendo che fossero complici dei trafficanti, salvo ora chiedere loro di intervenire laddove la Guardia costiera non riesce ad arrivare.
È evidente che per fronteggiare la sfida imposta dal crescente numero di immigrati e dalla destabilizzazione di tutta la vasta area del Sahel, sarà necessario un piano di investimenti sul nostro territorio che rovesci l’impostazione meramente securitaria fin qui seguita dal governo. Sono arrivati e continueranno ad arrivare, non c’è frontiera che regga, se non facendo la guerra, in nessuna parte del mondo. Le chiacchiere sul fantomatico “piano Mattei” di Giorgia Meloni si infrangono sulla realtà di una cooperazione internazionale sacrificata alle politiche energetiche orchestrate dall’Eni e dei rifornimenti militari agli infidi gendarmi africani. La realpolitik che calpesta i diritti umani, l’esternalizzazione del controllo dei flussi, costa un mucchio di soldi, senza neanche ottenere il cinico risultato che si prefiggeva. Il fallimento è sotto gli occhi di tutti, anche se i telegiornali cercano di nasconderlo.
Ora dobbiamo deciderci. Chi può davvero proteggere il futuro della nostra invecchiata società? Il reclutamento di guardie di frontiera pronte a sparare? Oppure mediatori culturali, insegnanti, assistenti sociali, psicologi, avvocati, posti di lavoro in un nuovo comparto economico finalizzato a programmare e regolarizzare l’immigrazione per trarne una crescita armonica?
Ong, fermate tre navi. Il governo mette a rischio i soccorsi
MEDITERRANEO. Scontro Schlein-Meloni. La leader Pd: «Governo ha costituito reato di solidarietà». La premier: «Non è consentito agevolare l’immigrazione illegale e favorire la tratta di esseri umani». Le organizzazioni umanitarie dovranno decidere se rispondere agli Sos o seguire le indicazioni dell’Italia. Ma la strategia del Viminale non ha effetto sugli sbarchi complessivi, moltiplica solo lo stress della guardia costiera
Giansandro Merli 24/08/2023
Non c’è due senza tre: dopo la Aurora Sar e la Open Arms è arrivato il fermo amministrativo della Sea-Eye 4. Tre detenzioni di 20 giorni disposte tra domenica e martedì ai sensi del decreto Piantedosi di gennaio.
Nel primo caso, quello dell’imbarcazione veloce di Sea-Watch, le autorità italiane contestano lo sbarco a Lampedusa invece che a Trapani. Cioè il porto assegnato dal Viminale che secondo il comandante dell’Aurora non era raggiungibile per mancanza di benzina e acqua. A bordo aveva 72 naufraghi stipati su una barca lunga 14 metri e larga 5 (non esattamente una nave). In tre sono svenuti per il caldo. Rifiutando lo sbarco a Trapani Sea-Watch avrebbe dovuto rivolgersi, secondo le autorità italiane, a Tunisi. Il porto più vicino, che però non è considerato sicuro.
ALLA OPEN ARMS e alla Sea-Eye 4, invece, sono contestati i «salvataggi multipli» realizzati senza l’autorizzazione del centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano (Imrcc). Per entrambe è andata così: sono intervenute su un barcone partito dalla Libia; l’Italia ha assegnato un porto lontano (rispettivamente: Marina di Carrara e Salerno); risalendo verso nord hanno ricevuto altre richieste di aiuto a cui hanno risposto. Due a testa.
Le Ong sostengono di aver chiesto all’Imrcc quali assetti si stessero dirigendo verso i barconi in pericolo. Non avendo avuto comunicazioni sono intervenute, nonostante l’Imrcc insistesse perché andassero «tramite rotte dirette e alla massima velocità sostenibile» nei porti indicati.
SUI FERMI DELLE ONG si è scatenata la polemica con il botta e risposta su Facebook tra la leader del Pd Elly Schlein e la premier Giorgia Meloni. «Ricevere una multa e un fermo amministrativo per aver salvato più vite umane di quelle “autorizzate”: il decreto del governo Meloni costituisce il reato di solidarietà», scrive Schlein. Per un errore, peraltro diffuso tra media e politici, fa riferimento al dl Cutro (20/2023) mentre le detenzioni dipendono dal dl Piantedosi di gennaio (1/2023, tramutato in legge 15/2023).
Schlein comunque sottolinea un paradosso concreto: «Sempre più spesso è la Guardia Costiera italiana a richiedere il loro [delle Ong, nda] intervento di supporto». Effettivamente è successo in diverse occasioni. La Open Arms è stata coordinata fino a sette volte in 24 ore, il 6 luglio. La Ocean Viking addirittura 14 in data 11 agosto. Da qualche giorno, però, non si verificano casi analoghi. Non è da escludere che le autorità italiane abbiano evitato di chiedere aiuto alle Ong per ragioni politiche, dopo che giornali e opposizione avevano sottolineato il paradosso.
SOTTO IL POST della segretaria Pd ha risposto direttamente Meloni: «Reato di solidarietà? Facciamo applicare leggi e principi che esistono da sempre in ogni Stato: non è consentito agevolare l’immigrazione illegale e favorire, direttamente o indirettamente, la tratta di esseri umani. Solidarietà è fermare i viaggi della speranza e le morti in mare». Parole pesanti che da un lato ripropongono il teorema, mai dimostrato, delle Ong amiche dei trafficanti, dall’altro fanno finta di dimenticare che con il nuovo governo gli sbarchi sono più che raddoppiati e nel 2023 le vittime della rotta mediterranea centrale sono almeno 2mila (dati Oim).
FINO A IERI I MIGRANTI arrivati via mare in Italia erano 105.909, contro i 51.328 dello stesso periodo 2022. Secondo i dati ufficiali, a cui il manifesto ha avuto accesso, quelli soccorsi dalle Ong sono 8.406, l’8% del totale. Tra due e sei punti in meno rispetto alle medie degli ultimi anni. In ordine, le organizzazioni umanitarie che hanno salvato più persone sono Medici senza frontiere (2.813), Sos Mediterranée (1.273), Open Arms (988), Emergency (788), Sos Humanity (696). Ai numeri delle ultime due andranno aggiunti i 40 naufraghi sbarcati ieri a Ortona dalla Ong fondata da Gino Strada e i 57 soccorsi sempre ieri dalla Humanity 1, cui è stato assegnato il porto di Livorno. Dall’inizio dell’anno i migranti soccorsi da guardia costiera e guardia di finanza sono stati oltre 70mila.
LA PRASSI di assegnare porti lontanissimi – inaugurata dal Viminale a dicembre 2022, ancora prima del decreto Piantedosi – è stata efficace nel limitare l’operatività delle Ong ma non ha inciso sul numero complessivo degli sbarchi, in aumento non solo dalla Tunisia ma anche dalla Libia. Tanto che ormai il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini (Lega) nemmeno esulta più sui social a ogni fermo delle navi. In pratica la strategia governativa ha semplicemente moltiplicato lo stress delle motovedette italiane di stanza a Lampedusa.
Le detenzioni di questi giorni, invece, rischiano di mettere le Ong di fronte a un brutto dilemma: evitare i soccorsi multipli per tornare subito in mare oppure intervenire per salvare i migranti il più rapidamente possibile a costo del fermo. Il naufragio di Cutro ha già mostrato cosa può succedere quando si ritardano i soccorsi. Vale anche in alto mare, dove le persone affogano allo stesso modo. Nonostante i cadaveri non finiscano sulle spiagge e il governo possa far finta di nulla.
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