LINEE GUIDA SULL’EDUCAZIONE CIVICA, BOCCIATO VALDITARA da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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LINEE GUIDA SULL’EDUCAZIONE CIVICA, BOCCIATO VALDITARA da IL MANIFESTO

Linee guide sull’educazione civica, bocciato Valditara

Governo. Tra le critiche contenute nella nota del Consiglio superiore della Pubblica istruzione: «Manca il richiamo all’educazione contro discriminazione e violenza di genere»

Roberto Pietrobon  30/08/2024

È una bocciatura senza appello quella che mercoledì scorso ha scritto il Consiglio superiore della pubblica istruzione in merito alle nuove linee guide sull’educazione civica emanate dal ministro Valditara a inizio agosto. Il Cspi è un organo tecnico scientifico che riunisce 36 rappresentanti del mondo della scuola (insegnanti, pedagogisti, collaboratori e dirigenti scolastici) di ogni ordine e grado. Lo scorso giugno ha visto rinnovata la sua parte elettiva (metà dei componenti) con una vittoria netta dei sindacati confederali in un organo nato per garantire «rappresentanza e partecipazione a livello centrale alle diverse componenti della scuola». Il Cspi esprime pareri facoltativi e non è nuovo ad appunti o, come in questo caso, a vere proprie stroncature delle proposte e dei provvedimenti dei vari governi in materia.

A inizio agosto proprio Valditara aveva presentato le linee guida parlando di «nuova centralità della persona su ogni concezione ideologica» per poi avanzare la necessità di una «formazione alla coscienza di una comune identità italiana» e del «nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita Patria». Secondo l’esponente leghista oltre alla patria bisogna promuovere nelle scuole anche «la cultura d’impresa». È proprio sulla rimodulazione e sull’introduzione di nuovi traguardi e obiettivi di apprendimento che il Cspi si è concentrato nel suo parere critico. Secondo il Consiglio superiore della pubblica istruzione «non risulta necessaria la rivisitazione terminologica dei nuclei concettuali come quelli di sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio». Nella nota si evidenzia la necessità di valorizzare il lavoro fatto nelle scuole italiane in questi ultimi 4 anni (quando entrarono in vigore le precedenti linee guida) senza dover stravolgere nuovamente concetti, definizioni e obiettivi.

Il consiglio però non si esime dall’entrare nel merito e rispetto alla «nuova centralità dell’individuo» annunciata dal ministro evidenza «la mancanza di un riferimento alla relazione sociale tra individuo e collettività, che trova significato e centralità nel pieno sviluppo della persona umana che la Costituzione riconosce nella seconda parte dell’articolo 3». Per poi continuare sottolineando «l’assenza di un riferimento esplicito all’educazione contro ogni forma di discriminazione e violenza di genere» visto che nelle linee guida la questione è risolta in una riga: «Si rafforza e si promuove la cultura del rispetto verso la donna».

Secondo il Cspi, inoltre, «non si può limitare l’educazione finanziaria a strumento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato» e viene suggerito di togliere l’obiettivo di «apprendere il valore dell’impresa e dell’iniziativa economica privata» in quanto, secondo il Consiglio, «non si tratta di competenza né è una tematica normativamente prevista». Analogo discorso per la competenza «conoscere il significato dell’appartenenza a una comunità, locale e nazionale e analizzare il concetto di Patria».

Secondo il Cspi neanche questa è una competenza ed evidenzia che «l’educazione civica non può essere considerata solo come una disciplina in quanto, attraverso apprendimenti formali, non formali e informali, permette lo sviluppo della cittadinanza, della responsabilità e dell’etica pubblica fondate sui valori della Costituzione» evitando, inoltre, «sovrapposizioni tra valutazione della disciplina di educazione civica e del comportamento». Per ora Valditara non ha commentato la nota. Difficilmente il ministro leghista rivedrà l’impianto delle nuove linee guida, che hanno un forte carattere ideologico a scapito del lavoro culturale e pedagogico fatto nelle scuole per una cittadinanza consapevole e inclusiva.

Scuola, la normalizzazione che viene da lontano

Il commento. Una versione più lunga di questo intervento è pubblicata nell’ebook “Verso una svolta autoritaria? L’Italia e l’Europa tra neoliberismo e restrizione della democrazia” scaricabile gratuitamente sul sito del Forum Disuguaglianze e Diversità e su quello di Volere La Luna

Annamaria Palmieri  30/08/2024

Sono anni che una saggistica piuttosto aggressiva si è specializzata nel cantare il de profundis della scuola pubblica (La scuola si è rotta (2001), Di scuola si muore (1998), La disfatta della scuola (2009), La scuola non serve a niente (2014), La scuola bloccata (2022), solo per citare alcuni titoli degli ultimi 20 anni), accompagnata dall’interventismo dei ministri e dei governi che si sono succeduti con i loro interventi a volte strutturali (si pensi alla “Buona scuola” di Renzi), più spesso episodici e frammentari. Niente di nuovo dunque nell’attuale politica del centrodestra: tuttavia il cambiamento che si registra rispetto a qualche decennio fa è soprattutto nel clima e nel contesto.

Il silenzio con cui da qualche anno la scuola dell’autonomia, immersa in un’eterna riforma, accoglie cose che le sottraggono territori di sua esclusiva competenza, dovrebbe stupirci. Oggi la scuola appare sempre più sacrificata a luogo di contenimento del disagio e dei corpi, sempre più orientata a disciplinare piuttosto che a educare e le reazioni sono episodiche e spesso isolate, o vengono talora solo dalla platea degli studenti.

(…) Appare emblematico l’affastellarsi di riforme sulla valutazione, con il sovrapporsi anche qui di due culture, drammaticamente in conflitto tra loro: quella che enfatizza il ruolo del voto (numerico e di condotta) per classificare, premiare e punire, ovvero l’idea di una scuola-tribunale, e quella che viceversa vuole investire sul valore formativo e processuale del momento valutativo, che spesso viene messa alla berlina dai fautori del cosiddetto (finto) merito. Il disegno di legge sulla valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti approvato in senato (il 924-bis), per il quale auspichiamo modifiche, ci costringe a proporre qualche questione di fondo, nel metodo e nel merito.

Riguardo al noto passaggio sulla valutazione della condotta, il disegno si apre con una integrazione alla norma vigente, che comporta che con il 5 in condotta non si è ammessi alla classe successiva. Perché ci sembrava di saperlo già? Forse perché nella scuola italiana il 5 in condotta viene da sempre (storicamente) assegnato in caso di gravissime violazioni comportamentali e queste ultime si correlano, nelle norme vigenti, all’allontanamento dalla comunità scolastica, che è e resta sempre l’extrema ratio in un contesto educativo. Ma già la circolare 3602/2008 del Miur, all’avvento dell’era Gelmini, nell’esplicitare le ragioni delle modifiche apportate allo Statuto degli studenti enfatizzava, come l’attuale compagine di governo, «la funzione educativa della sanzione disciplinare», per rafforzare «la possibilità di recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica».

Quasi le stesse parole, di certo la stessa matrice culturale: la definirei demagogica, e non pedagogica. In altre parole, torna a distanza di 15 anni l’idea che la sanzione del comportamento fino alla bocciatura sia una soluzione per i mali della società e che la scuola sia ospedale per i sani, non per i malati: cosa che sappiamo bene non essere vera, senza investimento sulle comunità. Ma per chiunque si opponga, l’accusa di buonismo è dietro l’angolo. E così, il nuovo testo si ripropone di intervenire in modo centralistico nelle competenze degli organi collegiali: questo sia quando introduce modifiche per la valutazione nella scuola del I ciclo, sia quando, per la secondaria di II grado, ridefinisce i criteri con cui attribuire il punteggio più alto nell’ambito della fascia di attribuzione del credito scolastico correlandolo, in forma di automatismo, con il voto in condotta.

Forse è complicato provare a spiegare a un pubblico generalista quel che bene sanno i docenti quali addetti ai lavori: in una valutazione davvero formativa i voti finali, quelli sulla cui media si assegna la fascia del credito, non dovrebbero nascere dalle medie dei voti alle prestazioni degli studenti, ma sempre da una considerazione per così dire «olistica» del soggetto che apprende. L’enfasi sull’automatismo tra oscillazioni del credito scolastico e il 10 in condotta appare più che altro come un tentativo di condizionamento imposto dall’alto dei criteri di valutazione della comunità scolastica, cosa piuttosto inquietante.

***

L’autrice è una dirigente scolastica e militante della scuola pubblica. Una versione più lunga di questo intervento è pubblicata nell’ebook Verso una svolta autoritaria? L’Italia e l’Europa tra neoliberismo e restrizione della democrazia scaricabile da oggi gratuitamente sul sito del Forum Disuguaglianze e Diversità e su quello di Volere La Luna.

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