LA PACE “GIUSTA”? NO, “VERA”: WELFARE CONTRO WARFARE daIL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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LA PACE “GIUSTA”? NO, “VERA”: WELFARE CONTRO WARFARE daIL FATTO

La pace “giusta”? No, “vera”: welfare contro warfare

Domenico Gallo  5 Gennaio 2025

L’anno appena concluso è stato sul piano internazionale il più violento e sanguinoso dal 1945. Sul fronte russo-ucraino si sono susseguiti i combattimenti, senza neanche un giorno di tregua, alimentati da una continua escalation e dal superamento di ogni linea rossa. Nell’anno nuovo necessariamente dovranno venire a galla i nodi rimasti insoluti per tutto il 2024. I fatti sono duri a morire, possono essere mascherati a lungo ma non per sempre. Dopo quasi tre anni di menzogne sul conflitto russo-ucraino; dopo la declinazione a reti unificate del mantra della guerra di aggressione “non provocata”, frutto della follia imperialista di Putin, pronto a scagliare le sue armate contro l’intera Europa se non fermato sulle sponde del Dnepr; dopo la sublimazione del mito della “vittoria” dell’Ucraina come unica soluzione possibile del conflitto, contro ogni principio di realtà; dopo che una insensata guerra di attrito ha provocato sui due fronti un milione di morti e feriti (secondo le rilevazioni del Wall Street Journal); dopo quasi tre anni di inutili massacri, alla fine la verità comincia a emergere fra i fumi della grande menzogna. Qualche giorno fa lo stesso presidente ucraino Zelensky (su Le Parisien) ha dovuto riconoscere che l’Ucraina non ha le forze per ribaltare le sorti del conflitto.

La debolezza dell’Ucraina non deriva dallo scarso sostegno finanziario e militare della Nato, come sostiene impudentemente Paolo Mieli sul Corriere della sera e a Radio 24, ma dal venir meno del fattore umano: 800 mila renitenti alla leva (secondo la stima del presidente della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha, riferito al Financial Time) sono un chiaro segnale dell’indisponibilità dei giovani a farsi mandare al massacro per riempire nuovi cimiteri di guerra. Dovrebbe essere chiaro che la guerra non può continuare e ben presto dovranno aprirsi dei negoziati. La necessità di una trattativa, da un lato, e l’insostenibilità umana ed etica, dall’altro, sono oggi conclamate. Messi di fronte alla realtà, i vertici Ue, Von der Leyen, Kallas e il segretario generale della Nato Rutte, fanno finta di non vedere, continuano a escludere il negoziato e insistono per il prolungamento della guerra, mostrandosi più bellicosi del presidente eletto Usa, Donald Trump. È difficile capire se in loro prevalga l’irresponsabilità o l’arroganza. Quel che è certo è che i vertici Ue e i leader dei principali Paesi europei dovranno essere chiamati a rendere conto delle scelte disastrose che hanno compiuto arruolando l’Europa nella guerra contro la Russia combattuta a prezzo del sangue ucraino, con gli esiti ingloriosi che sono sotto agli occhi di tutti.

Anche il governo italiano dovrà rendere conto di essersi accodato alla scelta atlantista di prolungare la guerra all’infinito. La prima occasione dovrà essere la contestazione del decreto legge n. 200/2024, che proroga fino al 31 dicembre l’autorizzazione alla cessione di mezzi materiali ed equipaggiamenti militari in favore del governo ucraino. Una intransigente opposizione a ogni ulteriore invio di armi lì servirà anche a sciogliere le ambiguità di quelle forze politiche, come il Pd, che in Italia invocano la pace con marce e manifestazioni pubbliche e in Europa votano per il partito della guerra. Se il cessate il fuoco è la premessa di tutto, la società civile e le forze politiche progressiste (a cominciare da 5Stelle e Avs) devono impegnarsi per evitare la soluzione coreana, cioè una tregua che non porti alla pace, ma alla continuazione della guerra con altri mezzi, ovvero le sanzioni, la corsa al riarmo e la perpetuazione della figura del nemico.

Questo è il momento di battersi non per una “pace giusta”, ma per una “pace vera”. Cioè di prefigurare un assetto delle relazioni internazionali volto a reintegrare la Russia nell’Europa, ponendo fine alle ostilità e smantellando la nuova cortina di ferro creata dal fiume di sangue versato in questa assurda guerra fratricida. È questo il momento di impegnarsi perché il negoziato di pace prossimo venturo ripristini i principi dell’Atto finale della Conferenza di Helsinki (1975) e ristabilisca il principio della sicurezza collettiva fondata sulla riduzione degli armamenti anziché sulla sfida del riarmo. La chiusura ucraina del flusso del gas russo sta già provocando un ulteriore balzo dei costi dell’energia, mortificando ancora di più l’economia europea e i bilanci della famiglie. Per questo il tema della battaglia politica nel 2025, che dovrà animare tutte le forze progressiste e i sindacati, sarà di invertire il corso di una politica orientata al passaggio dal welfare a warfare, con l’obiettivo di stornare le risorse dal sistema di guerra ai bisogni sociali (istruzione, sanità, ambiente). Mai come in questa situazione la lotta per la pace coincide con la lotta per il nostro pane quotidiano.

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