INTELLETTUALI TRADITORI SU UCRAINA E PALESTINESI da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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INTELLETTUALI TRADITORI SU UCRAINA E PALESTINESI da IL FATTO

Intellettuali traditori su Ucraina e palestinesi

Elena Basile  9 Marzo 2025

Nel 1927 Julien Benda scrisse Il tradimento dei chierici, cioè degli intellettuali, che fu poi ripubblicato e portato a maggiore visibilità nel 1946. Lo scrittore nel saggio stigmatizzava l’intellighenzia del suo tempo che aveva rinunciato alla ricerca della verità e della bellezza, abbracciando le ideologie nazionaliste oppure comuniste, scegliendo di divenire funzionali a una parte, a una politica partigiana sulla base di presupposti aprioristici.

Leggo le dichiarazioni degli intellettuali del centrosinistra, di coloro i cui libri invadono le librerie Feltrinelli e sono pubblicizzati, a prescindere dal contenuto e dal vero valore letterario o saggistico, in modo esagerato a svantaggio di tanti altri autori. Come non pensare a Julien Benda? Gli intellettuali scendono in campo per una visione intrisa di suprematismo bianco, in base alla quale l’Europa sarebbe democratica e avrebbe una civiltà superiore rispetto a quella di tanti altri Paesi, Cina, Russia, l’intero Sud globale. L’America di Trump viene demonizzata come se essa non fosse un prodotto e per molti versi la continuazione dei quella di Biden.

Pasolini affermava: “Io sono un intellettuale, quindi so”. Anche lui credeva che la funzione primaria dell’intellighenzia fosse andare oltre le apparenze e il linguaggio del potere. Cercare la verità intesa come l’interpretazione più vicina alla realtà. È terrificante osservare come gli uomini di cultura ripetano parole vuote di significato. Scendono in piazza per l’“Europa democratica”. Eppure l’Europa come tutti sanno ha una architettura istituzionale autocratica. Non conosce la separazione dei poteri, la base dello Stato di diritto. Il Parlamento non esercita alcuna funzione legislativa né ha reali poteri di controllo. La Commissione europea ha varato un piano di riarmo di 800 miliardi cambiando le regole vigenti ed eliminando l’austerità soltanto per le spese di difesa. Il Consiglio dei capi di Stato e di governo, il Consiglio dei ministri, che imprime l’indirizzo politico, stipula senza mandato accordi che rispondono alle gerarchie tra gli Stati membri. Abbiamo insomma un club non eletto dai cittadini che ha un deficit democratico riconosciuto e applica politiche neo-liberiste, decide il riarmo, un incremento dell’1,5% della spesa militare per i singoli Stati al di fuori delle regole di equilibrio dei conti, applicate invece severamente per le spese per lo Stato sociale, un club, non uno Stato federale, privo di una reale politica estera comune e quindi di una difesa comune che presuppone l’individuazione degli interessi dei popoli europei.

In questa sede è difficile poter fare una disamina del fallimento odierno dell’Europa rispetto agli ideali che ne hanno animato il progetto prima di Maastricht. In un piccolo saggio, che sarà pubblicato in autunno da Paperfirst, esaminerò come le dinamiche di questa Europa abbiano affossato gli obiettivi di pace e prosperità, democratici e sociali. Come mai allora l’intellighenzia asseconda una tale mistificazione e unisce la propria voce al coro nauseabondo che invoca armi per la continuazione della guerra contro la Russia? Siamo per l’aggredito contro l’aggressore, balbettano come scolaretti ottusi. Noi abbiamo violato altri principi del diritto internazionale: non ingerenza negli affari interni di un altro Paese, autodeterminazione dei popoli, indivisibilità della sicurezza. Come mai questi intellettuali sono così strabici e vedono soltanto le violazioni altrui, non le nostre? Nello stesso istante in cui stigmatizzano la Russia per l’invasione di un Paese, trasformato in una pedina atlantica, non levano la voce contro Israele, che continua impunemente a commettere crimini di guerra. I leader della democratica Europa esprimono simpatia e solidarietà a “Bibi”, votando contro il cessate il fuoco nelle risoluzioni dell’Onu, contro la maggior parte degli altri “non democratici” Paesi membri.

Gli intellettuali che difendono l’Europa “democratica” non pronunciano una sola parola per lo Stato libero di Palestina, per le sanzioni allo Stato terrorista Israele. Un popolo inerme, donne e bambini, 70 mila civili massacrati e gli intellettuali tacciono oppure piagnucolano, balbettando slogan di parte relativi al diritto di difendersi di uno Stato che occupa dal 1967 territori non propri e applica forme di apartheid. Chi sono dunque questi scrittori, questi editorialisti così poco capaci di cercare la verità e la bellezza, così proni verso la propaganda occidentale, come è possibile che abbiano perso l’uso della ragione? Pasolini e Moravia scenderebbero in piazza contro la guerra, contro questo grottesco club antidemocratico, neoliberista, classista e bellicista, asservito alle lobby delle armi, per l’Europa, tutta da costruire, federale e sociale che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Jeffrey Sachs: “All’Ue non servono armi nucleari: serve il dialogo con Putin”

Parla l’economista e saggista Usa – “Europa e Russia non hanno motivo di farsi la guerra, con Kallas e Vdl si rischia la crisi”

RICCARDO ANTONIUCCI  9 MARZO 2025

Il conflitto in Ucraina è figlio “dell’arroganza statunitense”, per Jeffrey Sachs: un “tragico errore” frutto di 30 anni di politiche fallimentari che miravano all’espansione della Nato a est. Ma ora che l’America di Trump ha deciso di chiudere la ferita, la leadership europea sembra in preda alla coazione a ripetere e persiste su “posizioni massimaliste” che tendono a prolungare lo scontro. Arrivando fino a evocare lo spettro della deterrenza nucleare: “L’Europa e la Russia non hanno alcun motivo per farsi la guerra – spiega l’economista della Columbia – se non il bellicismo di una certa leadership europea, residuo della strategia di allargamento della Nato voluta dagli Stati Uniti tra il 1994 e il 2024”.

Macron in Francia, Tusk in Polonia… In Ue si parla sempre più apertamente di rafforzare la deterrenza nei confronti della Russia con nuovi arsenali nucleari. È un’idea realistica o è retorica?

L’Europa ha già una deterrenza nucleare con l’arsenale francese. È una dotazione sufficiente per evitare una guerra europea, ma questo solo se parallelamente si sviluppa una diplomazia sensata. Il problema dell’Europa non è la mancanza di deterrenza, il problema è la mancanza di qualsiasi diplomazia bilaterale tra Europa e Russia. Quello che viene da Bruxelles è una pericolosa russofobia, niente che assomigli a una politica estera seria e matura. Per 30 anni l’Ue ha seguito ciecamente la strategia Usa dell’allargamento dell’Alleanza all’Ucraina e alla Georgia, culminata nel conflitto in corso. Adesso che gli Stati Uniti hanno abbandonato quell’idea, con l’arrivo di Trump, i politici europei continuano ad avere il riflesso condizionato della vecchia visione e persistono in una strategia fallimentare e in una guerra fallimentare.

È la prima volta da decenni che sentiamo parlare così apertamente di armi nucleari. Stiamo tornando a un contesto di Guerra fredda?

È legittimo e corretto che i leader europei prendano in considerazione un quadro di sicurezza post-Nato per il continente. È sbagliato, e potenzialmente disastroso, che inquadrino la questione nei termini di una guerra imminente con la Russia. È un punto di vista semplicemente folle. L’Europa deve rafforzare la propria autonomia strategica e militare, ma è altra cosa dall’alimentare pulsioni guerrafondaie. Il nodo essenziale è riprendere i rapporti con la Russia. Con una normale diplomazia, non con una retorica intrisa di propaganda russofoba. Piuttosto, tra Mosca e Bruxelles si dovrebbero intavolare seri negoziati sulle reciproche e rispettive preoccupazioni in materia di sicurezza.

Come influisce questo atteggiamento europeo sulle trattative in corso?

La guerra sta finendo perché gli Stati Uniti hanno deciso di chiuderla. Se finirà con la diplomazia, l’Ucraina potrà essere e sarà sicura, anche dovendo accettare di restare strategicamente neutrale, con garanzie di sicurezza sostenute dalle Nazioni Unite, e qualche perdita territoriale. È il risultato ragionevolmente ottenibile oggi dopo il colpo di stato di Maidan sostenuto dagli Stati Uniti e della fallita guerra di allargamento della Nato. Ma se Bruxelles e Kiev rifiutano la pace, l’Ucraina potrebbe addirittura perdere la sua sovranità. Le posizioni massimaliste di ucraini ed europei di questi giorni sono controproducenti. Sì, gli Stati Uniti hanno causato questa terribile guerra, ma ora stanno cercando di mettervi fine.

Rischiamo un’escalation con la Russia?

Se l’Europa continua a seguire la retorica di Kaja Kallas e Ursula von der Leyen si troverà in una crisi crescente con la Russia. Se invece seguirà la via diplomatica, avremo la fine della guerra e necessariamente si porrà la questione della ripresa delle relazioni economiche con la Russia. Questa guerra è stata una sfortunata deviazione di un cammino già tracciato, uno storico errore frutto dell’arroganza statunitense. È ora di chiuderla.

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