IL TALLONE D’ACHILLE DEL TARDO CAPITALISMO da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IL TALLONE D’ACHILLE DEL TARDO CAPITALISMO da IL MANIFESTO

Il tallone d’Achille del tardo capitalismo

SCAFFALE «Crisi di legittimazione. Attualità di un paradigma di teoria critica», di Giorgio Fazio (Castelvecchi)

Stefano Petrucciani  30/04/2025

Crisi di legittimazione. Attualità di un paradigma di teoria critica (Castelvecchi, pp. 230, euro 25), il più recente volume di Giorgio Fazio – che già aveva dedicato alla teoria critica il bel libro Ritorno a Francoforte –, si misura in un’impresa teoricamente molto interessante: riscoprire, scommettendo sulla sua attualità, il tema della crisi di legittimazione come tallone d’Achille del tardo capitalismo. Una questione che Jürgen Habermas, con l’apporto di Claus Offe e di altri, aveva posto all’inizio degli anni Settanta, quando la sua riflessione si poteva ancora inscrivere all’interno di un orizzonte in senso lato neo-marxista.

IL CONTESTO DI ALLORA era ovviamente completamente diverso da quello di oggi. L’oggetto di analisi con il quale si misuravano Habermas e Offe era il «capitalismo statalmente regolato», dove l’intervento pubblico di tipo keynesiano aveva la funzione di tenere sotto controllo le tendenze di crisi, mentre la lealtà dei cittadini, ovvero la legittimazione dell’ordine esistente, era supportata dalle crescenti prestazioni dello Stato sociale. Quest’ordine sarebbe stato travolto solo alla fine del decennio quando l’avvento al potere di Margaret Thatcher (1979) e di Ronald Reagan (1981) avrebbe aperto la strada al ridimensionamento degli apparati pubblici e alla nuova stagione neoliberista.
Ma la crisi di quel sistema (basato sul capitalismo politicamente regolato e sullo Stato sociale) era cominciata già molto prima, e su di essa, pensando che la si potesse volgere in senso progressivo, verso una maggiore socialità e una più profonda democrazia, ragionavano Habermas e i suoi collaboratori nella fase iniziale del decennio.

Le politiche keynesiane sembravano in grado di stabilizzare il sistema capitalistico dal punto di vista economico, anche se ne sarebbe poi scaturita quella che il marxista O’Connor avrebbe definito la «crisi fiscale dello Stato». Ma l’attenzione di Habermas e del suo gruppo di lavoro si concentrava prevalentemente sulla crisi non economica, ma valoriale e culturale dell’assetto tardo-capitalistico, quella crisi che i movimenti giovanili degli anni Sessanta e Settanta avevano reso evidente e palpabile. Per un verso la crisi investiva il modello del lavoratore-consumatore fordista, che si era venuto affermando nei decenni del dopoguerra. I nuovi movimenti lo mettevano in crisi perché non davano più luogo a classici conflitti per la distribuzione della ricchezza. Anzi, i movimenti giovanili non dicevano «vogliamo ciò di cui voi vi appropriate» ma proprio il contrario: non vogliamo ciò che secondo voi dovremmo desiderare, cioè il benessere consumistico e la sicurezza opprimente del posto fisso a vita. La crisi di legittimazione che investiva un certo modello capitalistico non lasciava indenne neanche il pur benemerito Stato sociale, del quale venivano criticati – anche da Habermas stesso – l’eccesso di burocratismo invasivo e la scarsa flessibilità nel rispondere ai bisogni individuali.

DALLA CRISI del modello keynesiano e fordista non scaturì però un mutamento progressivo, ma la regressione neoliberista. Che risultò così facilmente vincente anche perché, come Fazio ricorda giustamente, riuscì a canalizzare e a dare risposte, sia pure distorte, ad alcune delle insoddisfazioni che il modello precedente aveva generato.
Ma l’aspetto più interessante del libro di Fazio sta nel mostrare come l’idea della crisi di legittimazione, sviluppata nel dibattito degli anni Settanta, possa tornare utile anche oggi. A supporto di questo punto di vista Fazio utilizza soprattutto i lavori di due interessanti teorici critici contemporanei, Wolfgang Streeck e Nancy Fraser. Quest’ultima in particolare si è proposta di far rivivere la teoria della crisi di legittimazione degli anni Settanta come chiave di lettura per comprendere il clima politico del presente e l’ascesa dei movimenti e dei partiti populisti e sovranisti. Per Fraser infatti il fenomeno populista (che lei non vede in modo univocamente negativo, ma come una realtà piena di ambiguità e di contraddizioni interne) esprime per l’appunto la crisi di legittimazione generale del modello contemporaneo di capitalismo, finanziarizzato e neoliberale. Nei diversi movimenti populisti si possono pertanto individuare, sostiene Fraser, sia istanze genuinamente democratiche e anti-capitaliste, sia elementi regressivi e anti-emancipativi.

MA IL PUNTO che Fraser sottolinea con maggiore energia, e sul quale vale la pena di riflettere, è che la crisi di legittimazione del modello globalista/liberista investe in modo diretto anche e soprattutto il neoliberismo progressista, quello che, a partire da Blair e Clinton, ha aperto la strada all’egemonia ideologica neo-liberale di cui populismi sanciscono la crisi. Secondo Fraser, insomma, siamo nel pieno di una crisi di legittimità che implica rischi ma anche potenzialità.
Per lei infatti, come scrive Fazio, «il populismo, tanto di destra quanto di sinistra, esprime una genuina domanda di trasformazione politica democratica e una serie di resistenze contro la condizione post-democratica determinata da decenni di egemonia neoliberale». Fazio non manca di riportare in modo abbastanza simpatetico anche le tesi di coloro che, come Jean Cohen e Andrew Arato (vedi Populismo e società civile, Meltemi 2004) non condividono l’ottimismo di Fraser.
Al di là delle diverse valutazioni che se ne possono dare resta il fatto, però, che la tesi della crisi di legittimazione sembra essere uno strumento capace di fotografare bene molti aspetti della congiuntura presente.

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