“IL NEMICO È LA GUERRA” da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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“IL NEMICO È LA GUERRA” da IL FATTO

“Il nemico è la guerra”

DOMENICO GALLO  08/05/2025

Tre giornate di incontri romani a Spin Time Labs

NON POSSIAMO IGNORARE che sullo sfondo di questo drammatico conflitto siamo giunti all’ora più buia dell’Europa, che si riarma e minaccia di precipitarci di nuovo nel baratro di una guerra mondiale. Come ha osservato Pino Arlacchi (il Fa t t o del 27 aprile): “Presentare un Paese come aggressore incombente, in assenza di prove, serve solo a provocare, ad alimentare una spirale di tensione che potrebbe sfuggire al controllo delle parti. E trasformarsi in una profezia che si auto-adempie, dove il nemico immaginario è costretto a trasformarsi in nemico reale”. I documenti europei prendono atto che si sono aperti dei negoziati che –a dire dell’Ue –devono sfociare in “una pace giusta e duratura”, secondo l’approccio di conseguire “la pace attraverso la forza”. Il vero problema è quale sbocco dare al cessate il fuoco prossimo futuro: se deve trattarsi di una tregua permanente, come si è verificata in Corea, oppure se dalla tregua delle armi si deve passare a un progetto di pace che coinvolga la Russia e tutti gli altri popoli europei. Alla luce dei presupposti che abbiamo esaminato, i vertici dell’Ue non contemplano nessun altro sbocco possibile che non sia una tregua armata, destinata a perdurare nel quadro di una crescente ostilità, restando sempre sullo sfondo la possibilità di una ripresa della guerra contro il nemico russo, secondo la logica della profezia che si autoavvera. Invece per costruire una pace vera occorre un progetto di pace. Di questo discuteremo il 9, 10 e 11 maggio presso lo Spin Time a Roma per una tre giorni dal titolo “Il nemico è la guerra”. Vi prenderanno parte nomi della cultura, della politica, dell’informazione, attivisti vari tra cui: Elena Basile, gli europarlamentari Pasquale Tridico e Marco Tarquinio, Monica Di Sisto, Francesca Albanese, Giulia Bosetti, il cappellano a bordo di Mediterranea Mattia Ferrari, Pino Arlacchi, Francesco Sylos Labini, Alfonso Gianni, Ginevra Bompiani, Moni Ovadia, l’attore Massimo Wertmuller, il generale Fabio Mini, le ex europarlamentari Luisa Morgantini, Sabina Pignedoli, Pasqualina Napoletano, lo storico Angelo D’Orsi, la filosofa Maria Luisa Boccia, Linda Santilli, Raniero La Valle, Raffaella Bolini di Stop ReArm Europe, Claudio Grassi di Disarma e per la politica Maurizio Acerbo segretario del Prc, Alfredo D’Attorre del Pd, Stefano Fassina di Patria e Costituzione, Alessandra Maiorino del M5S, Francesca Ruocco di Sinistra italiana e molti altri e altre.

Basta silenzi su Gaza nel Giorno dell’Europa

Tomaso Montanari  8 Maggio 2025

Nel testo che dovrebbe dare corpo al “nuovo slancio franco-tedesco per l’Europa” di Emmanuel Macron e Friedrich Merz non c’è stato spazio per una sola parola su Gaza. Ma nessuna Europa è possibile senza riconoscere che l’abominevole distruzione di questa grande città storica del Mediterraneo è perpetrata da uno Stato, Israele, che dell’Europa è uno stretto alleato. Non vale dunque dire che siamo impotenti verso un nemico esterno: potremmo invece fare di tutto. Potremmo, e dovremmo. E se i governi d’Europa, a partire dal nostro, tacciono – rendendosi così sempre più complici di una atrocità che ogni giorno appare sempre più un genocidio, una soluzione finale per il popolo palestinese –, noi cittadini e cittadine d’Europa dobbiamo prendere la parola in prima persona.

Per questo, un gruppo di persone (Paola Caridi, Micaela Frulli, Giuseppe Mazza, Evelina Santangelo e chi scrive) ha preso l’iniziativa, subito largamente condivisa, di dedicare il giorno dell’Europa, domani 9 maggio, a quello che abbiamo chiamato l’Ultimo giorno di Gaza. Un’immagine estrema: che gli eventi delle ultime ore rischiano di fare diventare letteralmente vera. Non una singola manifestazione con un palco, una regia, degli oratori: ma una rete aperta a tutte e tutti, sia a chi vuole organizzare qualcosa nello spazio reale (e l’elenco si infittisce ogni momento), sia a chi vuole dire qualsiasi cosa sui propri account social. Tutto unito dall’hashtag #ultimogiornodigaza, o #gazalastday. Naturalmente è solo un sussurro, è poco, è il minimo: ma è l’inizio d’un percorso dal basso per rompere il silenzio colpevole che ci fa complici d’un governo criminale. A noi, cittadini di Stati alleati con Israele, verrà chiesto conto di Gaza, della sua morte. Prendiamo la parola, prima che sia davvero troppo tardi.

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