ATTAC: “LA CURA DEL FUTURO”. UNIVERSITÀ ESTIVA 2024 da ATTAC e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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ATTAC: “LA CURA DEL FUTURO”. UNIVERSITÀ ESTIVA 2024 da ATTAC e IL MANIFESTO

“La cura del futuro” Presentazione dell’Università estiva 2024

 Attac Italia  17/06/2024

È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. Così scriveva il filosofo Mark Fisher, rendendo palese una contraddizione fondamentale che attraversa il tempo presente.

L’economia capitalistica è senza dubbio il “sistema” che domina il nostro pianeta e la nostra società umana e, contemporaneamente, mentre produce una massa imponente di beni effimeri destinati a diventare rifiuti e una concentrazione di ricchezza finanziaria per élite, sta consumando rapidamente il futuro di tutte e tutti.

Che in gioco ci sia il futuro, nel senso più profondo del termine, è sotto gli occhi di tutti.

La guerra, divenuta lo strumento privilegiato della riorganizzazione geopolitica planetaria, rischia di farci precipitare (se già non siamo immersi) dentro il terzo conflitto mondiale.

La crisi eco-climatica, giunta a livelli ben oltre la soglia di guardia, rischia di rendere inabitabile il pianeta per sempre più estese fasce di popolazione.

La disuguaglianza sociale, che ha raggiunto dimensioni sinora mai conosciute, sta di fatto polarizzando le esistenze delle persone in vite degne e vite da scarto.

La democrazia, resa orpello formale dei grandi interessi finanziari, non solo viene espropriata, ma rischia addirittura di smettere di essere desiderabile per le fasce più svantaggiate della popolazione.

 Nonostante queste evidenze, l’idea che il modello capitalistico sia una costruzione storica e non una dimensione metafisica dell’esistenza umana fatica a trovare spazio, e, dentro le culture dominanti, in maniera trasversale agli schieramenti politici, resta preponderante la convinzione che l’insieme di queste crisi non abbia alcuna pregnanza “sistemica”, ma che, al contrario, saranno ancora una volta il mercato e le innovazioni tecnologiche (questa volta “green” e “digital”) a rimettere il mondo sui giusti binari.

“Non è possibile risolvere i problemi utilizzando lo stesso modello di pensiero che li ha creati” diceva Albert Einstein e noi condividiamo che il problema non sia solo rimettere il mondo sui giusti binari, ma mettere radicalmente in discussione la direzione verso la quale quei binari portano.

Come Attac Italia siamo da sempre impegnati su questo terreno e abbiamo dedicato le precedenti sessioni della nostra annuale università estiva alla costruzione di una nuova visione del mondo che abbiamo denominato la società della cura, come alternativa radicale alla società del profitto.

Dopo decenni di ideologia del profitto che hanno costretto le persone a vivere nella solitudine competitiva, crediamo che il paradigma della cura -di sé, delle altre e degli altri, del vivente e del pianeta- possa diventare l’elemento di convergenza di tutte le culture ed esperienze altre: sia perché rappresenta ciò di cui c’è assoluto bisogno in un momento storico in cui è a rischio l’esistenza della vita umana sulla Terra, sia perché intorno a quel paradigma è possibile costruire una nuova società, che sia ecosocialista e femminista invece che capitalista e patriarcale; equa, inclusiva e solidale invece che predatoria, escludente e diseguale.

 La riflessione prosegue quest’anno, e lo facciamo attraverso diversi seminari.

Il primo si intitola “Il futuro nelle mani della finanza?” e affronteremo, da un lato, il tema dell’economia come sfera non autonoma con regole oggettive e indiscutibili, bensì come parte piena della politica, ovvero funzione di scelte con obiettivi precisi; dall’altra, il tema del potere finanziario così come si è venuto a creare e ad accentrare negli ultimi decenni. Ne discuteremo con Clara Mattei (docente di Economia presso la New School for Social Research di New York) e con Alessandro Volpi (docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa).

Il secondo si intitola “Il futuro nelle mani della guerra?” e affronteremo, da un lato, il tema di come la guerra, sia quella combattuta, sia quella che sta penetrando nella cultura e nella società, pregiudichi la democrazia e i diritti; dall’altra, il tema dell’Europa e della sua deriva bellicista, a maggior ragione dopo le ultime elezioni europee. Ne discuteremo con Federica D’Alessio (giornalista e redattrice di Micromega) e con Stefano Risso (di Attac Italia)

Il terzo seminario si intitola “Il futuro nelle mani del fossile?” e affronteremo, da un lato, il tema degli interessi profondi che ostacolano la svolta energetica in direzione dell’abbandono del fossile; dall’altra, il tema delle alternative a partire dalla campagna Climate Jobs lanciata da Fridays For Future. Ne discuteremo con Elena Gerebizza (ricercatrice e campaigner di ReCommon) e con Beatrice Negro (ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa).

Il quarto seminario si intitola “Il futuro nelle mani dell’Intelligenza Artificiale?” e affronteremo, da un lato, il tema di come l’avvento dell’Intelligenza Artificiale impatterà sull’organizzazione della società e sulla vita delle persone; dall’altro, il tema di come l’Intelligenza Artificiale costringa a ridefinire l’insieme dei diritti individuali e collettivi. Ne discuteremo con Marco Schiaffino (giornalista ed esperto di nuove tecnologie) e con Michela Tuozzo (ricercatrice di Diritto Costituzionale presso l’Università di Napoli Federico II).

La sessione si chiuderà con una tavola rotonda che si intitola “Dov’era l’Io, fare il ‘noi’. Le alternative” nella quale, alla luce delle considerazioni emerse nei precedenti seminari, cercheremo di fare il punto sulla costruzione di un’alternativa di società, che parta da un diverso paradigma culturale -dall’Io al ‘noi’- e che rifletta sulle potenzialità e i limiti attuali dei movimenti sociali. Ne discuteremo con Lara Monticelli (docente di sociologia presso la University College of London e coordinatrice della rete Alternative to Capitalism), Marco Rovelli (scrittore e musicista), Maria Francesca De Tullio (della Rete nazionale beni comuni) e Marco Bersani (di Attac Italia)

Sarà un’Università organizzata come uno spazio aperto, dove chiunque potrà venire ad ascoltare o proporre proprie riflessioni, insieme ad alcune persone più “esperte” che abbiamo invitato per socializzare il proprio sapere e facilitare il confronto collettivo.

Vi aspettiamo

 Tutte le informazioni sull’Università estiva 2024 di Attac Italia sono disponibili qui

Veneto, la regione scopre il cambiamento climatico

Clima. Padova, metà del suolo è impermeabilizzata. Ad agosto 2024 si è registrata in regione una temperatura media di 24,1 gradi

Luca Martinelli  06/09/2024

In Veneto si sono resi conto che i cambiamenti climatici colpiscono anche il loro territorio, che nessuna autonomia potrà salvare l’area tra Verona e Belluno dal riscaldamento globale. Ieri è stato l’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin, esponente della stessa Lega di Matteo Salvini, quello che i ghiacciai fondono ciclicamente, a prenderne atto: «Nel mese di agosto 2024 in Veneto si è registrata una temperatura media di 24,1 gradi, un dato superiore di ben 3 gradi in più rispetto alla media del periodo 1991-2020. Le temperature minime, ovvero quelle notturne, registrano una media di addirittura più 3,2 gradi, mentre le massime di 2,9 gradi» ha detto, aggiungendo che «se a questi elementi aggiungiamo il rilievo che i picchi più rilevanti si registrano su Prealpi, Dolomiti e Pianura orientale, non possiamo che valutare questi dati come un segno evidente dei cambiamenti climatici in atto».

Bottacin, che commentava i dati dell’Arpav, l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale, ha segnalato tra l’altro numerosi record: i 14,1gradi sul Faloria a Cortina d’Ampezzo (2.235 metri sul livello del mare) e 19,7 gradi a Col Indes in Alpago (a 1.181 metri) nel Bellunese e 23,3 gradi a Passo Santa Caterina (a 807 metri) nel Vicentino. «La particolarità di questo periodo è ben evidenziata dall’andamento del numero di “notti tropicali” in cui la temperatura minima non scende sotto i 20 gradi» ha evidenziato l’assessore. L’agosto del 2024 ha regalato ai veneti circa 20 notti tropicali e questo «rappresenta un valore eccezionale nettamente superiore anche all’andamento medio registrato dal 1992 in poi. E decisamente superiore a quanto accaduto nel 2003, l’anno in cui si era registrato l’agosto più caldo prima del 2024». L’estate del 2003, che provocò decine di migliaia di morti in Europa, oggi diventata normalità.
Al dato delle temperature, evidenziano i ricercatori, fa da contraltare quello delle precipitazioni. Si stima infatti che siano caduti mediamente in Veneto 66 millimetri di pioggia, a fronte di una media del periodo 1994-2023 di 102, registrando un dato del 36% inferiore rispetto allo storico. In questo caso va peraltro evidenziato che si sono avute zone che hanno registrato precipitazioni oltre i 200 mm, come le stazioni di Chioggia – Sant’Anna nel Veneziano e quella di Rosolina – Po di Tramontana nel Rodigino, quella di Cima Canale di Visdende a Santo Stefano di Cadore, nel Bellunese, e altre dove praticamente non è quasi mai piovuto, in particolare nel Veronese (stazioni di Bardolino – Calmasino con 7 mm, Peschiera – Dolci con 8 mm, Castelnuovo del Garda con 12 mm).

Nonostante i dati che raccontano un’estate siccitosa, la media delle precipitazioni dell’anno idrologico 2023-24, ovvero il periodo che va da ottobre ad agosto, è stata in Veneto di circa 1.397 mm in media, a fronte di un dato storico raccolto tra il 1994 e il 2023 di 1.008 mm, quindi un più 39%. L’allarma più rilevante riguarda comunque le temperature: «Anche se il picco di agosto può rappresentare un’eccezionalità, i dati oggettivi registrati nel lungo periodo evidenziano comunque un aumento medio di 1,5 gradi della temperatura negli ultimi 30 anni – ha perciò concluso l’assessore Bottacin -. Il clima cambia e anche il modo di piovere cambia, con fenomeni molto concentrati nel tempo che possono provocare rilevantissimi danni. Ciò implica la necessità di attrezzarsi sia in termini di adattamento ai cambiamenti climatici che di mitigazione del rischio». Secondo l’assessore, in Veneto questo è stato fatto, con opere di difesa del suolo per oltre tre miliardi e mezzo di euro. Se da un lato il suolo si difende, dall’altro si consuma: la regione resta saldamento sul podio, secondo Ispra, con città come Padova dove la metà del suolo è impermeabilizzata.

Vicenza, ambientalisti e No Tav in difesa del bosco dei Ferrovieri

La manifestazione. Fino a domenica il Climate camp: dibattiti, spettacoli e musica. E sabato il corteo: salute, ambiente, pace e democrazia per tutti

Riccardo Bottazzo, VENEZIA  06/09/2024

«È salendo sugli alberi, che possiamo vedere un futuro migliore», si legge nel manifesto del Climate Camp 2024. Gli alberi in questione sono quelli del quartiere popolare I ferrovieri, situato nella prima periferia ovest di Vicenza. Alberi a rischio di abbattimento per far posto a un contestassimo cantiere della Tav: 25mila metri quadrati di verde in mezzo ai quali, sino a metà degli anni Ottanta, sorgevano gli impianti di pettinatura della storica azienda vicentina Lanerossi. Oggi l’area è un polmone verde che regala ossigeno a tutta la città e per difenderla è si è mobilitato l’intero arcipelago ambientalista del Veneto. Wwf, Legambiente, Fridays for Future, Europa Verde e Italia Nostra, hanno solidarizzato con i giovani degli spazi sociali cittadini, come il Bocciodromo e il Caracol Olol Jackson, che lo scorso aprile sono «saliti sugli alberi», per l’appunto, e hanno occupato il bosco, organizzandovi concerti, performance e incontri. Sino a domenica prossima, il bosco dei Ferrovieri ospiterà il Climate Camp, giunto alla sua quinta edizione. Climate Camp che, per l’occasione, si è spostato dal Lido di Venezia per contribuire a difendere il bosco di Vicenza dalle ruspe della Tav.

L’idea iniziale era di organizzare il Camp a Cortina d’Ampezzo dove la Lega e il presidente della regione, Luca Zaia, hanno sponsorizzato una vera propria devastazione ambientale per far spazio a una criticissima pista da bob che è costata l’abbattimento di una dei lariceti più importanti delle Dolomiti. Un impianto sportivo che, tra le altre cose, quasi sicuramente non sarà agibile per le prossime olimpiadi. «La decisione di spostare il Climate Camp a Vicenza – spiega Francesco Pavin, portavoce del Bocciodromo – non è un cambio di rotta, perché quanto accade nella città berica è lo specchio dello stesso paradigma speculativo che sta dietro a Milano Cortina 2026, caratterizzato da valorizzazione immobiliare, spoliazione del territorio, coinvolgimento di grandi interessi economici, processi decisionali quantomeno opachi che non tengono contro degli impatti ambientali e sociali».

Il progetto dell’alta velocità a Vicenza ha un costo stimato di 2,2 miliardi di euro per soli 6 chilometri di ferrovia e comporta una cementificazione di 250 mila metri quadri per la realizzazione di cantieri nel cuore della città con conseguente abbattimento di case, aree verdi e boschi. «Quanto sta accadendo a Venezia, col caso giudiziario che ha coinvolto la giunta del sindaco Luigi Brugnaro – continua Pavin – è lo specchio dello stesso modello di sviluppo che ha progettato la Tav a Vicenza. Da un lato una cementificazione forsennata con relativi tassi d’inquinamento tra i più alti d’Europa, dall’altro un sistema di clientele con mutui beneficio tra politici, imprenditori e grandi gruppi industriali che creano da sempre un contesto in cui gli interessi economici dei privato dettano le decisioni pubbliche». Dibattiti, spettacoli teatrali, laboratori, concerti, socialità e pratiche di resistenza, ma anche di lotta. Domani, alle ore 17 da via Maganza, partirà un corteo. La direzione? Quella opposta alla Tav, naturalmente: la meta non sarà il profitto di pochi ma salute, ambiente, pace e democrazia per tutti

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