VILLONE: “COSÌ È UN IMBROGLIO. IL QUESITO APPROVATO LEGITTIMA CALDEROLI” da IL FATTO
Referendum sull’Autonomia, ora De Luca mette a rischio l’esito finale
BILANCIO – Arriva il doppio sì dell’Emilia Romagna. Calderoli ammette: “Risorse per i Lep solo dal 2026”
WANDA MARRA 11 LUGLIO 2024
Mentre la battaglia contro l’Autonomia differenziata va avanti nel caos creato dalla scelta di presentare un secondo quesito che di fatto rischia di legittimare la riforma Calderoli, lo stesso ministro ammette durante il Question time alla Camera: “Le risorse necessarie per il finanziamento degli eventuali oneri derivanti dai Lep individuati potrebbero essere stanziate soltanto a partire dalla legge di bilancio 2026 e non dalla prossima legge di bilancio”. Dicendo di fatto nero su bianco come l’Autonomia differenziata sia una scatola vuota, seppur pericolosissima. Perché poi nessuno è in grado di capire davvero quanto costa. Tanto è vero che ieri Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, ha dichiarato in audizione alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale: “Alla luce delle variazioni intervenute, con riferimento alla manovrabilità e alla flessibilità delle entrate è importante procedere all’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che rappresentano un prerequisito essenziale per valutare le risorse necessarie a finanziare in ciascuna regione le funzioni fondamentali e i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale”.
Nel frattempo, ieri è toccato all’Emilia-Romagna dire di sì alla richiesta di referendum abrogativo. “Con una maratona di 24 ore d’aula per superare l’ostruzionismo della destra – sottolinea il quasi ex presidente della Regione, Stefano Bonaccini – l’Assemblea legislativa della nostra Regione, dopo quella della Campania di lunedì, ha appena votato due quesiti referendari per cancellare la proposta sbagliata e divisiva del governo e, in subordine, per stabilire che prima di devolvere qualsiasi funzione, il Parlamento e il governo debbano definire e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni per tutto il Paese”. Bonaccini ci tiene, non a caso, a citare pure il secondo quesito, che è stato formulato secondo le sue indicazioni.
Ed è proprio su questo che la macchina referendaria ha rischiato (e rischia) di andare in tilt. Perché Vincenzo De Luca, nella foga di porsi come il capofila della battaglia, ha fatto una corsa ad approvare i due quesiti (il primo è quello di abrogazione totale, che però rischia il no della Consulta, causa il collegamento al bilancio), pur approvando il secondo quasi alla chetichella. Perché De Luca sa benissimo che politicamente rischia di essere un boomerang, legittimando di fatto la riforma. Ma sostanzialmente, al momento in cui l’ha approvata, il fatto che lui abbia dei dubbi non cambia nulla: perché le Regioni devono necessariamente dire di sì agli stessi testi, visto che ne servono 5 per chiedere il referendum.
Martedì è stata una giornata complicata, con i voti previsti nelle varie Regioni che slittavano. Era previsto per quel giorno un voto in Basilicata, la Toscana è stata rimandata al 16. E un certo malumore serpeggia, sia tra i parlamentari di opposizione, che nelle giunte regionali. Perché a volere il secondo quesito è stato Bonaccini, che è tutt’altro che contrario all’autonomia in sé stessa (per quanto si sia scagliato contro quella targata Calderoli). Ma mentre le Regioni, coordinate da Alessandro Alfieri, lavoravano a scriverne almeno un altro, De Luca ha fatto l’accordo in fretta e furia. “Speriamo che non abbia fatto qualche errore nel testo, se no il rischio è che tutto finisce nel nulla”, i commenti di questi giorni.
C’era stato pure un tentativo in extremis, martedì pomeriggio, di scrivere un terzo quesito sul quale raccogliere le firme. Ma poi si è rinunciato: perché l’effetto confusione sulla cittadinanza era praticamente garantito.
Il sì dell’Emilia è particolarmente importante, visto che si tratta di un tema sensibile per una regione in passato tra le prime a firmare le pre-intese con il governo Gentiloni.
E il fatto che Elly Schlein abbia scelto di commentare pubblicamente la decisione (cosa che non aveva fatto lunedì per la Campania) illumina il dato politico della corsa e dei distinguo tra i vari presidenti di Regione.
Ieri poi la segretaria del Pd, durante un convegno in Senato, ha detto: “Siccome Autonomia e Premierato sono frutto di un cinico baratto, se ne fermiamo una le fermiamo tutte”.
Assist del Pd a Calderoli: serve un quesito incisivo
GIANFRANCO VIESTI 11 LUGLIO 2024
Si raccoglieranno le firme per un referendum abrogativo della legge 86/24 sull’autonomia regionale differenziata. Questa decisione, presa delle forze politiche di opposizione insieme a un vasto cartello di forze sociali (in primis CGIL e UIL) e di associazioni, è positiva; ma anche ricca di problemi: alcuni evidenti, altri più subdoli.
Appare positivo che si sia trovato un grande tema su cui le opposizioni convergono. La questione non è affatto tecnica ma tutta politica: riguarda chi detiene il potere in Italia; le forme di controllo da parte delle assemblee elettive e dei cittadini; l’organizzazione e l’efficacia dei grandi servizi pubblici, a partire da sanità e scuola; l’uguaglianza fra i cittadini nell’accesso a questi servizi. Prove di un programma comune?
Appare positivo che si sia quindi deciso di fare una grande campagna di informazione e di mobilitazione dell’elettorato, su un tema di cui gli italiani sanno ben poco. La cappa di silenzio dei mezzi radiotelevisivi (non imputabile certo al solo governo Meloni); l’approccio “distratto” di una parte rilevante dei grandi giornali; gli stessi silenzi e ambiguità, in passato, delle attuali principali forze di opposizione; l’interesse della maggioranza per l’assenza di dibattito pubblico, hanno fatto sì che sui reali contenuti e sulle possibili, radicali, implicazioni di questo processo sia calata una fitta coltre di silenzio.
Raccogliere le firme significa rivolgersi a tutti gli italiani. Ottimo, perché il rischio maggiore è che l’autonomia differenziata sia vista, riduttivamente, come un problema meridionale. Non è così. Come bene argomenta Stefano Fassina in un recentissimo volume, la secessione dei ricchi innesca processi negativi per l’intero Paese, ne stravolge gli assetti; rende l’Italia uno stato arlecchino pieno di inefficienze e conflitti. Ma questo implica che soprattutto il Pd dovrà parlare con forza del tema in tutte le aree del Paese, e non rivolgersi soltanto (come sostanzialmente fatto finora) agli abitanti del Sud continentale. Raccogliere le firme prevalentemente nel Mezzogiorno sarebbe una mezza sconfitta. Un grande rischio, in poco tempo. Ma ammirevole che lo si voglia correre.
Parlare agli italiani potrebbe, in ogni caso, far percepire a Fratelli d’Italia e Forza Italia il rischio di perdere consensi per la loro resa senza condizioni alle pretese leghiste; e rallentare i passi ancora da compiere (la legge approvata non produce alcun effetto concreto).
Fin qui gli aspetti positivi. Poi i rischi. Il primo, ovvio, sta nella difficoltà di raccogliere le firme d’estate, con le scuole e le università chiuse. Bisognerà puntare sul mondo della sanità (in larga misura contrario), tornare a parlare ai lavoratori. Non semplice. Si vedrà, tra l’altro, quanto per il Movimento 5 Stelle questo sia divenuto davvero un tema prioritario. Poi, la possibilità che la Corte Costituzionale dichiari il referendum inammissibile: cadrebbe lo strumento, ma potrebbe proseguire la campagna politica. Infine, la montagna più ardua da scalare: portare all’eventuale voto abrogativo nella tarda primavera 2025 la metà più uno degli elettori. Una vetta tutta da conquistare, difficilissima. Va purtroppo ricordato che, in ogni caso, eventuali intese sottoscritte nel frattempo fra governo e regioni non perderebbero validità.
Fra i partiti, i movimenti e i costituzionalisti si discute se affiancare al quesito totalmente abrogativo altri quesiti parziali, che ne condividano il senso politico, a minor rischio di inammissibilità. Ma proprio su questo fronte, negli ultimi giorni è emersa una novità decisamente negativa. I 5 consigli regionali a maggioranza di centrosinistra stanno chiedendo anch’essi il referendum. Ma accanto alla proposta abrogativa il Consiglio regionale della Campania, il primo a muoversi, ha approvato una richiesta su un solo altro quesito che implicherebbe la mera “determinazione” dei Lep. Decisione assai negativa per più motivi, sottolineati per primo da Massimo Villone: sostanzialmente si accetta la legge com’è. Peggio: si accetta l’idea, propugnata da parte delle forze di governo, che l’unico problema stia in questo, e non nella cancellazione del Servizio sanitario nazionale o nel regalare a piccoli premier regionali fondi enormi da usare discrezionalmente. Una formulazione su cui gravano non solo le enormi contraddizioni del presidente uscente dell’Emilia, ma anche le ambiguità di quelli del Sud. Votare su questo quesito sarebbe imbarazzante; un autogol.
Appare quindi opportuno che la raccolta delle firme si distingua chiaramente dalle posizioni regionali, procedendo su un solo quesito, o su una rosa di richieste ben più incisiva. E soprattutto confrontandosi con i cittadini su una posizione politica chiara, nettamente contraria alla secessione dei ricchi.
“Così è un imbroglio. Il quesito approvato legittima Calderoli”
IL COSTITUZIONALISTA – “La proposta non tocca l’impianto dell’autonomia, è un regalo a Calderoli”
LORENZO GIARELLI 11 LUGLIO 2024
“Così è un imbroglio”. Il costituzionalista Massimo Villone è stato tra i primi a opporsi all’autonomia differenziata e, con una mobilitazione che ha coinvolto decine di giuristi ed esperti, ha sostenuto l’abrogazione totale del Ddl Calderoli. Secondo Villone però il percorso avviato dalle Regioni – ne servono 5 per chiedere un referendum alla Consulta – è un “pasticcio” che “rischia di trasformarsi in un assist a Calderoli”, perché oltre all’abrogazione totale propone un quesito aggiuntivo che non risolve le storture della legge. Colpa di Vincenzo De Luca (il primo, nella sua Campania, a far approvare i quesiti) ma non solo.
Professor Villone, i quesiti approvati rischiano di essere un autogol?
Sul quesito abrogativo non c’è nessun problema, lo si fa pur sapendo che c’è il rischio che venga considerato inammissibile, ma prevalgono ragioni di partecipazione popolare, di diffusione di consapevolezza, di opinione pubblica. Visto che però il rischio di inammissibilità c’è, è legittimo pensare a quesiti aggiuntivi. Il problema è cosa metterci dentro.
Quello approvato dalle Regioni non la convince?
C’è un singolo quesito che non coglie e non tocca l’impianto della legge. Condiziona l’operatività del Ddl alla “determinazione” dei Lep, neanche al loro finanziamento o all’erogazione delle prestazioni minime. Infilarsi nel campo dei Lep non conviene: se col quesito si interviene sui fondi, allora il referendum rischia di non essere ammissibile, se invece si fa un quesito debole, il pericolo è quello di toccare una piccola parte dell’autonomia. Anche se approvato, si legittimerebbe tutto il resto, cioè l’impianto complessivo della legge.
Cosa si sarebbe potuto fare?
Dovendo pensare a un “paracadute” oltre all’abrogazione totale, sarebbe stato meglio avere più quesiti aggiuntivi in modo da toccare diversi punti centrali del Ddl. Per esempio, un quesito avrebbe potuto intervenire sulle competenze trasferibili alle Regioni. Oppure sulla norma transitoria che riprende le pre-intese firmate anni fa da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Con il testo approvato in Parlamento, queste Regioni possono ripartire da lì, avendo un vantaggio su tutte le altre. L’attuale strategia delle opposizioni quindi rischia di essere un favore a Calderoli.
C’è tempo per rimediare?
In teoria sì, dal punto di vista giuridico si possono ancora aggiungere quesiti. È vero che l’Emilia Romagna sta per andare al voto, ma il Consiglio è ancora operativo. Il problema è la volontà politica: immagino che De Luca, il primo a far approvare i quesiti, si sia mosso d’accordo con altri. Sappiamo dell’ambiguità dell’Emilia sull’autonomia e non vorrei che, alla fine, prevalesse la volontà di qualche governatore di guadagnarci qualcosa.
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