UNA PIAZZA PER L’EUROPA? CON BANDIERE DELLA LA PACE da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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UNA PIAZZA PER L’EUROPA? CON BANDIERE DELLA LA PACE da IL FATTO

Una piazza per l’Europa? Con bandiere della pace

Tomaso Montanari  4 Marzo 2025

Per cosa manifesterà la “piazza europeista” del 15 marzo? A giudicare dalle adesioni, chi ci sarà avrà idee molto diverse sull’Europa, anche radicalmente opposte. “Zero bandiere di partito, solo bandiere europee”: ha scritto l’ideatore della manifestazione, Michele Serra. Giusto, ma accanto alla bandiera europea dovrebbe essercene un’altra: quella della pace. Una bandiera che impedirebbe ai governi europei di mettere il cappello, anzi l’elmetto, a una manifestazione di popolo “per la libertà e l’unità dei popoli europei”. ‘Libertà’ è la parola con cui JD Vance è venuto in Europa a predicare l’osceno verbo trumpiano Make Europe Great Again. Ma non è evidentemente quella, la libertà che vorremmo: e allora qual è?

La risposta dei governi europei – riuniti a Londra, cioè significativamente fuori dall’Unione – è stata chiara: la libertà di armarsi e prepararsi alla guerra. Tutta la spesa pubblica che fino a ieri pareva impossibile all’Europa dell’austerità e del mercato, oggi è magicamente disponibile: purché quei soldi si spendano in armi. Bisogna difendersi dal nuovo Hitler, ci si dice. Dimenticandosi che era lo stesso Putin che, nel 2001, combatteva come campione dei valori occidentali contro l’impero del male islamico: precedente che dovrebbe insegnare a diffidare dalla propaganda che incita alla guerra. Il ceto di governo europeo che si è pervicacemente rifiutato di provare a mettere al tavolo delle trattative Ucraina e Russia (perché non poteva farlo continuando a predicare una impossibile ‘vittoria’ contro la Russia nucleare), oggi ripete che la strada è “riarmare l’Europa”. Dove il prefisso è veramente inquietante: riarmarla, come prima della Seconda guerra mondiale. Con quale scopo? Difenderci dalla Russia, dalla Cina, da un’America impazzita (le cui basi nucleari costellano il nostro continente) che potrebbe attaccare la Groenlandia danese? Dove si ferma la retorica di un preteso realismo, che assomiglia sempre di più a un interessato terrorismo bellicista? Se dirotteremo ciò che resta della spesa sociale in armi, non succederà forse che i cittadini europei, sempre più disperati e senza una vita decente, rifiuteranno definitivamente questa democrazia, portando le estreme destre al governo davvero ovunque? Un’Europa armata fino ai denti, ma senza unità politica e divisa in Stati-nazione governati da nazi-fascisti: l’idea di Ventotene rovesciata nel suo mostruoso contrario. Un rischio che mi pare decisamente più certo e attuale (nel senso che è già in atto in molti paesi) della volontà presunta di Putin di inghiottire tutta l’Europa.

Francesco Pallante ha sottolineato le responsabilità enormi dei tecnocrati ‘europeisti’ (stirpe oggi rappresentata da Mario Draghi, instancabile profeta delle armi), ricordando un agghiacciante passo dell’autobiografia di Guido Carli in cui si afferma candidamente il dogma per cui “l’Unione europea implica la concezione dello ‘Stato minimo’, l’abbandono dell’economia mista, l’abbandono della programmazione economica, la ridefinizione delle modalità di composizione della spesa, una redistribuzione delle responsabilità che restringa il potere delle assemblee parlamentari e aumenti quelle dei governi, l’autonomia impositiva per gli enti locali, il ripudio del principio della gratuità diffusa (con la conseguente riforma della sanità e del sistema previdenziale), l’abolizione della scala mobile […], la drastica riduzione delle aree di privilegio, la mobilità dei fattori produttivi, la riduzione della presenza dello Stato nel sistema del credito e nell’industria… l’abolizione delle normative che stabiliscono prezzi amministrati e tariffe”. È la fotografia millimetrica del disastro dell’Europa di Maastricht – un’Europa di capitali liberi e popoli schiavi –, della fine dello Stato sociale, della divisone radicale tra ricchi e poveri, della delocalizzazione della produzione; e anche, tutte intere, idee come l’autonomia differenziata, o la torsione esecutivista della democrazia (oggi da noi si chiama ‘premierato’, in Ungheria semi-dittatura). Tutti questi delitti sono stati commessi in nome dell’Europa: e oggi manca solo l’ultimo, quello della guerra.

Questa manifestazione può essere un coraggioso salto in avanti, che ci tiri dalla morsa di questa angoscia terribile. Ma non servirà, se tutto resta ambiguo e non detto: se non decidiamo, usiamo un’espressione cara a Stefano Rodotà, di invertire la rotta. “Qui o si fa l’Europa o si muore”, ha scritto Serra, ma se continuiamo a farla come l’abbiamo fatta, e ora imbocchiamo anche la strada della guerra, quella “o” disgiuntiva rischia di trasformarsi nella congiunzione “e”: si fa l’Europa e si muore. È per questo che la bandiera della pace accanto a quella europea direbbe la cosa più importante: stiamo dalla parte dei popoli europei, anche di quello ucraino. Li vogliamo vivi.

Euro-nani. Questa Unione europea più summit organizza e meno conta

ALESSANDRO ORSINI  4 Marzo 2025

L’Unione europea è garrula e faconda. Non c’è giorno in cui non rilasci una dichiarazione sull’Ucraina. E non c’è giorno in cui non organizzi un nuovo summit. Perché l’Unione europea parla così tanto? Per avere la risposta, occorre osservare il tipico comportamento dell’uomo di potere. Chi comanda parla poco. Chi ha il potere di decidere non si perde in polemiche e in riunioni estenuanti. Andreotti parlava poco. Non gli sarebbe mai venuto in mente di perdere il suo tempo a polemizzare con un consigliere comunale della Democrazia cristiana. Davanti a uno sgarbo, un diverbio, una polemica, Andreotti decretava la fine della carriera politica di quell’uomo. Con le dovute eccezioni, è possibile esprimere il rapporto tra loquacità e potere con una relazione bivariata: “Maggiore è il potere di un uomo, minore è la sua propensione alla discussione”. Di contro: “Minore è il potere di un uomo, maggiore è la sua propensione alla polemica”. Chi non ha potere strepita e si dimena. Ognuno usa le risorse che ha per raggiungere i propri fini. Molte persone povere ottengono ciò che vogliono dando di matto all’ufficio postale o a quello comunale.

Ebbene, l’Unione europea non fa altro che parlare della guerra in Ucraina perché non può decidere niente. È uno spettacolo avvilente. Per decidere qualcosa in quella guerra, occorrono tre risorse di base: moltissime armi, tantissimi soldi da buttare e una compattezza granitica.

L’Unione europea non ha niente di tutto questo. La guerra in Ucraina ha mostrato che i Paesi dell’Unione europea sono una nullità militare. Ha dimostrato anche che non hanno soldi grossi da investire nella guerra, con tanto di Germania in recessione, e che sono divisissimi. L’ultimo vertice di Londra presieduto da Starmer è stato un altro fallimento colossale. L’unica differenza rispetto a quelli precedenti è che è sfociato nel grottesco. Starmer e Macron hanno deciso di inviare un contingente anglo-francese, ma – ha precisato Starmer – soltanto se Putin sarà d’accordo. Putin ha detto di non essere d’accordo facendo apparire immediatamente i leader europei come un gruppo di falliti. Poche volte la storia pone un’intera civiltà nella condizione di non potere fare niente davanti al suo declino. È successo alla Cina con le guerre dell’oppio. Succede oggi alla civiltà europea davanti alla Russia. A parlar chiaro si fa prima. Nel giugno 2023, Putin ha trasferito un po’ di testate nucleari in Bielorussia e ha detto all’Occidente: “Gentilissimi signori, con riferimento a questa guerra, sono pronto a condurre un attacco nucleare. E voi?”. Ovviamente i Paesi dell’Europa hanno tremato perché la Russia ha 6000 testate nucleari. La Francia e l’Inghilterra ne hanno, rispettivamente, 270 e 220, senza missili ipersonici. Dal canto loro, gli Stati Uniti non ci pensano proprio a sparire dalla faccia della Terra per difendere il Donbass. Questo spiega l’umiliazione smisurata che Trump ha inflitto a Starmer, il 27 febbraio scorso alla Casa Bianca. Trump ha chiesto a Starmer: “Sei in grado di fronteggiare la Russia con le tue sole forze?” (Can you take on Russia by yourself?). È stata una delle scene più umilianti della storia della diplomazia moderna. Starmer è arrossito come uno scolaretto, consapevole che, in uno scontro uno contro uno, la Russia distrugge l’Inghilterra con un pugno. L’Unione europea dovrebbe porre un freno a tutti questi summit. Quanto maggiore è il numero di summit, tanto maggiore è l’evidenza della sua irrilevanza.

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