UNA NORIMBERGA PER IL PROCESSO DI ISRAELE da VOLERELALUNA e LAREGIONE
Una Norimberga per il Governo di Israele
Piero Bevilacqua 30-12-2024
Ormai dovrebbe essere chiaro. Per i palestinesi nel futuro prossimo non si intravedono altri esiti se non uno stillicidio ulteriore di morti, la più o meno completa inagibilità della striscia di Gaza, l’espulsione dalla Cisgiordania, una nuova e forse definitiva dispersione dei rifugiati nei territori arabi limitrofi. Gli equilibri internazionali delle potenze che si fronteggiano nella regione non fanno intravedere l’emergere di qualche forza in grado di obbligare Israele a fermarsi. Se ancora avessimo bisogno di conferme, il Governo di Netanyahu intende distruggere i palestinesi come popolo, annientare qualsiasi loro possibilità di resistenza, dunque continuerà la guerra a oltranza nelle più diverse forme. E sarà gran ventura se non l’estenderà apertamente contro l’Iran, indebolito dalla caduta di Assad in Siria. L’appoggio degli USA a Israele, rifornito da oltre un anno di tonnellate di bombe, non verrà meno, e Donald Trump minaccia di essere più guerriero di Joe Biden, uno dei presidenti più irresponsabili della storia americana.
I cittadini consapevoli che in Italia e in Europa assistono da mesi e mesi con impotente disperazione al massacro quotidiano di bambini, donne, medici, infermieri, giornalisti, volontari, non trovano conforto e via d’uscita neppure nelle risoluzioni della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) e nel rapporto del Comitato speciale della Nazioni Unite sulle pratiche israeliane nei territori occupati, presentato all’Assemblea Generale dell’ONU il 18 novembre 2024, che conferma il genocidio in atto. E neppure il mandato d’arresto di Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant, emanato dalla CIG, sembra avere una qualche efficacia, osteggiato e messo in discussione dagli USA, dai giornali padronali dell’occidente, da tutti coloro che hanno esultato quando lo stesso provvedimento ha colpito Putin. Naturalmente si tratta di condanne giuridiche che avranno un effetto profondo nel tempo. Ma, al momento, il cosiddetto ordine internazionale è diventato il diritto del più forte, quello degli USA, che dettano le regole del disordine globale.
Di fronte a questo scenario quel che possono fare i semplici cittadini, i gruppi, i movimenti e i pochi partiti disponibili, sono azioni di sensibilizzazione e di testimonianza. Confermare ai cittadini del mondo quel che essi sanno, nonostante le menzogne dei media: Israele sta consumando l’annientamento di un popolo. Ebbene, entro questi limiti io credo che potrebbe avere una grande eco e un forte impatto politico organizzare in qualche città d’Europa qualcosa di simile a un nuovo processo di Norimberga per i dirigenti d’Israele. Un processo apertamente politico, in cui vengono chiamati a svolgere il ruolo di giudici intellettuali di riconosciuto prestigio, giuristi, giornalisti, scienziati ecc. Il processo potrebbe diventare il luogo dove per diversi giorni sfilano decine di testimoni, vengono esibite in pubblico le prove del genocidio: filmati, registrazioni delle dichiarazioni dei governanti israeliani, testimonianze di medici, giornalisti, rappresentanti dell’UNRWA e delle varie Ong, di sopravvissuti, cittadini israeliani e palestinesi portatori di informazioni dirette.
Il processo avrebbe molti scopi, oltre a quello ovvio di concentrare in un punto le molte voci di condanna del Governo di Israele. Darebbe a tutti i gruppi oggi mobilitati in tante piccole iniziative un grande obiettivo comune, offrirebbe un nuovo scopo unificante ai movimenti per la pace, darebbe forza alla contro-narrazione che denuncia il gigantesco falso di chi vuol fare iniziare la guerra a Gaza il 7 ottobre 2023. E la documentazione del processo diventerebbe il grande archivio dove si custodiscono le prove inoppugnabili del genocidio. Un presidio di verità in grado di impedire che la storia la scrivano ancora una volta i vincitori.
Linee immaginarie, tragedia reale
Roberto Antonini 30/12/2024
La “line of dead bodies” non la troverete su nessuna mappa. E’ una linea immaginaria tracciata dai soldati israeliani nel nord di Gaza. Chi la supera, seppur inconsapevolmente, viene ucciso. Uomini, anziani, donne, bimbi. Il comandante della 252esima divisione così spiega nell’inchiesta pubblicata dal quotidiano Haaretz: “non raccogliamo i corpi, li lasciamo lì, così vengono mangiati dai cani”. I soldati sparano e ridono, si fanno i selfie. Un gruppo di 4 uomini finisce nel mirino dei loro fucili, uno solo viene lasciato in vita, rinchiuso in una gabbia, denudato, i militi gli sputano addosso. “Israele sta perdendo la propria umanità” titola il quotidiano, tenace voce della morale ferita di un ebraismo universalista purtroppo moribondo. Dopo aver bombardato l’ospedale Kamat Atwan a nord della Striscia facendo 50 morti, tra cui tre medici, l’ Idf ordina l’evacuazione totale e immediata: fuori, via in 15 minuti, tutti gettati in strada: malati, personale medico, ricoverati in terapia intensiva, pazienti attaccati a un ventilatore. “Cieca ferocia” commenta Laura Boldrini, ex portavoce dell’ Hcr. Una dottoressa canadese racconta di bimbi colpiti in testa dai proiettili degli sniper. La coordinatrice di Medici Senza Frontiere Caroline Seguin riesce a rimanere solo tre giorni a Gaza, quanto basta per farle dire: “è l’apocalisse, mai visto nulla del genere”, lei che ha conosciuto gli orrori della guerra in Iraq e Siria. E’ genocidio sentenziano lo storico della Shoah Amos Goldberg e un accurato rapporto di Amnesty: gli fa eco Human Rights Watch e sembra pensarlo pure papa Francesco. Liliana Segre, quasi a difesa di una sorta di monopolio della sofferenza contesta, ma ammette: genocidio no, crimini di guerra e contro l ‘umanità, da entrambe le parti, sì. Quasi fosse in fondo un male minore. “Sono saltate tutte le regole di guerra, oggi assistiamo a uno dei bombardamenti più letali della modernità” si può leggere nell’inchiesta realizzata dal New York Times. Nel suo articolo “La Guernica palestinese” il parlamentare della Knesset Ahmed Tibi chiede disobbedienza civile ma sottolinea con amarezza: “nessun pilota ha rifiutato gli ordini, sono stati distrutti ospedali, scuole, chiese, moschee, panetterie”. Sordi tutti o quasi al celebre richiamo di Antigone, che si ribella in nome della morale a Creonte, il re di Tebe: “ Io non pensai che tanta forza avessero gli ordini tuoi, da rendere un mortale capace di varcare i sacri limiti delle leggi non scritte e non mutabili”. Ogni evento storico è un unicum, eccidi compresi. La cautela è un caposaldo storiografico. La distanza tra Auschwitz e Gaza è enorme, scrive Gideon Levy, l’anti-Netanyahu per antonomasia. Ma il giornalista aggiunge “il paragone tuttavia non è più assurdo”: come non pensare all’olocausto quando sentiamo le urla che si alzano da sotto le macerie, dalle fosse comuni, da quella linea immaginaria dell’indecenza che condanna a morte anche bimbi disabili o persone affamate? Paragone infuocato che sarà certamente al centro di innumerevoli diatribe: Netanyahu, temendo l’applicazione del mandato di cattura della Cpi, non si recherà in Polonia in gennaio per la commemorazione dell’80esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Un’assenza che riconcilia con qualche scampolo di giustizia e che forse farà riflettere quella vasta schiera di spettatori che, di fronte a un ipotetico tribunale della Storia, non potrà schermirsi dicendo “non sapevamo”.
Osvaldo Bonini
1 Gennaio, 2025 at 09:43I due articoli sopra esposti sono molto interessanti e utili.
Vorrei rispondere al prof. Piero Bevilacqua che ,secondo me, prima di organizzare un tribunale simile a quello di Norimberga, è urgente tentare di organizzare un movimento nazionale che chieda al nostro Governo di rispettare l’obbligo derivante dalla Convenzione per la prevenzione e repressione del genocidio, di fare tutto il legalmente possibile perché il Governo di Israele interrompa il genocidio.
Intellettuali, dirigenti dei partiti e parlamentari dei partiti progressisti, associazioni pacifiste, l’ANPI, uominidiChiesa( vescovi cattolici, il Papa, sindacati democratici, uomini e donne di buona volontà, dovrebbero costituire un comitato nazionale organizzativo, dirigente e di coordinamento di gruppi provinciali che , per esempio, ogni sabato potrebbero manifestare davanti alle rispettive prefetture per fare la suddetta richiesta al nostro Governo.
Poi forse organizzare anche una manifestazione nazionale.
Io ricordo le manifestazioni studentesche contro la guerra del Vietnam negli anni 1966- 67, dovremmo cercare di fare qualcosa di analo go per fare interrompere il genocidio dei Palestinesi in atto e appoggiare i loro diritti di libertà e autodeterminazione.
Il tempo è ora, restiamo umani.
Grazie per l’attenzione.