UNA LEZIONE DI DIRITTO COSTITUZIONALE PER L’ESECUTIVO da IL MANIFESTO
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UNA LEZIONE DI DIRITTO COSTITUZIONALE PER L’ESECUTIVO da IL MANIFESTO

Decreto fuorilegge, il tribunale smonta la stretta sui migranti

CARTA VINCE. Catania, la giudice non autorizza le detenzioni dei richiedenti asilo. Serve una valutazione caso per caso. Bocciata anche la garanzia di 5mila euro. Le procedure accelerate in frontiera sono illegittime se lontane dal luogo di arrivo

Giansandro Merli  01/10/2023

«Alla luce delle considerazioni che precedono non sussistono i presupposti per il trattenimento del richiedente asilo». Può essere un terremoto la decisione che la giudice Iolanda Apostolico ha firmato venerdì nel tribunale di Catania. Per tre migranti su quattro non ha convalidato il trattenimento con identiche motivazioni, per l’ultimo ha decretato il non luogo a procedere perché l’uomo ha ritirato la domanda di protezione internazionale. Le «considerazioni che precedono» la decisione vanno a colpire uno dei punti su cui il governo ha scommesso di più in tema di immigrazione: detenere i richiedenti dei «paesi sicuri» durante l’iter per l’asilo. Magari non lontano da un charter pronto a partire per Tunisi.

Il trattenimento di chi chiede protezione è un’innovazione introdotta dal «dl Cutro». La scorsa settimana ha fatto scalpore perché uno dei decreti attuativi ha previsto una fideiussione di 5mila euro come unica alternativa alla privazione della libertà. Il tema, comunque, è un pallino della destra da molto più tempo: nella vicenda è coinvolto anche un decreto del Viminale datato 5 agosto 2019. Pochi giorni prima del Papeete.

I tre punti principali della sentenza catanese riguardano: fideiussione; provvedimento di trattenimento; procedure accelerate in frontiera. Per tutti e tre stabilisce che la normativa interna è in contrasto con quella europea e va dunque disapplicata.

Prima questione: il recente decreto attuativo del dl Cutro dice che i richiedenti che vengono da paesi sicuri, o quelli che tentano di eludere i controlli in frontiera, possono evitare la detenzione solo se consegnano il passaporto oppure stipulano, durante il fotosegnalamento, una fideiussione bancaria o assicurativa dell’importo di 4.983 euro. Il governo italiano ha scelto di vietare la possibilità che lo facciano terzi.

Come abbiamo denunciato sul manifesto di martedì, la norma è scritta in modo da rendere impossibile soddisfare quanto richiesto. Invece di definire un’alternativa alla detenzione, come previsto dalla «direttiva accoglienza» dell’Ue, secondo il tribunale si configura un «requisito amministrativo imposto al richiedente» per «il solo fatto che chiede protezione internazionale». Perciò è contrario al diritto europeo, comprese due sentenze della Corte di giustizia Ue. Almeno nel divieto a terzi di versare la garanzia finanziaria.

Punto secondo: la direttiva prevede che il trattenimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato. Non è il caso di quelli emessi dal questore di Ragusa. «Il giudice lamenta che manca una disamina caso per caso. Per esempio bisogna capire se la persona presenta vulnerabilità che la rendono incompatibile con il trattenimento», spiega Riccardo Campochiaro, avvocato di Asgi e presidente del Centro Astalli Catania che difende i tre migranti rimessi in libertà.

Ma è il terzo punto quello più importante: la sentenza stabilisce che la procedura accelerata in frontiera si può svolgere, come del resto è evidente dal nome, solo in frontiera. Questo tipo di iter semplificato è stato pensato a livello comunitario per chi fa domanda prima di entrare nel territorio di un paese membro. I richiedenti asilo coinvolti nella vicenda, invece, sono sbarcati il 20 settembre scorso a Lampedusa e trasferiti il 28 nel nuovo centro di Modica. Ma come è possibile applicare una procedura immaginata per chi non è ancora all’interno del territorio dello Stato in un comune dell’entroterra siciliano? Attraverso una finzione giuridica che ha preso forma con il decreto del Viminale del 5 agosto 2019.

Questo ha stabilito che le province di Ragusa e Matera vanno considerate zone di transito/frontiera. Aree dove è possibile realizzare centri di trattenimento per le relative procedure accelerate. Luoghi che secondo il governo non fanno parte del territorio nazionale. Tanto che nel dl Cutro è previsto che solo quando la domanda d’asilo ha esito positivo si ottiene «l’accesso al territorio nazionale». Si tratta di una evidente forzatura, che infatti il tribunale di Catania ha censurato. Stabilendo che quel tipo di trattenimento, diverso dalla detenzione nei Cpr, può realizzarsi solo dove la persona è entrata. Cioè Lampedusa. Qui però il governo avrebbe enormi problemi a costruire una struttura detentiva.

Il giudice ha poi stabilito che in virtù dell’articolo 10 della Costituzione si deve consentire allo straniero di entrare in Italia anche se viene da un paese sicuro. «Hanno gli stessi diritti degli altri richiedenti – spiega Campochiaro – Su di loro grava solo un maggior onere della prova».

La sentenza catanese ha mandato su tutte le furie il governo. Il vicepremier Matteo Salvini (Lega) ha promesso una riforma della giustizia «presto e bene». Mentre il deputato di FdI Tommaso Foti ha espresso «più sdegno che sorpresa» per la decisione. Intanto il Viminale ha comunicato che farà appello. Adesso bisognerà vedere cosa decideranno gli altri giudici nelle prossime udienze di convalida, anche se la sentenza è considerata solida, e poi capire come si muoverà il governo.

Una lezione di diritto costituzionale per l’esecutivo

LA FORZA E LA LEGGE. I provvedimenti con cui il tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di tre migranti tunisini presso il centro per i richiedenti asilo di Pozzallo sono una lezione di […]

Francesco Pallante01/10/2023

I provvedimenti con cui il tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di tre migranti tunisini presso il centro per i richiedenti asilo di Pozzallo sono una lezione di diritto costituzionale per il governo.
A venire in evidenza sono soprattutto due profili: la gerarchia delle fonti del diritto e i rapporti tra diritto statale e diritto europeo.

Sembra incredibile doversi soffermare sul primo punto, per ribadire che la Costituzione prevale sulla legge, sugli atti aventi forza di legge, nonché, a maggior ragione, su tutti gli atti subordinati alle fonti legislative (i decreti governativi: siano essi adottati dall’intero governo, dal solo presidente del Consiglio o da uno o più ministri). Se il Governo – che è, oramai, il vero legislatore nel nostro ordinamento di fatto – approva norme contrarie alla Costituzione, allora la magistratura (a seconda dei casi: la Corte costituzione o i giudici) le annullerà.

Quanto al secondo punto, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 11 della Costituzione, la partecipazione dell’Italia all’Unione europea comporta che, nelle materie affidate alla competenza di quest’ultima, se vi è compresenza di diritto europeo e di diritto italiano, a trovare applicazione sarà il primo, con contestuale disapplicazione del secondo (salvo nell’ipotesi, sinora mai verificatasi, in cui il diritto europeo dovesse porsi in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione).

In caso di compresenza, non è nemmeno necessario procedere all’annullamento delle norme dell’ordinamento italiano: semplicemente, qualsiasi operatore giuridico – dai giudici alla pubblica amministrazione – applicherà direttamente il diritto europeo e non quello italiano.

Dalla combinazione dei due profili deriva che una norma dell’ordinamento italiano che sia in contrasto con il diritto europeo o con la Costituzione o con entrambi non ha alcuna possibilità di trovare applicazione. È quanto già accaduto con i provvedimenti che miravano a impedire alle navi delle Ong di salvare i naufraghi, contro il disposto di una consuetudine internazionale millenaria avente rango costituzionale in forza dell’articolo 10, comma 1 della Costituzione. Ed è esattamente quanto accaduto nel caso deciso dal tribunale di Catania, la cui decisione ha posto nel nulla il decreto interministeriale del 14 settembre 2023 che dispone il trattenimento dei richiedenti asilo privi di passaporto che non prestino la garanzia finanziaria ivi prevista (gli oramai famosi 4.938 euro).

Nel merito, a rendere vana l’iniziativa del governo è l’operare: (a) della disposizione costituzionale sul diritto di asilo (art. 10, comma 3), interpretata dalla Corte di Cassazione nel senso che anche i migranti provenienti da paesi considerati sicuri (come la Tunisia) possono comunque entrare nel territorio italiano per richiedere la protezione internazionale; e (b) della direttiva 2013/33/UE, interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel senso che il trattenimento dei richiedenti la protezione internazionale può essere disposto solo nel caso ne siano adeguatamente motivate la necessità e la proporzionalità (mentre, nel caso di specie, il provvedimento di trattenimento non motiva la mancata adozione di misure meno coercitive).

Insomma: secondo la Costituzione e il diritto europeo, chi richiede la protezione internazionale ha diritto a entrare in Italia e, salvo motivate esigenze contrarie, a non essere trattenuto nell’attesa di ricevere risposta.
Al governo tutto ciò non piace? Se ne faccia una ragione. In un ordinamento costituzionale, nessun potere può tutto quel che vuole: nemmeno il popolo, la cui sovranità, lungi dall’essere illimitata, è sempre vincolata a esprimersi «nelle forme e nei limiti della Costituzione».

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