TRUMP, UN APPRENDISTA STREGONE DI FRONTE ALL’ORDINE MONDIALE da INTERNAZIONALE e CSSREGIS
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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TRUMP, UN APPRENDISTA STREGONE DI FRONTE ALL’ORDINE MONDIALE da INTERNAZIONALE e CSSREGIS

Trump, un apprendista stregone di fronte all’ordine mondiale


Pierre HaskiFrance InterFrancia 20/01/2025

Oggi il mondo sta cambiando, anche se spesso non ce ne accorgiamo. In questi giorni potremmo facilmente interpretare i primi passi di Donald Trump come le solite eccentricità, prima che la vita torni alla sua normalità. Ma sarebbe un errore.

Il mondo sta davvero cambiando. Per rendersene conto basta leggere il discorso pronunciato al senato americano la scorsa settimana da Marco Rubio, il capo della diplomazia scelto da Trump. Rubio ha ammesso che gli Stati Uniti hanno beneficiato abbondantemente dell’ordine mondiale emerso alla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, ma ha anche aggiunto che “l’ordine mondiale del dopoguerra non è solo obsoleto, è diventato un’arma usata contro di noi. […] Ancora una volta siamo chiamati a creare un nuovo mondo libero a partire dal caos”.

Finora ci eravamo convinti che gli Stati Uniti volessero difendere l’ordine mondiale dai “revisionisti” russi e cinesi, ma Rubio ha appena annunciato che anche l’America vuole ribaltare l’ordine attuale e crearne uno nuovo.

L’ordine del 1945 era fondato sulla gestione collettiva delle questioni globali, con la creazione delle Nazioni Unite e di un ventaglio di organizzazioni multilaterali. All’interno di queste istituzioni il peso degli Stati Uniti era dominante, in particolare durante la guerra fredda.

Trump non crede più in questo sistema. Il presidente eletto vuole dominare il nuovo ordine mondiale attraverso la potenza dell’America. È un cambio di paradigma riassunto dall’ormai famoso slogan “America First”. Per dirla con le parole di Rubio, “sarebbe impossibile andare avanti senza un’America forte e fiduciosa che agisca nel mondo mettendo i propri interessi nazionali al di sopra di tutto”.

L’ordine del 1945 è sotto attacco, non soltanto da parte di Mosca e Pechino, ma anche dei paesi del sud del mondo che sono rimasti esclusi dai centri decisionali. Trump va incontro a questa rivendicazione chiedendo una leadership americana basata sui rapporti di forza.

È chiaramente un ritorno alle logiche imperiali del diciannovesimo secolo, ma è anche un approccio realista? Anche se nella visione del mondo basata sulla forza e non più sul diritto c’è qualcosa che ricorda l’apprendista stregone, resta il fatto che tra qualche ora Trump tornerà alla guida del più potente esercito mondiale, sostenuto dalle più grandi società del settore tecnologico i cui amministratori delegati saranno in prima fila a Capitol Hill.

Questa aspirazione degli Stati Uniti, realista o meno che sia, avrà conseguenze pesanti per il resto del mondo, soprattutto perché non presta grande attenzione alle alleanze e agli interessi degli altri paesi. L’Europa ne risulta ovviamente indebolita, come ha sperimentato sulla sua pelle la Danimarca con la rivendicazione di Trump a proposito della Groenlandia. A Copenaghen serpeggia ormai il panico.

La stessa preoccupazione dovrebbe circolare a Bruxelles. D’altronde quale può essere la reazione europea quando Google annuncia che non rispetterà le regole comunitarie sul digitale ed Elon Musk non risponde all’ingiunzione della Commissione europea affinché faccia chiarezza sull’algoritmo di X/Twitter? Il rapporto di forze non è certo favorevole all’Unione.
Un sondaggio d’opinione mondiale pubblicato la settimana scorsa dal think-tank ECFR indica che gli europei sono tra i più pessimisti rispetto all’avvento di Trump. Ne hanno ben donde, perché rischiano di esserne i più penalizzati. Allacciate le cinture, turbolenze in arrivo!

Civiltà come modo di vivere

Johan Galtung  18 Gennaio 2025

Istituto per la Diplomazia Culturale, Berlino

Che buona idea, una conferenza su un mondo senza muri nel paese di Kant, che non mise mai all’opera la sua mente brillante a proposito dei muri fra le civiltà ma postulava un’ospitalità globale. Non ebbe la vita fitta di viaggi e di guai di un – diciamo – Ibn Khaldun, né una moglie orientale con categorie di pensiero diverse dalle proprie. Allora, che questo intervento serva anche da epilogo a un libro imminente della TRANSCEND University Press 2010, A Theory of Civilization.

Sei civiltà definiscono 15 muri, in termini religioso-filosofici, e oggi anche economico-politici, come modelli di sviluppo. Quindi scontri; il maggiore di essi, dimenticato da Samuel Huntington nel libro con un titolo preso da Bernard Lewis per cui l’Occidente sta contro tutto il Resto, è il colonialismo, l’imperialismo; la cui soluzione sta nel vincere, dominare. Ci sono altri modi: compromesso, trascendimento, nuove civiltà.

1^ – la civiltà occidentale secolarizzata giudeo-cristiana, politicamente-economicamente in due versioni, liberale – focalizzata su crescita economica, democrazia e diritti politici-civili – e marxista, focalizzata su distribuzione, bisogni basilari e diritti socio-economici. Fra le quali sorse inizialmente un accorto compromesso, un capitalismo social-democratico, lo stato assistenziale basato sul mercato e una rete di sicurezza orientata ai bisogni essenziali.

2^ – la civiltà islamica con cinque pilastri focalizzati sul senso comunitario e la condivisione, una base economica ma senza tetto, una comunità di consenso basata su Corano-hadith & Maometto come politico.

3^ – la civiltà hindu, una culla, un crocevia di tutte, incredibilmente svariata, ma con una violenza strutturale esclusiva delle caste inferiori, i senza-casta [dalit] e le popolazioni tribali [più antiche – ndt], come subumane.

4^ – la civiltà buddhista, focalizzata sulla crescita spiritual con un’economia né del troppo poco né del troppo in quanto d’impedimento alla crescita spirituale. E nonviolenza verso ogni forma di vita.

5^ – la civiltà cinese, che combina ingegnosamente i tre insegnamenti, san fa, dell’olismo taoista e della dialettica yin-yang, della saggezza confuciana come base di del potere, e il valore buddhista di ogni vita quale base di solidarietà. Eclettismo come mezzo e armonia sociale e mondiale come obiettivi, escludendone però i vicini dell’“hinterland” cinese.

6^ – la civiltà giapponese, basata su confucianesimo e buddhismo e un eclettismo che fonde stato e capitale, capitale e manodopera, e le rispettive intensità, ma anche sullo shinto che definisce il Giappone come un paese divino centrato su un imperatore.

E sta prendendo forma un  modello africano nero, basato su condivisione, distribuzione, solidarietà e democrazia come dialogo per il consenso.

Civiltà robuste, modelli robusti. Condannati a scontrarsi, isolarsi, o capaci di dialogo, selezione-compresenza mirata [ecletticità], trascendimento [dei dati storici espliciti – ndt] mediante una diplomazia culturale?

Problema chiave: l’Occidente, ma non per pretese di universalismo applicabile ovunque sempre; bensì per l’eccezionalismo USA, per un giudaismo che esclude i non-ebrei, e l’induismo castale che esclude i senza-casta. [Altrimenti] soddisferebbero tutte il criterio kantiano della universalizzabilità. Il problema è il singolarismo, la pretesa di essere i soli; l’arroganza incredibile della dottrina a senso unico, dell’assistenza allo sviluppo, dell’influenza culturale — di un colonialismo dove l’Occidente è riuscito a imparare nulla.

Proprio ora l’occidente dell’Occidente, gli USA, non solo stan perdendo il proprio impero, ma dopo le bolle speculative della borsa, delle abitazioni e della finanza in generale, arriva quella del dollaro USA, con il debito federale in aumento di 3,2 miliardi di $ al giorno dal 2006, i disoccupati di 7.300 al giorno dal 2008 e 1.400 posti di lavoro andati persi nel settore industriale ogni giorno dal 2006.  E due volte e mezza più denaro circolante, ossia stampato, che prima del tonfo del 2008 (Der Spiegel, nr.44-2010). Peggio che uno stato fallito: una società fallita.

Tutto ciò renderà l’Occidente meno arrogante, in grado d’imparare a badare ai diritti socio-economici, alla comunitarietà e alla condivisione, al né-troppo-poco-né-troppo, alla crescita spirituale, all’eclettismo economico e politico, e alla democrazia mediante il dialogo? All’armonia mediante benefici reciproci e uguali? Quanto meglio un paese occidentale riesce a imparare dal resto del mondo, tanto meglio andrà alla gente. E quanto più un paese non-occidentale si sviloppa per proprio conto, indipendente dall’Occidente, tanto meglio gli andrà; senza sminuire quel che può imparare dall’Occidente in quanto a dinamismo, transizioni democratiche e diritti umani.

Fin qui per quanto attiene a 5 delle 15 relazioni suddette risultanti con sei modelli. E le altre 10?

L’Islam ha lo stesso problema che l’Occidente, il vedersi non solo universale ma anche singolare. Ma l’islam apre a una terza possibilità oltre quelle di pace e guerra, rispettivamente le dar-al-islam e dar-al-harb: la dar-al-ahd, la convenzione, il trattato, l’accordo, come per la cooperazione buddhista-musulmana che ha gestito la Via della Seta per quasi un millennio. L’Occidente è ben più dualista e manicheo, propenso a considerare il non-Occidente inferiore, male.

E per l’induismo e gli altri? Molto problematico, incline a mettersi con altri dello steso stampo, come gli USA, eccezionalisti, e gli ebrei, eletti e con una terra promessa popolata da altri, in una triade USA-Israele-India grevemente militarizzata di stati pariah anti-pariah.

E col buddhismo? Troppo pluralistico e cooperativo, eclettico al punto dell’auto-distruttività, come con i monaci violenti in Sri Lanka, militari in Thailandia, kamikaze nel Giappone militare. Forse si dovrebbe incoraggiarlo al dialogo, non alla fusione, anche nel rapporto Cina-Giappone? Più autonomia. E proprio riguardo al rapporto Cina-Giappone, che cosa ne impedisce l’approccio CEE-UE in un’Unione Est-Asiatica (EAU)? Effettivamente solo il Giappone (come anche la Germania) legato al suo nuovo imperatore (nonché Führer) dopo il 1945, Washington, che ha sempre ragione (hat immer recht). Il che si esaurirà insieme all’impero USA, con allora una UE più forte e una EAU. E civiltà come regioni che si spera sappiano anche imparare da altri, per selezionare e giustapporre. E nell’orizzonte di un’organizzazione delle Civiltà Unite, che ne prenda il meglio da tutte, con l’Alleanza di Civiltà Zapatero-Erdögan all’ONU come inizio promettente.

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