SPESA ARMI 2022: “DUEMILADUECENTOQUARANTAMILIARDI!” da IL MANIFESTO
Spese militari al record storico di 2.240 miliardi
La Rete italiana pace e disarmo: “Serve inversione di tendenza per mitigare la minaccia esistenziale della crisi climatica”. Al via la Campagna Globale sulle spese militari
Rete Italiana Pace e Disarmo 25/04/2023
La spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2022 la somma record di 2.240 miliardi di dollari complessivi, che corrisponde ad una crescita del 3.7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Lo evidenziano le stime diffuse dal SIPRI di Stoccolma. In cifre si tratta di un aumento di ben 127 miliardi in un anno, che supera di gran lunga i 100 miliardi annui che sarebbero necessari a mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico ma che gli Stati del mondo non riescono a destinare a tale scopo, per scelte politiche miopi.
Secondo i dati appena diffusi la spesa militare statunitense è aumentata dello 0,7%, raggiungendo gli 877 miliardi di dollari: gli Stati Uniti restano di gran lunga al vertice della classifica, con il 39% della spesa militare globale (3 volte maggiore del Paese al secondo posto, la Cina). Pechino ha aumentato la propria spesa militare per il 28° anno consecutivo (+4,2% a 292 miliardi di dollari) raggiungendo il 13% della quota globale. A causa del conflitto sul territorio ucraino iniziato con l’invasione decisa da Putin si stima che la spesa militare della Russia sia cresciuta del 9,2% nell’ultimo anno, raggiungendo gli 86,4 miliardi di dollari (terzo Stato al mondo).
L‘Ucraina è entrata per la prima volta nella top 15 (all’11° posto) a causa di un enorme aumento del 640% della propria spesa militare. Il SIPRI segnala una riduzione della spesa militare italiana che invece non è riscontrabile nei dati di dettaglio sempre in crescita elaborati dall’Osservatorio Mil€x (e nemmeno da quelli NATO, per i quali vi è una sostanziale stasi).
Nel 2022 la spesa militare europea è aumentata del 13%, il più grande incremento annuale nella regione nel periodo successivo alla guerra fredda. La spesa totale di tutti i 30 membri della NATO ammonta a 1.232 miliardi di dollari nel 2022, pari al 55% della spesa complessiva.
I dati dell’Istituto di ricerca svedese confermano le preoccupazioni evidenziate dalla Dichiarazione congiunta della Campagna internazionale contro le spese militari GCOMS, diffusa durante le Giornate di Mobilitazione globale, focalizzata soprattutto sulla minaccia esistenziale derivante dalla crisi climatica. Secondo le Organizzazioni partecipanti (tra cui Rete Italiana Pace e Disarmo) l’aumento continuo delle spese militari “è incoerente con gli sforzi per raggiungere gli obiettivi essenziali di emissioni e aggraverà, non arginerà, l’emergenza climatica. La guerra e i conflitti armati non portano solo morte e distruzione, ma anche devastazione dell’ambiente e distruzione del clima”.
Nonostante i Governi continuino a ripetere che sono spese utili per la difesa “alla fine ci renderanno indifesi di fronte alla minaccia esistenziale rappresentata dalla crisi climatica”. Dopo aver elencato i motivi per cui le strutture militari mondiali contribuiscono alla crisi climatica la Campagna GCOMS evidenzia come “La leadership politica globale si è concentrata su scelte aggressive e militarizzate” che non fanno altro che alimentare “tensioni e paure invece di coltivare relazioni internazionali basate sulla fiducia reciproca, sulla diplomazia e sulla cooperazione – tre componenti essenziali per affrontare la natura globale della minaccia climatica”.
Di conseguenza “i fondi che potrebbero essere utilizzati per mitigare o invertire il dissesto climatico e per promuovere la trasformazione pacifica dei conflitti, il disarmo e le iniziative di giustizia globale, vengono invece spesi per militarizzare un mondo già troppo militarizzato” come i dati SIPRI appena diffusi dimostrano.
Per tali motivi la Campagna GCOMS chiede con urgenza ai Governi di:
- cambiare rotta e concentrarsi su tagli rapidi e profondi alle spese militari, che alimentano la corsa agli armamenti e la guerra
- smilitarizzare le politiche pubbliche, comprese quelle destinate ad affrontare la crisi climatica
- attuare politiche incentrate sull’umanità e sulla sicurezza comune, che proteggano le persone e il pianeta e non l’agenda del profitto delle industrie delle armi e dei combustibili fossili
- creare strutture di governance e alleanze basate sulla fiducia e la comprensione reciproca, sulla cooperazione e sulla vera diplomazia, in cui i conflitti vengono risolti attraverso il dialogo e non con la guerra.
Il costo opportunità di decisioni che scelgano altrimenti non potrebbe essere oggi più alto. La guerra ci costa un mondo!!
Il bazar della guerra non soffre crisi: 2.240 miliardi di dollari nel 2022
RAPPORTO SIPRI. Registrato un +3,7% in spesa militare globale, la metà investita dai paesi della Nato. Agli Usa il 39% della torta, seconda la Cina (ma spende un terzo di Washngton). Boom della Russia: non vende fuori, produce per sé.
Emanuele Giordana 25/04/2023
Lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), un centro di ricerca che studia le dinamiche militari, ci aveva già informato alla fine del 2022 sul fatto che l’industria delle armi non conosceva crisi e continuava a crescere in barba ai rallentamenti dovuti alla pandemia, alla crisi della logistica e agli effetti dell’inflazione.
Ieri il Sipri ha reso noti i conti finali di questo «nobile» commercio spiegando che la spesa militare globale totale è aumentata l’anno scorso del 3,7% in termini reali, raggiungendo un nuovo massimo di 2.240 miliardi di dollari.
Noi europei siamo messi bene con un aumento che vede un crescita senza precedenti. E sono messi bene anche i tre Paesi che più hanno investito nella macchina militare: Stati uniti, Cina e Russia (Washington e Mosca sono anche i maggiori produttori di armamenti) rappresentano infatti oltre la metà – il 56% – del totale mondiale. Gli Stati uniti si confermano ancora come il dominus: il maggior investitore militare del pianeta.
A GUIDARE la classifica della spesa militare è ovviamente il quadrante europeo della guerra in Ucraina. L’aumento più consistente della spesa (+13%) è stato infatti registrato nel Vecchio Continente proprio grazie alla crisi russo-ucraina.
Ma il Sipri mette la sua lente anche sull’Indo Pacifico, la regione che vede le maggiori tensioni geopolitiche e venti di guerra per ora ancora contenuti ma molto presenti sia nel vocabolario dei protagonisti sia nella corsa al riarmo. Cina e Giappone guidano un aumento costante della spesa in Asia e Oceania, soprattutto negli ultimi cinque anni: spesa che è stata di 575 miliardi di dollari, con un rialzo del 2,7% rispetto al 2021 e del 45% rispetto al 2013.
Pechino è seconda nel mondo per spesa militare (oltre 290 miliardi di dollari nel 2022, con un 4,2% in più rispetto al 2021). Anche il Giappone si dà da fare: la spesa militare nipponica è aumentata del 5,9% tra il 2021 e il 2022, raggiungendo i 46 miliardi di dollari (1,1% del Pil). La metà circa di quella russa.
SE L’INVASIONE dell’Ucraina e le tensioni nel quadrante indo-pacifico dominano l’aumento della spesa militare mondiale, quella degli stati dell’Europa centrale e occidentale nel suo complesso è stata, nel 2022, di 345 miliardi di dollari. C’è chi ha aumentato significativamente la sua spesa militare, dice il Sipri, e chi ha annunciato piani per aumentare i livelli di spesa, come per altro la Nato chiede da tempo.
Alcuni degli aumenti più marcati, aggiunge il centro di Stoccolma, sono stati osservati in Finlandia (+36%), Lituania (+27%), Svezia (+12%) e Polonia (+11%). La spesa militare dei membri dell’Alleanza atlantica è stata pari a 1.232 miliardi di dollari nel 2022, con uno 0,9% in più rispetto al 2021. La Gran Bretagna registra invece la più alta spesa militare dell’Europa centrale e occidentale con 68,5 miliardi, di cui circa 2,5 miliardi (3,6%) in aiuti militari finanziari all’Ucraina.
LA SPESA MILITARE russa è cresciuta di circa il 9,2% nel 2022, a circa 86,4 miliardi di dollari. I dati diffusi da Mosca alla fine del 2022 mostrano che il budget per la difesa nazionale è la componente più importante della spesa militare del Paese. Già sapevamo che i russi, grandi fabbricatori di armamenti, vendono meno armi all’estero proprio perché la produzione è rivolta al mercato interno, ossia alla guerra.
Naturalmente anche l’Ucraina ha comprato molto: la sua spesa militare ha raggiunto i 44 miliardi di dollari nel 2022, il più alto aumento annuale della spesa militare di un singolo Paese mai registrato nei dati raccolti dal Sipri.
Dall’Ucraina si salta agli Stati uniti, ancora una volta il più grande investitore militare del mondo. La spesa militare di Washington ha raggiunto gli 877 miliardi di dollari nel 2022, pari al 39% della spesa militare globale totale e tre volte superiore all’importo speso dalla Cina, il secondo Paese che spende di più al mondo.
Quanto all’aiuto militare finanziario degli Stati uniti all’Ucraina, il bilancio al 2022 è stato di quasi 20 miliardi di dollari nell’anno appena trascorso, il che rappresenta comunque solo il 2,3% della spesa militare totale americana.
L’anno scorso, dice il Sipri, gli Stati uniti hanno stanziato 295 miliardi di dollari per operazioni militari e manutenzione, 264 miliardi di dollari per appalti, ricerca e sviluppo e 167 miliardi di dollari per il personale militare.
OLTRE LA GUERRA ucraina e oltre i grandi investitori nel settore militare, un posto di rilievo lo merita l’India che con 81,4 miliardi di dollari si classifica quarta. Dietro l’India c’è l’Arabia saudita, il quinto più grande investitore nel settore militare, che aumenta la sua spesa del 16% per raggiungere un bilancio stimato di 75 miliardi.
Un passo indietro lo fanno invece la Nigeria, la cui spesa militare è diminuita del 38% a 3,1 miliardi di dollari, e la Turchia (“solo” 10 miliardi). Poi c’è il miliardo di Addis Abeba per la guerra nel Tigrai.
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