SOSPENDERE IL PONTE INUTILE E INSOSTENIBILE. NON LA CORTE DEI CONTI da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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SOSPENDERE IL PONTE INUTILE E INSOSTENIBILE. NON LA CORTE DEI CONTI da IL MANIFESTO

Sospendiamo il ponte inutile e insostenibile

GRANDI OPERE. Un dossier di Kyoto Club, Lipu e Wwf smonta pezzo per pezzo la «grande opera» sullo Stretto: «I flussi di traffico sono risibili e sarebbe una tassa per l’Italia»

Luca Martinelli  01/06/2023

Dieci anni fa, nell’aprile del 2013, la società che avrebbe dovuto realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina finì in liquidazione. Nel 2023, a fine maggio, il Parlamento ha approvato una nuova legge per fare il Ponte: sul sito del ministero della Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini è comparsa pure una sezione di FAQ, che si pronuncia fuck ma si legge frequently asked question, ossia tutto quello che avreste voluto sapere sul famigerato Ponte, compreso il fatto – virgolettiamo – che il progetto «costituisce il percorso finale di oltre quaranta anni di studi», ovvero di un’idea nata negli anni Settanta.

KYOTO CLUB, LIPU E WWF HANNO reagito all’approvazione del decreto legge che rilancia il progetto del 2011 del ponte ad unica campata, un’opera dal costo di 14,6 miliardi di euro e dal valore indeterminato (nel senso che i benefici non sono misurabili, né è certa la sua costruibilità), con un dettagliato dossier: Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte, a cui ha contributo un qualificato pool di esperti, fa il punto sulle principali questioni che rimangono irrisolte ed è la fonte di questo articolo.

FATTIBILITA’. NEL 2021 UN GRUPPO di lavoro dell’allora rinominato Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MiMS) evidenziò i punti di debolezza del progetto di ponte ad unica campata del 2011, quello redatto dal General Contractor Eurolink. In particolare, la scelta di ubicare l’opera nel punto di minima distanza tra Sicilia e Calabria, che allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, e quelli collegati al vento e agli eventi sismici (in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo). Inoltre, il ponte sospeso avrebbe una luce maggiore del 50% di quella del ponte più lungo ad oggi realizzato al mondo.

IL FRANCO NAVIGABILE. Il ponte nella parte centrale (pari a circa 600 metri) garantisce un franco navigabile di 65 metri, in presenza delle massime condizioni di carico, e di 70 metri, in assenza di treni e mezzi pesantisi ma questo, secondo il dossier, bloccherebbe il transito delle più grandi portacontainer in rotta dall’Oceano Indiano verso Gioia Tauro, cittadina calabrese sulla costa tirrenica, il più importante scalo italiano di transhipment.

IL COSTO E LA GARA. Secondo gli ambientalisti non è possibile ridare vita al contratto con Eurolink, decaduto dieci anni fa. Servirebbe una nuova gara. Inoltre, il prezzo di riferimento attualizzato, rispetto al valore originario del Ponte che era di 3,9 miliardi di euro del 2003, è oggi di 6,065 miliardi di euro, quindi quello attuale è ben oltre il limite massimo entro cui il valore di un’opera può crescere (50%) senza obbligare a una nuova gara.

GLI ASPETTI FINANZIARI. Sotto il profilo finanziario, inoltre, Kyoto Club, Lipu e Wwf evidenziano che il rischio dell’investimento e della gestione dell’infrastruttura sarebbero a carico pubblico: fu, del resto, il gruppo di lavoro del MiMS a sostenere che la brevità del percorso di attraversamento e delle relative opere connesse non consente di prevedere un numero di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire un’operazione di project financing.

IL TRAFFICO. Questo anche perché i flussi di traffico non ripagano l’opera. Lo spiegano i dati raccolti dal ministero (quello di prima): il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale (i pendolari) avviene da parte di passeggeri senza auto e complessivamente coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde sono 4.500 persone. Per quanto riguarda il trasporto su ferro il canone di utilizzo della infrastruttura ferroviaria sarà determinato, secondo quanto viene detto nel decreto legge sul ponte, in misura tale da perseguire la sostenibilità ambientale dell’opera, costituendo una vera e propria tassa sul trasporto ferroviario. Mentre il traffico su gomma previsto sarebbe di 11,6 milioni di auto, a fronte di una capacità annua della infrastruttura pari a 52,56 milioni, con un grado di saturazione modesto che non giustifica l’opera.

VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE. Secondo gli ambientalisti la procedura va rifatta perché – come viene stabilito nel Codice dell’ambiente – sono passati oltre cinque anni senza che il progetto sia stato realizzato. Inoltre, nel frattempo si è modificato l’articolo 9 della Costituzione, che oggi oltre al paesaggio tutela l’ambiente e gli ecosistemi. Il dossier ricorda comunque che nel 2013 la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS rilevò che nel progetto definitivo su 27 prescrizioni solo 6 risultavano ottemperate, 18 solo parzialmente ottemperate (tra cui gli aspetti geo-sismo-tettonici e idrogeologici) e 1 non ottemperata (2 non competevano al Ministero dell’Ambiente).

IL VALORE NATURALISTICO. Il ponte non è amico degli uccelli migratori, e sarebbe una barriera trasversale alla migrazione. Lo Stretto di Messina è un’area cruciale per la migrazione afro-euroasiatica in cui transitano centinaia di specie di uccelli, con passaggi stagionali nell’ordine delle decine di migliaia di individui di rapaci (38 specie) e nell’ordine dei milioni di individui per molte altre specie. Del resto è considerato uno dei punti di concentrazione della migrazione dei rapaci diurni e delle cicogne più importanti del Paleartico occidentale.

IL PAESAGGIO. Nel progetto del ponte sullo Stretto di Messina, osservano gli ambientalisti, manca dal punto di vista paesaggistico una visione olistica che consideri la armatura eco-paesaggistica dell’intera area e non c’è alcun rispetto dei vincoli e prescrizioni esistenti dettati dalla pianificazione territoriale locale.

LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE. I giuristi che hanno contributo alla stesura del dossier contestano la legittimità costituzionale delle norme introdotte nella legge di Bilancio 2023 e dal Dl 35/2023, per la sospetta violazione dell’articolo 9 e anche dei successivi articoli 32 (tutela della salute) e 41 (iniziativa economica privata) della Costituzione, perché la tutela del paesaggio e dell’ambiente rientra tra i principi fondamentali e prevale nel bilanciamento dei valori. «Le norme che dispongono la realizzazione di un progetto, privo di valutazione ambientale in spregio alla vocazione naturalistica dei luoghi di rara bellezza e fragilità in ambiti tutelati delle direttive comunitarie per la più alta concentrazione di biodiversità al mondo, sono irragionevoli in quanto non considerano l’opzione zero» scrivono.

Il Pnrr senza controllo. Fitto fa fuori la Corte dei Conti

Arriva l’emendamento del governo che esclude dalle verifiche la magistratura contabile

Andrea Colombo  01/06/2023

Ma quale fioretto: meglio l’accetta. Dopo le critiche della Corte dei Conti sulla marcia del Pnrr e l’irritazione somma del pilota Raffaele Fitto l’intervento del governo per imbavagliare la Corte era prevedibile. Sino all’ultimo però sembrava che il governo volesse usare la mano morbida e in questo senso pareva andare anche l’incontro fissato per oggi a palazzo Chigi con una delegazione dei magistrati contabili. Il ministro Fitto non si è accontentato. Ha insistito per la linea dura e la premier ha scelto di appoggiarlo.

Lo scontro si fa in due e io sfido a trovare una mia dichiarazione contro la Corte. Abbiamo il massimo rispetto per le istituzioni. Esigiamo lo stesso rispetto

IL GOVERNO HA PRESENTATO un emendamento al dl Pubblica amministrazione, in commissione alla Camera, che fissa due paletti. Il primo è la proroga al giugno 2024 dello scudo per il danno erariale del dirigente pubblico. Il secondo, ben più rilevante, limita il «controllo concomitante» in base al quale la Corte dei Conti, su richiesta delle commissioni parlamentari, può controllare in itinere i progetti volti a rilanciare l’economia nazionale e accertare «gravi irregolarità gestionali ovvero rilevanti e ingiustificati ritardi». Funzioni che la Corte potrà continuare a esercitare, salvo che in materia di Pnrr. L’emendamento esclude infatti dal controllo concomitante i progetti «previsti o finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza».

A SORPRESA, AL TERMINE della riunione della cabina di regia, proprio Fitto convoca sui due piedi una conferenza stampa, formalmente per illustrare la Relazione semestrale al Parlamento sull’attuazione del Piano. In realtà per rispondere alle critiche della Corte e giustificare la mano pesante. Scontro con la magistratura contabile? Ma quando mai: «Lo scontro si fa in due e io sfido a trovare una dichiarazione mia o del governo contro la Corte. Noi abbiamo il massimo rispetto per tutte le istituzioni. Certo esigiamo lo stesso rispetto».

La giustificazione addotta dal ministro è leguleia e puntigliosa. Lo scudo erariale è una norma del governo Conte già prorogata da quello Draghi. Perché dovrebbe fare scandalo un’ulteriore proroga? Il controllo concomitante, in vigore dal 2009, è rimasto nel cassetto fino al 2021: «Com’è che è stato tirato fuori dopo anni, sempre e solo a proposito del Pnrr e anche in violazione della norma per cui i controlli dovrebbero essere fatti dalla Corte dei Conti italiana insieme a quella europea?». E perché la Corte si permette di valutare gli obiettivi legati alla quarta rata quando la richiesta di quella rata non è stata ancora inoltrata?

INSOMMA, SOSTIENE tra le righe il ministro, non è il governo che sconfina per limitare i poteri della Corte ma la Corte stessa che esorbitava dai propri compiti. Con finalità politiche, fa capire anche in questo caso senza dirlo, Fitto. Però, scontri a colpi di regolamenti a parte, lo stato del Piano qual è? Qui il ministro, ma anche la premier Giorgia Meloni nella premessa alla Relazione semestrale, sono molto più vaghi. I rapporti dei singoli ministeri sulle modifiche da apportare al Piano nei settori di loro competenza non sono stati completati e l’unica data certa resta quella ufficiale del 31 agosto: «Non significa però che saremo pronti solo la sera del 30. Faremo prima, molto prima». Quanto prima non si può dire. Come non si può quantificare la percentuale degli obiettivi del Pnrr che dovranno essere sacrificati o radicalmente modificati. E la stessa situazione dei target da raggiungersi per la quarta rata, quella del 30 giugno, è a propria volta ancora incerta: «Faremo una valutazione attenta anche perché ci sono obiettivi intermedi a cui si deve rinunciare per raggiungere quelli finali», insomma scavallare la data del 30 giugno per quanto riguarda gli asili nido, giura il ministro, non significa rinunciare agli asili ma mettersi in condizione di centrare l’obiettivo. Piano poi con l’accusa di essere in ritardo: i conti vanno fatti nel contesto europeo, tenendo conto di quanto ha chiesto l’Italia e quanto meno tutti gli altri. Si fa presto a dire «ritardo».

LA PREMIER AMMETTE che «la maggior parte delle amministrazioni ha registrato un livello di spesa inferiore alle previsioni». Colpa della guerra, sostiene, e degli shock energetici che «hanno fatto emergere nuove priorità e la conseguente necessità di aggiornare il Piano». Nessun problema davvero grave insomma. Soprattutto senza più le cornacchie della Corte dei Conti a menare gramo.

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