SCUOLA, ORA PURE LA FONDAZIONE CON I BIG DI INDUSTRIA E FINANZA da IL FATTO
Scuola, ora pure la fondazione con i big di industria e finanza
Valditara inaugura l’ente con Leonardo, Autostrade etc per distribuire solo 10 mln l’anno ma contare di più. Critica la Cgil: “Meglio tassare i loro extraprofitti”
VIRGINIA DELLA SALA 1 LUGLIO 2024
Per il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, si tratta di “una grande alleanza tra pubblico e privato”. Per Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, invece di “una operazione di filantropia fatta però da buona parte degli stessi, tra banche e società energetiche, che si sono opposti alle tasse sugli extraprofitti. Insomma, un’elemosina allo Stato”. Entrambi, su opposti fronti, commentano la nascita della “Fondazione per la scuola italiana”. Un’entità non profit targata UniCredit, Autostrade, Leonardo, Enel e Banco Bpm e che nel Cda annovera, tra gli altri, Fabrizio Palenzona, ex presidente Aiscat (le concessionarie autostradali) e reduce dalle dimissioni dalla Fondazione Cassa di risparmio di Torino.
Gli obiettivi. L’obiettivo della Fondazione è raccogliere 50 milioni di euro entro il 2029, 10 già quest’anno messi dai cinque componenti e altrettanti di anno in anno. Con quella che viene definita una “governance indipendente” il ministero li potrà dare alle scuole e ai progetti che preferisce “per recepire le esigenze territoriali”, recita il comunicato, al momento l’unico documento disponibile. Tra le altre motivazioni, la necessità di “un dialogo virtuoso tra pubblico e privato in particolare nei settori produttivi in cui più forte è il fabbisogno non soddisfatto di competenze professionali”.
L’attività iniziale – spiega il beninformato Formiche.net – prevederà anche “concessione di strumenti e materiali in comodato d’uso alle scuole”. In un secondo momento “la cittadinanza sarà coinvolta per potenziare la raccolta fondi e istituire borse di studio e bandi per gli istituti più meritevoli”. Infine, d’accordo col ministero, “verranno avviati progetti di volontariato per competenza e consolidato il marchio per iniziative di divulgazione e sensibilizzazione”.
Valditara sponsor. I privati entrano quindi a gamba tesa e con la “sponsorizzazione” dello stesso ministro, che da oltre un anno, d’altronde, sostiene la necessità di un coinvolgimento economico delle imprese. Ad aprile del 2023 lo ipotizzava per aumentare gli stipendi dei docenti: “Dobbiamo avere il coraggio, la capacità di trovare risorse magari anche dal privato. Perché anche i privati devono mobilitarsi”. Poi, con l’inserimento degli “sconti” per il personale, ovvero il 30% in meno su treni, aerei, negozi, agriturismi e mercati che aderivano alle convenzioni. E ancora, per il miglioramento delle sedi: “Un’alleanza per la scuola, un patto tra privati e istituzioni pubbliche per realizzare ex novo o ammodernare gli edifici scolastici in ogni area d’Italia”. Nel mentre ha spinto la riforma degli Its che porta in cattedra esponenti del tessuto imprenditoriale del territorio e, viceversa, gli studenti nelle aziende “per far sì che un ragazzo acquisisca quelle competenze che lo inseriscono immediatamente nel mercato del lavoro”. Ora arriva la Fondazione.
Finanziamento pubblico. “Oltre ad essere una cifra lontana dai miliardi d’introiti degli extraprofitti – spiega Fracassi – non è ben chiaro quali siano le finalità di questa fondazione. Il ministro va alla ricerca di filantropi invece di trovare le risorse per rinnovare il contratto dei docenti, adeguandolo ad una inflazione cumulata di oltre 12 punti”. L’istruzione italiana, com’è noto, continua a essere agli ultimi posti in Ue per finanziamento pubblico. “Servirebbe almeno un altro punto di Pil – continua Fracassi – e invece si procede col dimensionamento scolastico, che taglia sedi e personale, e si discute di autonomia differenziata”.
Le aziende. Le imprese sono ovviamente entusiaste. La Fondazione “nasce per rispondere ad esigenze della società italiana e ridurre il divario educativo”, ha detto Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit. Massimo Tononi, presidente di Banco Bpm, spiega di “promuovere e investire in iniziative che creino valore condiviso”. Il progetto “sostiene le nuove generazioni, incentivando investimenti su un settore strategico come quello dell’istruzione”, spiega Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel, mentre per l’Ad di Leonardo, l’ex ministro Roberto Cingolani, “è coerente con le attività di outreach del gruppo a sostegno della valorizzazione delle discipline Stem”. Anche l’Ad di Autostrade, Roberto Tomasi, ritiene sia importante che “il mondo delle imprese abbia a disposizione i lavoratori con le giuste competenze per una questione di equità sociale”.
L’impresa fa l’impresa, ma… Legittimamente, le imprese si limitano a fare ciò che dà loro ritorno in termini d’immagine e di interessi. Il prezzo, però, in questo caso è fin troppo basso. “Il contributo all’istruzione pubblica locale di questi soggetti, che siano banche o casse risparmio o aziende nel territorio, è un fenomeno comune”, spiega Andrea Mariuzzo, docente di Storia della pedagogia all’Università di Modena e Reggio Emilia. Si pensi ad esempio ai casi in cui si donano immobili per le sedi di un liceo o di una scuola. “Serve a mostrare alla classe dirigente locale il proprio interesse nei confronti del territorio. Ma nel caso di questa Fondazione parliamo di un confronto con un ministero, di una operazione a livello nazionale che fatta in questo modo – al di là di come la si pensi – non ha gran senso”.
Il punto è che 50 milioni di euro rappresentano lo 0,1 per mille del finanziamento pubblico all’istruzione, che si aggira attorno ai 50 miliardi l’anno. “Che beneficio può mai apportare una cifra così irrisoria? Sembra un metodo per dare molto poco, ma avere in cambio un tavolo in cui queste realtà potranno sedersi col ministero per orientarne la politica, avere una interfaccia a livello nazionale a fronte di un impegno finanziario minimo”. Già, perché è vero – come dice pure Valditara – che in Italia gli investimenti dei privati nella scuola rappresentano lo 0,5 per cento delle spese totali rispetto a una media Ocse che è del 2 per cento, ma certo non saranno questi 50 milioni a colmare la differenza.
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