“SCHEDARE, SPIARE, CONTROLLARE” da IL MANIFESTO
Invalsi, l’algoritmo per «schedare» poveri e meridionali
EX CATTEDRA. Cominciano le prove in tutta Italia: una mappatura non verificabile dall’esterno. Eppure ai risultati sono legate le risorse alle scuole. Roars: «I test non sono replicabili dallo studente, i riferimenti alla privacy fumosi»
Luciana Cimino 28/02/2024
Comincia domani il più grande esame di massa al quale sono sottoposti gli studenti italiani: le prove Invalsi. Con un’aggiunta: la schedatura dei ragazzi poveri. Le rilevazioni nazionali, introdotte nel 2007, hanno suscitato negli anni un acceso dibattito sulla standardizzazione della valutazione.
ORA PERÒ SI È APERTO un nuovo fronte di discussione, dovuto alla messa a terra del Pnrr e di Agenda Sud, sui dati dei ragazzi fragili. A partire dal 2022, l’Invalsi ha introdotto un nuovo indicatore individuale per «identificare studenti in condizione di fragilità» allo scopo di riconoscere «gli alunni che manifestano segnali relativi a potenziali situazioni di disagio, fragilità e abbandono», come si legge sul sito Invalsiopen. L’indicatore Escs (Economic, Social and Cultural Status) fotografa la situazione sociale, economica e culturale delle famiglie degli studenti che partecipano alle prove, tracciando lavoro e livello d’istruzione dei genitori e il possesso di alcuni beni materiali. Ed è proprio l’Escs a essere usato nelle misure per la riduzione dei divari territoriali previste dal Pnrr.
«A UN FINE NOBILE come il contrasto alla dispersione, sembra possa corrispondere l’impiego di qualsiasi mezzo, anche l’automatizzazione del processo di indirizzo dei finanziamenti – spiega Rossella Latempa, insegnante di matematica e fisica e membro della redazione di Roars (Return on academic ReSearch) – ma questo pone due problemi: il primo riguarda la privacy, il secondo è politico». Sul primo, Roars, e altre associazioni come Alas o Priorità alla Scuola, segnala l’opacità della raccolta e trattamento dei dati: «La valutazione Invalsi è una gigantesca black box non interpretabile dall’esterno – premette Latempa -. Non controllabile, verificabile o revisionabile per via umana, la banca dei quesiti non è pubblica, non sappiamo chi li decide, chi li corregge e con quale metodo, i test non sono replicabili da parte dello studente, i riferimenti alla privacy sono fumosi e non si può decidere sulla propria privacy». Questioni che ha sollevato diverse volte anche il Garante ma che fino a ora sono rimaste senza risposta da parte del ministero dell’Istruzione (e merito) e che sono strettamente intrecciate al punto politico.
«L’INFRASTRUTTURA dei dati Invalsi si sta imponendo come architettura fondamentale per la realizzazione di una sorta di nuovo modello di welfare educativo, di tipo tecnocratico – spiega Latempa -. Non c’è niente di giusto o imparziale nel prendere decisioni sulla base di un algoritmo, sono diversi gli esempi di “discriminazioni algoritmiche” senza contare che il dibattito critico internazionale evidenzia da tempo i legami tra eugenetica, statistica e processi automatizzati. Come tutte le profezie pure quelle digitali si autoavverano».
QUELLO CHE VIENE contestato è il legame numerico tra studenti identificati come fragili e le risorse per le scuole: «Un pericolo che le esperienze internazionale ci ricordano ogni giorno: negli Usa classifiche di questo tipo vengono usate per dichiarare il fallimento di alcune scuole e per restringere i curricula, e quindi le possibilità, degli studenti». Riguardo la didattica, Latempa nota: «Si parla di inclusione ma in realtà si stanno progettando trattamenti differenziati progettati per gruppi di studenti scelti dalle macchine e non dal giudizio dei docenti che anzi vengono condizionati da un falso senso di controllo quando si tratta, invece, di situazioni complesse».
PREOCCUPA il combinato disposto con le altre riforme della scuola pensate dal ministro leghista Valditara: quella dell’orientamento e quella dei professionali. «Tutto, tutto insieme, dà l’idea che si vada nella direzione di un tracciamento del capitale umano per smistare poveri e meridionali», chiosa Latempa. Sul tema della valutazione si è espresso anche il Pd che, con una rete di associazioni (Aimc, Cidi, Flc Cgil, Legambiente e altre) ha tenuto ieri una conferenza stampa alla Camera per contestare il ritorno al voto numerico alla primaria. «Una decisione immotivata dal punto di vista pedagogico – ha spiegato Susanna Crostella del coordinamento genitori democratici -. Il governo non metta in discussione il giudizio descrittivo nella scuola primaria, la scuola non può essere costantemente investita, nell’alternarsi dei governi, da politiche frammentarie, contraddittorie, prive di una visione pedagogica».
Test psicologici ai giudici, la maggioranza verso il sì
GIUSTIZIA. Oggi voto dei commissari in Commissione al Senato
Mario Di Vito 28/02/2024
Un grande classico dello scontro tra politica e magistratura torna oggi in discussione alla Commissione giustizia del Senato: i test psicoattitudinali per i giudici. Il relatore per i decreti attuativi della riforma Cartabia, Pierantonio Zanettin di Forza Italia, ha inserito tra i punti all’ordine del giorno un parere che dovrà essere votato dai commissari. È così che si chiede al governo di valutare «la possibilità di prevedere l’eventuale introduzione di test psicoattitudinali per i candidati in ingresso nei ruoli della magistratura» e «l’opportunità di garantire che, per la valutazione di professionalità del magistrato, siano inseriti nel fascicolo personale tutti gli atti e i provvedimenti redatti da ciascun magistrato e non soltanto quelli scelti a campione».
L’ultima volta che si parlò seriamente della faccenda era ai tempi del governo Berlusconi, quando lo scontro tra politica e giustizia era all’apice dell’intensità. E, oggi come allora, opposizioni e toghe sembrano pronti a salire sulle barricate. «Una vera provocazione, di berlusconiana memoria – tuonano i senatori del Pd Alfredo Bazoli, Franco Mirabelli, Anna Rossomando e Walter Verini. – si evoca l’idea che il problema della magistratura sia la sanità mentale dei giudici. Una vera sciocchezza, se non fosse che si tratta dell’ennesimo tentativo di delegittimazione della magistratura, secondo un disegno oramai esplicito volto a metterne a rischio indipendenza, autorevolezza, autonomia.
Un clima inaccettabile che continueremo a denunciare e contrastare». Giovanni Zaccaro, segretario di Area democratica per la giustizia, una delle correnti di sinistra dell’Anm, pure si è espresso negativamente sull’ipotesi. « All’Italia – dice Zaccaro – servono magistrati preparati, seri, onesti e che diano risposte di giustizia in tempi celeri. Queste mi paiono misure utili solo a cercare di trasformare un potere dello stato, autonomo ed indipendente dagli altri, in una burocrazia pronta ad assecondare i voleri delle maggioranze di turno».
Sui test psicoattitudinali, comunque, si registra la convergenza di tutte le forze della maggioranza e questo già basterebbe per far arrivare la proposta fino in aula. Dove difficilmente la situazione sarebbe poi ribaltabile.
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