PER GIULIA NON CI SARÀ DOMANI da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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PER GIULIA NON CI SARÀ DOMANI da IL MANIFESTO

Per Giulia non ci sarà domani


FEMMINICIDI. 
Che cosa dobbiamo fare allora? È una domanda seria in un paese che ritiene che l’aumento delle pene e i vari codici rossi non prevedano una presa in carico responsabile e a ogni livello sociale di un fenomeno che è strutturale e che non è solo una protesta di quattro vetero-femministe. Che continua a infestare il vivere tra donne e uomini con le retoriche del silenzio e della buona educazione

Alessandra Pigliaru  19/11/2023

Il cadavere di Giulia Cecchettin è stato ritrovato ieri mattina nel fondo del lago di Barcis, in Friuli. La ragazza di 22 anni che giovedì scorso si sarebbe dovuta laureare in ingegneria biomedica all’università di Padova, era scomparsa tra sabato 11 e domenica 12 insieme a Filippo Turetta, suo ex. Dall’inizio delle ricerche, che l’esito fosse la morte della giovane era più che un’ipotesi. I dettagli sono diversi ogni volta e per ogni storia ma che una donna oggi in Italia possa essere ritrovava morta ammazzata è un fatto reale con cui si fa i conti quotidianamente. E non solo perché tra pochi giorni sarà il 25 di novembre cioè la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma perché dall’inizio del 2023 su 285 omicidi, 102 hanno per vittime delle donne, di queste sono 82 uccise in ambito famigliare/affettivo e 53 hanno trovato la morte per mano del partner/ ex partner. Questi i dati del ministero dell’interno aggiornati al 12 di novembre e in cui evidentemente manca Giulia Cecchettin.

Dobbiamo fare appelli? Dobbiamo manifestare la nostra rabbia? È certamente utile, anche quando pensiamo che i centri antiviolenza non abbiano il sostegno necessario.
Dobbiamo però contare le morti che da qui al 25 di novembre o ancora oltre aumenteranno oppure dobbiamo trovare il modo di dire che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in quanto sta accadendo in Italia?

Che il fenomeno sistemico della violenza maschile colpisca anche le generazioni trasversalmente all’età è una ulteriore conferma che va letta nell’aumento generale di un +4% rispetto all’anno precedente per lo stesso periodo.

Che cosa dobbiamo fare allora? È una domanda seria in un paese che ritiene che l’aumento delle pene e i vari codici rossi non prevedano una presa in carico responsabile e a ogni livello sociale di un fenomeno che è strutturale e che non è solo una protesta di quattro vetero-femministe. Che continua a infestare il vivere tra donne e uomini con le retoriche del silenzio e della buona educazione. Filippo Turetta (che al momento in cui si scrive non è stato ancora trovato) è stato indagato in seguito alla diffusione del video di qualche giorno fa in cui viene ripreso in uno stabilimento di Fossò mentre strattona Cecchettin, che cade, perde sangue, non si muove più e lui la trascina sull’auto.

Il ragazzo, è stato detto, pare non avesse accettato di essere stato lasciato, che non volesse inoltre che lei si laureasse e andasse via per il corso di specializzazione. Sembra volesse che lo aspettasse, lui era in ritardo sul programma e forse avrebbero potuto concludere il corso di studi insieme. Insieme a diversi episodi riportati da amiche che raccontano di possesso, controlli incrociati, gelosie.

Dovremmo discutere meglio quale sia il punto, cioè che la libertà femminile invece di essere sostenuta venga costantemente disturbata, quando non osteggiata, punita o soppressa. E dovremmo soffermarci ancora, e meglio, su quanto conti, nell’ambito di questo immaginario, l’impossibilità ad accettare l’abbandono.

Codice rosso, una nuova modifica che non risolve

VIOLENZA MASCHILE. Valeria Valente: «Serve una norma semplice come quella del consenso»

Rita Rapisardi  19/11/2023

Con 200 sì, nessun voto contrario e sessantuno astenuti (Partito Democartico e Alleanza Verdi e Sinistra) è stato approvato alla Camera un testo in modifica del cosiddetto Codice Rosso, l’insieme di norme per contrastare la violenza contro le donne. La norma approvata prevede un’ulteriore ipotesi di avocazione delle indagini preliminari da parte del procuratore generale presso la Corte d’appello, che ricorre quando il pubblico ministero, nei casi di delitti di violenza domestica o di genere, non senta la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato.

In pratica il procuratore generale autoassume il procedimento revocando quindi l’assegnazione di un fascicolo, se alla scadenza dei tre giorni il Pm non sente la donna vittima di violenza. Il provvedimento già passato al Senato è stato annunciato con entusiasmo dalla destra e dalla firmataria Giulia Bongiorno della Lega, ma in realtà non cambia di molto quanto già avviene nelle procure italiane grazie alla riforma della giustizia Orlando del 2017.

«Il problema a mio avviso, non è tanto ascoltare la vittima entro tre giorni, cosa che avviene quasi sempre, quanto adottare provvedimenti restrittivi il prima possibile in presenza delle condizioni di legge – spiega Anna Maria Picozzi, procuratrice aggiunta a Palermo – Non si ravvisano significative violazioni dell’obbligo di audizione della vittima entro il termine dei tre giorni».
«Ci siamo astenuti perché siamo convinti che il tema centrale non sono i tre giorni, che a volte possono essere anche pericolosi. Perché si potrebbe trovare un Pm non specializzato, perché bisogna considerare la condizione della donna, anche emotiva – commenta a il manifesto la senatrice del Pd Valeria Valente – Nell’impeto una donna va a denunciare, ma dopo magari cambia perché ha paura, per lei e i figli, quindi non va costretta. Non bisogna dare obblighi ma assecondare la donna nei momenti di crisi, ce lo insegnano i centri antiviolenza».

La senatrice, che si troverebbe invece d’accordo per un ok alle modifiche annunciate dal governo con il ddl Roccella-Piantedosi-Nordio sul tema, denuncia un provvedimento bandiera che invece «non cambia nulla nella vita delle donne»: «Non riusciamo a fare una norma semplice come quella del consenso nei casi di stupro, neppure calendarizzata, dove ancora si deve dimostrare violenza e coercizione. Questa cambierebbe la vita di tante donne che denuncerebbero di più».
Quello che chiedono da tempo associazioni femministe e centri antiviolenza è la formazione della magistratura e delle forze dell’ordine per riconoscere e credere alle donne e usare gli interventi cautelari. Una discussione proprio nel giorno in cui si aggiunge un ulteriore femminicidio, quello di Marisa Leo, uccisa dall’ex compagno nel trapanese e che nel 2020 aveva denunciato l’uomo per stalking, senza trovare però alcuna protezione.

Intanto il vicepremier Antonio Tajani ha presentato in serata un testo in rinforzo a quello in attesa di votazione chiamato “Mai sole”: «Darò il testo della proposta a Roccella, Nordio e Piantedosi, per vedere se si può integrare con questi aspetti più tecnologici». «L’idea è quella di avere un’app subito disponibile, su base volontaria, che possa geolocalizzare chi ne fa richiesta. La geolocalizzazione sarà sempre attiva, anche a telefono spento», ha spiegato la prima firmataria Catia Polidori di Forza Italia.

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