PALAMARA: DALL’ANM C’È TROPPA FRETTA DI CHIUDERE LO SCANDALO da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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PALAMARA: DALL’ANM C’È TROPPA FRETTA DI CHIUDERE LO SCANDALO da IL FATTO

Palamara: dall’Anm c’è troppa fretta di chiudere lo scandalo

 

ANTONIO ESPOSITO  24 NOVEMBRE 2023

La Corte di Cassazione – dopo la pronuncia della Consulta (sentenza n. 170/2023) secondo cui la segretezza di chat e mail va ricondotta sotto la tutela dell’art. 15 della Carta – ha statuito che tali messaggi elettronici sono da considerarsi “corrispondenza” e, pertanto, la loro acquisizione con decreto del pm è illegittima, essendo necessaria l’autorizzazione del giudice. La Anm – che in precedenza aveva richiesto e ottenuto dalla Procura di Perugia le “chat Palamara” per istruire procedimenti disciplinari “interni” – ha subito fatto sapere che quelle chat sono state acquisite in modo illegittimo e non possono essere utilizzate per alcun tipo di procedimento disciplinare, aprendo così le porte a una generale “purificazione” dei tanti magistrati in cerca di raccomandazioni presso il potente ex magistrato ed ex membro del Csm, Luca Palamara.

Su questo giornale, l’ex magistrato Rosario Russo ha ritenuto “la conclusione dell’Anm giuridicamente affrettata” elencando una serie di motivi, tutti condivisibili, a sostegno della erroneità della decisione, tra i quali quello decisivo secondo cui “la divulgazione delle chat in due volumi a opera del Palamara, siccome mittente e/o destinatario, non viola l’art. 616 c.p., sicché legittimamente i probiviri possono trarne argomenti di prova fattuale… d’altronde, tali chat sono state integralmente pubblicate dai media in forza del diritto di cronaca e sono oramai di generale dominio, e nessuna segretezza epistolare è oramai invocabile”.

E, invero – oltre agli scritti del Palamara che, peraltro, a quanto risulta, ha confermato il contenuto delle chat in diversi interrogatori resi all’Autorità giudiziaria – la quasi totalità di tale “corrispondenza” è riportata nel ponderoso volume di Antonio Massari dal titolo Magistropoli. Non si comprende, allora, che importanza abbia la circostanza che quel provvedimento di acquisizione sia illegittimo e l’atto acquisito debba essere depennato dal fascicolo, giacché l’esistenza e il contenuto di quelle conversazioni sono oramai “cristallizzate” in pubblicazioni divenute di generale conoscenza e che possono legittimamente essere acquisite agli atti del procedimento disciplinare. Esse, quindi, ben possono e debbono costituire il sostrato su cui innestare ulteriori accertamenti ivi compresa l’audizione dei protagonisti delle conversazioni. Del resto, non risulta che i magistrati inquisiti abbiano contestato, né potevano, l’esistenza delle chat e il loro contenuto, ma si sono difesi sostenendo che la loro condotta non era disciplinarmente censurabile. Non vi è, quindi, alcun ostacolo nel far proseguire i procedimenti disciplinari pendenti giacché l’organo disciplinare dell’Anm dovrà accertare se la condotta posta in essere dai “questuanti” magistrati abbia violato l’art. 10 del codice etico secondo cui “il magistrato non si serve del suo ruolo istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi per sé o per altri. Il magistrato che aspiri a promozioni, a trasferimenti, ad assegnazioni di sede e ad altri incarichi di ogni natura non si adopera al fine di influire impropriamente sulla relativa decisione”.

È quindi nel giusto Rosario Russo quando ritiene la decisione dell’Anm giuridicamente affrettata; essa, forse, sembra dettata, non tanto da ponderate ragioni giuridiche e fattuali, quanto dalla “opportunità” di porre, una volta per sempre, una pietra tombale su quel grave scandalo. Chissà se l’Anm, nell’adottare la delibera in questione, si sia ricordata del pressante monito all’epoca rivolto dal capo dello Stato, che parlò di “un quadro sconcertante e inaccettabile e della necessità di cambiare pagina e di rimuovere prassi inaccettabili”. Ancora una volta, come sempre accade in Italia, la montagna ha partorito un topolino.

La sentenza pro Renzi è un boomerang: “Frena i processi per stalking”

GIULIA CECCHETTIN E LE ALTRE – La Consulta. Per la Corte chat e mail non possono essere acquisite dai pm Rischiano di saltare pure i processi da codice rosso

 VALERIA PACELLI   24 NOVEMBRE 2023

Mentre l’omicidio di Giulia Cecchettin ha riacceso gli animi e le piazze sul tema della violenza contro le donne, nei tribunali italiani corre il rischio che il nuovo orientamento della Consulta sulle chat Whatsapp crei un ostacolo proprio alle indagini per stalking, revenge porn, maltrattamenti. Il fatto di dover poter chiedere a un giudice l’autorizzazione per acquisire agli atti la messaggistica istantanea e farne delle prove potrebbe rallentare il lavoro delle procure nel caso dei reati da ‘codice rosso’ e per i quali la rapidità di intervento può fare davvero la differenza. Ossia, salvare le vittime. Non solo. Perché alcuni avvocati, sentiti dal Fatto, che difendono uomini accusati di stalking, stanno pensando di chiedere l’inutilizzabilità delle conversazioni acquisite dai cellulari e già depositate nei processi in corso.

Il tema è stato sollevato in questi giorni pure nelle chat dei magistrati dove è stata riportata alla memoria la decisione della Consulta di giugno, già ripresa da alcune sentenze di Cassazione. La questione riguarda la possibilità di acquisire chat Whatsapp o mail. È stato il Senato a sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta per le conversazioni prese dalla Procura di Firenze nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open, dove Renzi è indagato, con altri, per concorso in finanziamento illecito. Il senatore aveva infatti puntato il dito contro i magistrati che perquisendo altri soggetti terzi avevano scoperto le comunicazioni con l’ex premier e le avevano acquisite. Alla fine i giudici della Corte costituzionale hanno dato ragione a Renzi: per ottenere le sue chat e mail i pm avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione al Senato. Questo perché quei messaggi sono ora ritenuti “corrispondenza” e non più documenti. Ne consegue che devono sottostare a regole diverse: nel caso di un parlamentare passare per l’ok della Camera di appartenenza, per tutti gli altri potrebbe invece servire l’autorizzazione del Gip. Ed è su questo che oggi stanno ragionando molti magistrati.

Il punto è che i messaggi – minacce, spesso persecuzioni – possono rappresentare prove importanti nei procedimenti per stalking e di altri delitti da ‘codice rosso’. Acquisirli velocemente vuol dire testare l’attendibilità della denuncia e poter intervenire in tempi altrettanto rapidi. Ed è fondamentale nei casi di donne perseguitate dove anche un giorno, come le cronache raccontano, può essere fatale.

Per Eugenio Albamonte, pubblico ministero a Roma ed ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, il nuovo orientamento sull’acquisizione di chat è rischioso: “Nei casi di maltrattamento, stalking, revenge porn, spesso siamo davanti a delitti che, almeno in parte, vengono commessi attraverso comunicazioni scritte. La Cassazione del ‘caso Renzi’ sarà applicata anche a questo tipo di reati e avrà conseguenze: creerà tempi più lunghi per le acquisizioni, ma anche perché ci sarà un ulteriore sovraccarico di lavoro del gip, dei servizi di cancelleria e così via”. Poi Albamonte spiega: “Prima l’acquisizione delle chat avveniva velocemente: la vittima in sede di denuncia riferiva di ricevere centinaia di messaggi e subito gli agenti potevano acquisirli, scaricando velocemente il contenuto dei telefonini. Un’azione rapida che consentiva al pm di avere quegli iniziali riscontri necessari per poter chiedere una misura cautelare. Si insiste nel prescrivere che l’interrogatorio della vittima sia fatto in tre giorni, ma in verità bisognerebbe accelerare lo svolgimento delle indagini successive. Accertamenti che in questo caso vengono invece allungati. La scelta in favore di una maggiore salvaguardia delle conversazioni creerà effetti sfavorevoli su tantissimi procedimenti”.

L’orientamento della Consulta è già stato applicato nel caso di due ordinanze di custodia cautelare annullate con rinvio nei confronti di due indagati di traffico internazionale di droga e su cui gravano chat criptate acquisite all’estero. E l’effetto boomerang può travolgere i reati da ‘codice rosso’, quelli per cui oggi tanto ci si batte.

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