PACE, IL VERO SUMMIT SARÀ IN ARABIA. IL NYT: “NEL 2022 L’ACCORDO ERA VICINO” da IL FATTO
Pace, il vero summit sarà in Arabia. New York Times: “Nel 2022 l’accordo era vicino”
NULLA DI FATTO – Russia-Ucraina. Assenti Putin e Xi Jinping, anche per la presidente elvetica: “È solo un primo passo”. Ue: “A Riad anche Mosca”
ALESSIA GROSSI 16 GIUGNO 2024
Un vertice che serve “a incoraggiare il processo di pace e a compiere passi concreti in questa direzione”. La sintesi della conferenza apertasi ieri a Lucerna in Svizzera, è firmata dalla presidente della Confederazione stessa, Viola Amherd, in una dichiarazione congiunta in apertura di lavori con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky arrivato carico di promesse direttamente dal G7. L’obiettivo del summit è riassumibile in tre punti: sicurezza nucleare, assistenza umanitaria – per inciso ieri gli Usa hanno annunciato 1,5 miliardi per Kiev – e sicurezza alimentare globale. Insomma, niente 10 punti di Zelensky per una “pace giusta”. Per questo, sostiene un funzionario europeo, si starebbe preparando un’altra conferenza, in Arabia Saudita, alla quale potrebbe partecipare anche Putin, assente invece al lago dei Quattro cantoni. Pensare che un enorme passo verso la pace era stato già fatto: era la primavera del 2022 e le bozze delle due delegazioni – russa e ucraina – non erano così distanti come lo sono oggi i 10 punti di Zelensky e la proposta di Putin, definita ieri in Svizzera “improponibile” anche dalla vicepresidente Usa, Kamala Harris, giunta insieme ad altre 100 delegazioni di 50 paesi. Della famosa bozza di Istanbul già si sapeva, ma ora – grazie ai documenti pubblicati dal New York Times, quelli scritti e controfirmati da russi e ucraini migliaia di morti fa – scopriamo anche che un accordo era vicino, “l’unica volta in cui si sa che funzionari di entrambi i Paesi si sono impegnati in colloqui di pace diretti”, scrive il quotidiano Usa.
Nello specifico, seduti al tavolo turco – dal quale Kiev sarebbe stata distratta dall’allora premier inglese, Boris Johnson – Kiev e Mosca avevano ridotto il conflitto a 6 punti, tra cui: adesione dell’Ucraina alla Nato. Putin chiedeva che mai avvenisse quella né altre alleanze, che mai Kiev ospitasse basi militari o armi straniere o conducesse esercitazioni militari con altri Paesi senza il consenso del Cremlino. Ma Putin non avrebbe ostacolato l’adesione ucraina all’Ue. Dal canto suo Zelensky offriva di far diventare il suo uno “Stato permanentemente neutrale” e di “porre fine ai trattati e agli accordi internazionali che sono incompatibili con questo principio” (da allora su questo punto non c’è mai più stato accordo). Sulla sicurezza di Kiev in caso di attacco, l’Ucraina proponeva un meccanismo da attivare in caso di attacco armato con Paesi garanti che dopo tre giorni di consultazioni, sarebbero intervenuti per proteggere l’Ucraina con no fly zone, fornitura di armi e uso della forza militare. La Russia rispondeva accettando gran parte della proposta, opponendosi però alla no fly zone e alla fornitura di armi nonché proponendo come garanzia che anche il Cremlino prendesse parte alla decisione di un intervento militare. Questo forse era uno dei punti più critici da risolvere, insieme al fatto che Mosca voleva tra i garanti anche la Bielorussia, mentre Kiev la Turchia. Il punto 3, quello territoriale, era il vero nodo, ma mentre oggi Putin propone il controllo russo su una parte del territorio, nei colloqui del 2022, l’Ucraina rifiutava sì di riconoscere il controllo russo sulla Crimea, ma i due Paesi concordavano di “risolvere le questioni relative alla Crimea” dopo 10 o 15 anni di lavoro diplomatico” e si impegnavano a “evitare di risolverlo con mezzi militari”. Anzi, Kiev sembrava disposta ad accettare che parte della zona orientale del Paese rimanesse sotto l’occupazione russa, chiarendo i contorni di questo in un successivo incontro tra Zelensky e Putin (da allora le posizioni di entrambi sono inconciliabili). Sugli altri punti, vale a dire cessate il fuoco, identità nazionale e limiti all’esercito ucraino, mentre sulla prima, le posizioni erano molto distanti, sull’esercito Kiev aveva accettato diverse limitazioni. Tutt’altra storia dal summit di ieri, dove l’assenza della Russia, anche nell’aspetto religioso – c’erano il segretario di Stato Parolin, il patriarca Bartolomeo I per Kiev e per la chiesa di Mosca nessuno, pur essendo proprio dai religiosi a essere passati finora i messaggi tra i due Paesi – del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, mediatore delle bozze del 2022 e dell’alleato cinese, che però ha lanciato un messaggio. “Kiev e Mosca si incontrino a metà strada” e “avviino tempestivamente i colloqui di pace per raggiungere un cessate il fuoco e la fine della guerra”, ha detto il rappresentante di Pechino all’Onu. Più dura la risposta russa: “Se davvero volete salvare il mondo” dovreste discutere “le proposte del presidente russo, Vladimir Putin”.
Il Nyt mostra i documenti con cui Mosca e Kiev discutevano di pace nel marzo 2022.
“Eravamo riusciti a trovare un vero compromesso”
F. Q. | 15 GIUGNO 2024
Come già emerso, un’opportunità per una pace tra Ucraina e Russia si era palesata all’inizio, poche settimane dopo l’invasione. Ora il quotidiano americano New York Times torna sulla vicenda riportando alcuni dei punti discussi all’epoca e che, due anni dopo, sono invece ancora tutti irrisolti. Richieste e concessioni che le due parti sembravano disposte ad accettare, quanto meno a trattare, ma che non si è riusciti a concretizzare, anche per effetto delle pressioni di alcuni alleati occidentali. I documenti esaminati dal Nyt riguardano sessioni di colloqui che si sono svolti da febbraio ad aprile 2022. Ultima ed unica volta in cui funzionari dei due paesi si sono impegnati in colloqui di pace diretti. “Eravamo riusciti a trovare un vero compromesso”, ha detto Oleksandr Chalyi, membro del gruppo negoziale ucraino. “Tra metà aprile e fine di aprile (2022, ndr), eravamo molto vicini a concludere la guerra con una soluzione pacifica”.
I documenti hanno come oggetti principali lo status dei territori ucraini occupati da Mosca e le future garanzie per la sicurezza dell’Ucraina. In un primo momento Mosca ha chiesto il riconoscimento della Crimea come parte della Russia. “L’Ucraina riconosce la Repubblica di Crimea e la città di Sebastopoli come parte integrante della Federazione Russa e, a questo proposito, apporterà modifiche radicali alla legislazione nazionale”, si legge nelle bozze delle trattative. La questione Crimea è stata però poi successivamente esclusa. Altri documenti mostrano discussione sui termini della potenziale adesione dell’Ucraina all’Unione Europea e sull’abrogazione di leggi ucraine limitative della lingua e cultura russa. I negoziatori dell’Ucraina si sono offerti di rinunciare all’adesione alla Nato e di accettare l’occupazione russa di alcune parti del loro territorio, rifiutando però di riconoscere la sovranità di Mosca.
“L’Ucraina non aderisce ad alcuna alleanza militare, non schiera basi militari e contingenti stranieri…”, si può leggere nelle bozze pubblicate dal quotidiano. E ancora: “L’Ucraina, entro 30 giorni dalla firma del presente Trattato, rimuoverà tutte le restrizioni all’uso della lingua russa in qualsiasi area”. Kiev era pronta a diventare uno “stato permanentemente neutrale” che non avrebbe mai aderito alla Nato né avrebbe permesso che forze straniere si stabilissero sul suo territorio. L’offerta sembrava rispondere alla lamentela principale di Putin: ovvero che l’Occidente, secondo Mosca, stava cercando di usare l’Ucraina per indebolire fino a distruggere la Russia.
L’Ucraina ha per contro cercato il consenso della Russia alle “garanzie di sicurezza” internazionali, in base alle quali altri paesi sarebbero intervenuti in sua difesa se fosse stata nuovamente attaccata. Voleva che il trattato si applicasse ai “confini riconosciuti a livello internazionale”. Kiev chiedeva che i suoi alleati fossero vincolati dal trattato a intervenire se fosse stata attaccata, “chiudendo lo spazio aereo sopra l’Ucraina, fornendo le armi necessarie, utilizzando le forze armate per ripristinare e successivamente mantenere la sicurezza dell’Ucraina come stato permanentemente neutrale”.
La Russia chiedeva altresì l’azzeramento da parte dell’Ucraina delle sanzioni contro Mosca imposte dal 2014, e un impegno a sollecitare gli altri paesi a fare altrettanto. L’Ucraina avrebbe dovuto inoltre cedere il Donbass. Tra le altre richieste il divieto “dell’apologia e della propaganda in qualsiasi forma del nazismo e del neonazismo”. I funzionari americani, riporta il New York Times, erano allarmati dalle condizioni poste da Mosca. Negli incontri con le controparti ucraine, un funzionario Usa ha ricordato di aver detto: “Lo capite che si tratterebbe di un disarmo unilaterale, vero?’”.
I leader polacchi temevano che Germania e Francia potessero spingere gli ucraini ad accettare le condizioni della Russia e volevano impedirlo. A tal fine, quando il presidente della Polonia, Andrzej Duda, si è incontrato con i leader della Nato a Bruxelles il 24 marzo, ha mostrato il testo delle bozze. Nei successivi colloqui di Istanbul del 29 marzo, le richieste di Mosca sarebbero state un poco ridimensionate, con un’enfasi minore sulle richieste territoriali. Lo status della Crimea avrebbe dovuto essere deciso nell’arco di 10 o 15 anni, con l’Ucraina che prometteva però di non tentare di riconquistare la penisola con la forza. Dopo di che le trattative si sono definitivamente interrotte.
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