(O)DIO, PATRIA, FAMIGLIA. da IL MANIFESTO e IL FATTO
Il cuore nero dell’esecutivo: «No alla sostituzione etnica»
POLITICA. Lollobrigida: «Incentivare le nascite». Schlein: «Parole disgustose». Il ministro insiste: «La nostra etnia va difesa»
Andrea Colombo 19/04/2023
«Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica»: chissà se il ministro Francesco Lollobrigida, pronunciando queste parole dal congresso della Cisal, si rendeva conto di quanto deflagranti fossero. Il testa a testa tra destra leghista e destra tricolore per la palma dei più rigidi e feroci contro l’immigrazione fa brutti scherzi, specialmente se coniugato con la tendenza degli esponenti di maggioranza a riflettere poco prima di parlare. L’affermazione di Lollobrigida, ministro e altissimo ufficiale di FdI oltre che cognato della premier, è una bomba che giustifica in pieno le reazioni corali e sdegnate dell’intera opposizione, a partire dalla segretaria del Pd Schlein: «Parole disgustose e inaccettabili che hanno il sapore del suprematismo bianco. Mi auguro che Giorgia Meloni e il governo prendano le distanze».
È probabile che alla premier la formula poco assennata adoperata dal suo fedelissimo nelle vesti di ministro non sia effettivamente piaciuta, a palazzo Chigi rispondono che «a Lollobrigida è un po’ sfuggita la frizione». Ma nella sostanza Meloni concorda. Anche lei, del resto, è impegnata nel poco nobile testa a testa con Salvini e con la Lega e in passato a sua volta si è scagliata spesso e molto volentieri contro la «sostituzione etnica». La sua formula, dal Salone del Mobile a Rho, è più accorta di quella di Lollobrigida ma altrettanto fuori dalla realtà: «Il problema della carenza di personale il governo non vuole risolverlo coi migranti ma con quella grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile. Credo che prima di arrivare all’immigrazione si debba lavorare sulla possibilità di coinvolgere più donne nel mercato del lavoro. Poi c’è anche il tema della natalità», sostiene Meloni.
Proprio quel «tema» è la molla che scatena Lollobrigida: «Le nascite si intensificano costruendo un welfare che permetta di lavorare e avere una famiglia. Non possiamo arrenderci all’idea che gli italiani fanno meno figli e quindi li sostituiamo con gli immigrati». Da tutti gli spalti dell’opposizione fioccano dichiarazioni indignate. Molti riscontrano la sinistra analogia tra gli spettri che turbano il ministro e la leggenda, assai diffusa nella destra estremissima, ma a cui dava fiato fino a poco tempo fa anche l’attuale premier, del «Piano Kalergi», versione aggiornata dei Protocolli dei Savi di Sion secondo cui sarebbe in atto una gigantesca manovra per sostituire la popolazione europea con africani e asiatici, orchestrata, va da sé, dal finanziere ebreo Soros. L’insostituibile ministro, su pressione di Meloni, alla fine replica con un video su facebook nel quale, dopo aver accusato la sinistra di «sollevare polveroni che non hanno senso», s’imbarca in una confusa dissertazione sul concetto di etnia che è «quella appartenenza, quella attività culturale e linguistica che esiste all’interno di una comunità, di tante comunità nel mondo tutte degne di rispetto. Compresa la nostra che intendiamo difendere».
Il problema di Lollobrigida, di Giorgia Meloni e di tutta la destra è il dover fare i conti con una realtà imperiosa che rifiuta di piegarsi alle esigenze rozze della propaganda. Dunque con le aziende che reclamano forza lavoro e non la trovano, comunque non ai prezzi ben poco esosi che sono disposte a sborsare. Con le previsioni dei demografi che assegnano agli immigrati il compito di pagare lo Stato sociale di un paio di generazioni di italiani. Con le tabelle squadernate dallo stesso governo, secondo le quali un calo drastico dell’immigrazione avrebbe conseguenze apocalittiche sul debito. Chiuso tra la pressione spregiudicata della Lega e questa dura realtà, lo stato maggiore di Giorgia Meloni, generalessa inclusa, balbetta, formula strategie insensate come quella secondo cui dovrebbero essere le donne a occuparsi dei lavori pesanti sgratificanti e malpagati che oggi svolgono gli immigrati, lancia proclami sbilenchi a favore della natalità come quello di Lollobrigida. Ma sullo sfondo campeggia davvero un’idea di etnia fondata su vincoli fortemente identitari, sospettosa e ostile nei confronti di ogni differenza, minacciosa e molto temibile.
Mostruosità bandiera della destra xenofoba
TOMASO MONTANARI 19 APRILE 2023
Nella stessa giornata di ieri, Meloni ha detto che la mancanza di lavoratori in Italia non si risolve “con i migranti, ma con quella grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile”, e il suo ministro-cognato Lollobrigida ha detto che “va costruito un welfare per consentire di lavorare a chiunque e avere una famiglia. Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica”. Il secondo, sempre entusiasta (si ricordi la sua travolgente infatuazione per quel macellaio criminale che fu il maresciallo Rodolfo Graziani), fa un passo di troppo e dice in chiaro anche il movente, che la cognata invece pudicamente tace: e quel movente è la lotta alla “sostituzione etnica”.
Solo pochi giorni fa Alessandro Giuli, a Otto e mezzo, aveva assicurato che nessuno, a destra, avrebbe più usato una simile categoria. E del resto io stesso sono stato coperto di insulti in diretta – stavolta ad Agorà, dalla deputata FdI Chiara Colosimo – solo per aver ricordato che Salvini e Meloni l’hanno propalata centinaia di volte nella loro propaganda fondata sulla paura del diverso. Credere nella “sostituzione etnica” significa credere che qualcuno (Soros, gli ebrei, i poteri forti, i cinesi o chi volete voi…) voglia sostituire, attraverso le migrazioni, i bianchi cristiani d’Europa con i neri musulmani. Adolf Hitler lo sostiene in Mein Kampf, e oggi questa mostruosità è una bandiera di tutte le destre razziste e xenofobe. Ieri il ministro Lollobrigida, così vicino a Meloni, ha platealmente dimostrato l’ovvio: e cioè che, sì, anche Fratelli d’Italia si accanisce contro i migranti proprio per questo, per l’identità etnica. Perché quelli (i migranti) sono musulmani e neri, e loro (i politici) sono xenofobi e razzisti. Non che avessimo dubbi.
Lollobrigida difende la razza: “Subiamo sostituzione etnica”
PARAGONI – E Mattarella parla a Auschwitz. Scontro sul decreto Cutro, la Lega ricatta Giorgia sulla protezione speciale Lei furiosa: “Matteo vuol solo piantare bandierine”
GIA.SAL. 19 APRILE 2023
La distanza tra Roma e Auschwitz è siderale. Nella Capitale, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, fedelissimo della premier Giorgia Meloni, rispolvera la teoria della “sostituzione etnica” che non può essere la soluzione per affrontare la denatalità. Poche ore dopo, in visita al campo di sterminio nazista, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dice quella parola che il governo di Giorgia Meloni non riesce a pronunciare ed è ormai diventata un tabù: “fascismi”. Una dichiarazione in cui il capo dello Stato spiega che i regimi fascisti furono “complici degli orrori nazisti” perché “consegnarono i propri concittadini ai carnefici”.
La polemica di giornata però riguarda la frase di Lollobrigida pronunciata sul palco della Cisal: “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica – dice il ministro – gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro”. Piuttosto, continua Lollobrigida, è necessario “costruire un welfare che permetta di lavorare e di avere una famiglia, sostenendo le giovani coppie a trovare l’occupazione”. Una teoria storica e cospirazionista che da tempo ha trovato casa in Fratelli d’Italia: Meloni l’ha usata diverse volte, ripetendola prima di arrivare al governo (nel 2016 anche lei parlava di “sostituzione etnica”). Ieri la premier, inaugurando il Salone del Mobile, però si era fermata a dire che bisogna “impiegare le donne e non i migranti”. Le parole di Lollobrigida hanno provocato polemiche nell’opposizione. Per la segretaria del Pd Elly Schlein sono “parole disgustose” che “hanno il sapore del suprematismo bianco”. Il M5S parla di “propaganda razzista” mentre per Carlo Calenda c’è una “pericolosa involuzione dell’Italia”. La premier Meloni non deve aver apprezzato toni così alti alla vigilia del 25 aprile. Nel pomeriggio Lollobrigida, così, ha pubblicato un video in cui ha accusato “la sinistra, priva di argomenti ed in evidente difficoltà, di alzare un polverone mediatico”. Nelle stesse ore, le parole di Mattarella da Auschwitz (“mai più!”) creano ulteriore imbarazzo tra gli esponenti del governo di destra che dovranno decidere cosa fare il 25 aprile e domani si troveranno a dover discutere in Senato una mozione delle opposizioni che impegna il Senato a rispettare “la verità storica” legata all’antifascismo. Al momento l’idea di FdI è quella di presentare una mozione alternativa ma FI vorrebbe votare quella della sinistra.
Ieri intanto, sul decreto Cutro al Senato, è stata un’altra giornata di scontro nella maggioranza. Alla fine è stato trovato un accordo ma è la Lega ad aver piegato FdI minacciando di andare da sola: dopo una riunione tra i capigruppo, il Carroccio ha ripresentato tutti i propri 21 emendamenti che ripristinano i decreti Salvini e ritirerà quelli sulla protezione speciale solo quando l’aula voterà l’emendamento di maggioranza per restringerla. Mentre FdI ne ha presentato uno che limita la “protezione arcobaleno” per chi si dichiara omosessuale: i meloniani vogliono eliminare il concetto di identità di genere mantenendo la protezione in caso di discriminazione sessuale. Sugli altri – che riguardano Cpr e Cas – FdI e FI sosterranno quelli della Lega per evitare la spaccatura nel governo al momento del voto. Ma fino a ieri erano proprio i meloniani a chiedere di ritirare tutti gli emendamenti leghisti. La premier ha subito l’assalto leghista chiedendo ai suoi senatori di intervenire in aula facendo propri gli emendamenti: “L’immigrazione è un tema nostro”, dice Meloni. Che però è furiosa con Salvini per l’atteggiamento ricattatorio sul decreto e per la sua strategia di logoramento. Meloni sostiene che Salvini voglia solo “piantare bandierine” ed è è facile farlo “dal ministero delle Infrastrutture senza responsabilità”.
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