NON VENIRMI A PARLARE DI CONDIZIONE UMANA! da SEBASTIANOISAIABLOG
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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NON VENIRMI A PARLARE DI CONDIZIONE UMANA! da SEBASTIANOISAIABLOG

NON VENIRMI A PARLARE DI CONDIZIONE UMANA!

Sebastiano Isaia  05/06/2024

Nel suo Buongiorno di ieri, Mattia Feltri prendeva le difese delle democrazie liberali, com’è ovvio che sia per un apologeta della società capitalistica nella sua variante politico-istituzionale democratica (o “Occidentale”). «L’accusa più sbalorditiva rivolta alle democrazie occidentali è di considerarsi migliori di altri paesi, dove la democrazia non c’è. Io dubbi non ne ho. La democrazia è il sistema di governo migliore e migliori sono le nostre società: della democrazia amo di poter prendere il passaporto e andare dove mi pare senza che il mio governo me lo impedisca, cosa che altrove succede; amo leggere i libri che ritengo senza che il mio governo me li proibisca, cosa che altrove succede; amo guardare i film che scelgo senza che il mio governo me li censuri, cosa che altrove succede; amo pregare il mio Dio o anche nessun Dio senza che il mio governo me ne imponga uno suo, cosa che altrove succede» (La Stampa). Pur con tutti i suoi limiti e con tutte le sue contraddizioni, che Feltri è lungi dal negare, la società occidentale come la conosciamo in Europa e negli Stati Uniti rimane pur sempre «un posto migliore», perché garantisce e rende effettiva «quella libertà che la condizione umana consente di esercitare». Ecco vorrei riflettere brevemente su quest’ultima frase.

Secondo Feltri la libertà umana conosce dunque limiti iscritti in un’astratta «condizione umana», limiti cioè di natura antropologica, che sarebbe impossibile, e certamente rischioso, oltrepassare con gli strumenti della politica. Fare violenza alla natura (a cominciare da quella umana) non è mai stata una buona opzione. La sostanza storica e sociale del concetto di libertà sembra sfuggire al nostro difensore delle democrazie occidentali, anche se sono sicuro che egli consentirebbe con l’affermazione che segue: la libertà come la concepiamo noi individui del XXI secolo non è esattamente identica, tutt’altro, alla libertà come la concepivano e la praticavano gli individui di altre epoche storiche. Già la libertà dei Romani non era la stessa libertà dei Greci, né bisogna dimenticare che alcuni fondatori della democrazia americana erano grandi proprietari terrieri che usavano il lavoro schiavile, senza che questo turbasse in qualche modo la loro coscienza liberal-democratica. Semplicemente la cosa appariva a quei tempi del tutto “naturale”, un fatto che l’ideologia Woke, intossicata di “antistoricismo” com’è, si rifiuta ostinatamente di capire.

Tuttavia da buon liberale borghese Feltri pensa che la libertà come si è venuta realizzando nella società borghese di stampo democratico-liberale sia la migliore delle libertà possibili, sempre tenendo presente i limiti a essa posta dalla «condizione umana», qualsiasi cosa ciò possa significare in questa astratta e astorica definizione. La libertà ha certamente avuto una storia, uno sviluppo, ma non ne ha più, avendo essa trovato la sua massima espressione nella libertà borghese. Ed esattamente questa libertà che, sempre secondo Feltri, va preservata e difesa dai nemici dichiarati e occulti della democrazia, del cosiddetto Occidente collettivo.

Il fatto che il dominio sempre più totalitario delle necessità economiche che fanno capo al Moloch capitalistico fa letteralmente impallidire le cosiddette libertà democratico-liberali, questa circostanza è evidentemente qualcosa di inafferrabile per il pensiero di chi crede che la divisione in classi sociali degli individui sia anch’essa spiegabile con i limiti che la «condizione umana» pone alla comunità umana. L’obiezione che il pensiero borghese ha da sempre scagliato contro il pensiero anticapitalista è nota: «Da sempre ci sono stati nel mondo ricchi e poveri, padroni e lavoratori; l’importante è riconoscere a tutti gli individui parità di diritti e di doveri, che tutti siano cioè uguali dinanzi alla Legge, a prescindere dalla loro condizione sociale». Non intendo dir nulla, adesso, intorno alla sostanza borghese, e quindi ideologica e ultrareazionaria, dell’uguaglianza formale dei cittadini, architrave del pensiero democratico-liberale già randellato criticamente dal “giovane” Marx – peraltro in un’epoca storica in cui l’evocato dominio totalitario dei rapporti sociali capitalistici non era ancora una realtà e molti Paesi europei dovevano conoscere la rivoluzione nazionale-borghese. Il problema, per chi scrive, non è che un intellettuale come Feltri pensi secondo i tradizionali canoni dell’ideologia borghese di matrice liberale; il problema è che anche la classe dei nullatenenti, dei lavoratori, dei proletari crede fermamente che l’esistenza dei “ricchi” e dei “poveri”, dei padroni e dei loro lavoratori sia qualcosa che riguardi la famosa condizione umana, e che appartiene ai sogni utopistici irrealizzabili l’idea di una comunità autenticamente umana, cioè priva di classi sociali (e quindi di organizzazione statale), costituita solo da uomini e donne che collaborano liberamente insieme per la felicità di ciascuno e di tutti secondo il noto principio comunista: Ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. Solo quando gli esseri umani si metteranno nelle condizioni di padroneggiare con la testa e con le mani il loro processo vitale, cosa impossibile nella società capitalistica dominata dal Capitale, si potrà parlare di un’autentica libertà. Si realizzerà un giorno questa condizione umana? Non lo so! So però per certo che la comparsa della Comunità Umana (cioè umanizzata) non trova ostacoli in un’astratta condizione umana, ma in peculiari condizioni sociali, a cominciare dal fatto che l’ideologia della classe dominante domina anche le teste di chi avrebbe tutto l’interesse a chiudere definitivamente il lunghissimo capitolo della storia umana segnato dalla divisione degli esseri umani in classi sociali, causa di tutti i mali (a cominciare dalle guerre e dalle distruzioni ambientali) che affliggono l’umanità in generale, e le classi subalterne in particolare.

La democrazia liberale che Feltri ama e difende non è insomma che una delle forme politico-istituzionali che il dominio totalitario dei rapporti sociali capitalistici può assumere nelle diverse circostanze sociali e nei diversi Paesi del mondo. Osservata da questa prospettiva, le qualità politiche da egli portate a titolo di merito dell’”Occidente collettivo” appaiono per quello che in realtà sono: una miserrima pretesa che mette in luce la povertà di pensiero di chi la coltiva. L’Occidente collettivo e i suoi nemici non sono che facce della stessa disumana medaglia (la Società-Mondo del XXI secolo), modi diversi di “declinare” l’ideologia dominante. La «condizione umana» è sostanzialmente la stessa (cioè disumana) a Bruxelles come a Mosca, a Washington come a Pechino e ovunque in questo capitalistico mondo: una realtà che certo si armonizza poco con le convinzioni liberal-democratiche qui prese di mira. A questo punto Mattia Feltri potrebbe tirare fuori dalla manica il solito asso piglia tutto: «Abbiamo visto in Unione Sovietica e vediamo in Cina come vanno a finire certe rivoluzioni anticapitaliste!» Per quanto dispiaccia ammetterlo, si tratta di un’ottima carta, perché l’anticapitalista parte svantaggiato nel rispondere a quel tipo di obiezione, dovendo egli dimostrare, e non solo affermare, che il cosiddetto “socialismo reale” non fu affatto un socialismo (si trattò infatti di un realecapitalismo) e che quella cinese fu una rivoluzione nazionale-borghese e non una rivoluzione socialista. «Ma altri comunisti dicono esattamente il contrario, e anzi sono la stragrande maggioranza a pensarla diversamente da te». Qui è l’immagine di Sisifo che purtroppo sovviene

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