NEL MONDO DI GIORGIA ORWELL CONTESTARE È COME CENSURARE da IL FATTO
Nel mondo di Giorgia Orwell contestare è come censurare
L’AFFAIRE DELLA MINISTRA ROCCELLA – L’informazione. In questa realtà ormai capovolta il governo è silenziato dai collettivi, i politici sono vittime degli adolescenti, il dissenso è terrorismo
TOMASO MONTANARI 13 MAGGIO 2024
“La guerra è pace”, “la libertà è schiavitù”, “l’ignoranza è forza”: ai tre slogan incisi sulla facciata del Ministero della Verità in 1984 di George Orwell (spaventosamente adatti a descrivere la situazione politico-culturale dell’Occidente del 2024), nell’Italia dei Fratelli d’Italia bisogna aggiungere “la contestazione è censura”. È ora di rileggersi non solo i romanzi, ma anche i saggi di Orwell: per esempio quelli raccolti in Il potere e la parola (Piano B 2021), alcuni dei quali mai prima pubblicati in italiano, tra cui l’attualissimo Che cos’è il fascismo.
Pochi giorni fa, la Grande Sorella (non Arianna, proprio Giorgia) ha tuonato: “Ancora una volta è stato impedito ad un Ministro di intervenire e di esprimere le proprie idee”. E ha aggiunto: “Responsabile è un gruppo di contestatori che si riempiono la bocca delle parole libertà, rispetto e autodeterminazione delle donne, ma poi amano la censura e impediscono ad una donna di parlare perché non ne condividono le idee … È ora di dire basta”. Il riferimento è al gruppo di ragazze e ragazzi che agli Stati generali della natalità (un nome già orwelliano da sé) aveva osato contestare la ministra Roccella, la quale aveva rinunciato a parlare, invocando: “Parole inequivocabili di solidarietà nei miei confronti, dopo l’atto di censura che questa mattina mi ha impedito di parlare”. Subito, i liberissimi media italiani hanno acceso i megafoni gridando in coro, appunto, alla censura. “Non si impedisce mai a nessuno di parlare” è diventato il mantra bipartisan, con pochissime, preziose, eccezioni (segnalo quella di Roberto Saviano). Anche questo slogan è pronto per essere inciso sulla facciata del nostro ministero della verità: perché pur essendo (ovviamente) giustissimo in sé, si ribalta nel suo contrario quando viene applicato rimuovendo e occultando il contesto.
Prendiamo il caso specifico. I contestatori (in massima parte contestatrici) appartengono ad associazioni come il collettivo Transfemminista, l’assemblea Aracne, il collettivo Artemis: ecco le potenti lobbies capaci di censurare questo indifeso governo senza voce. Dall’altra parte, ecco la vittima: gli Stati generali della natalità. Che sono sponsorizzati (tra gli altri) da Eni, Enel, Fincantieri, Generali, e sostenuti da Cassa Depositi e Prestiti, Angelini, Esselunga (chissà se Toti ha dato il permesso…), hanno un media partner che paghiamo tutti perché si chiama Rai (ecco la garanzia oggettiva di una liberissima informazione!), e il giorno dopo hanno ospitato… il Papa! Basterebbe questa oggettiva descrizione dei rapporti di forza per iniziare a chiedersi chi impedisca davvero di parlare a chi.
Ma siamo solo all’inizio: il contesto più largo è fatto dall’occupazione politica manu militari della Rai, dall’organicità di Mediaset al governo, dalla capillare colonizzazione di istituzioni culturali, dalla campagna feroce contro l’autonomia delle università, dalle querele contro gli intellettuali dissenzienti, dalla repressione delle manifestazioni… Il risultato è che il governo parla ovunque e ossessivamente, e lo spazio di chi pensa altrimenti si riduce ogni giorno. Se questo è il contesto (e lo è), dire che “ancora una volta è stato impedito ad un Ministro di intervenire e di esprimere le proprie idee” significa ribaltare la realtà in senso precisamente orwelliano.
Ma c’è un altro piano, ancora più importante. Il potere esecutivo parla con i fatti: anche quando poggia sul voto di meno di un terzo degli aventi diritto al voto (come accade al governo Meloni), ha il potere di cambiare anche radicalmente la vita di tutti i cittadini, anche di quelli con idee opposte. Su nodi esistenziali essenziali come costituzione di una famiglia, aborto, maternità, fine vita la ministra Roccella ha il potere di imbrigliare secondo le sue idee la vita di ciascuna delle ragazze che l’hanno contestata. Parla, cioè, con la restrizione dei diritti, l’allocazione delle risorse pubbliche, le politiche della formazione. E ciò che dice è forte e chiaro: nessuno ha il diritto di vivere come vuole, è il governo che esercita sorveglianza e disciplinamento sui corpi.
Chi subisce, si dice ora, deve anche farlo in silenzio: non può nemmeno contestare, perché anche la debolezza della nuda parola fa paura a questo governo di prepotenti e vigliacchi. Il comandamento democratico violato è dunque quello per cui “non si impedisce a nessuno di parlare”, o quello per cui ‘non si impedisce a nessuno di vivere come vuole’? La libera stampa non ha dubbi: il primo! In questo ribaltamento della realtà, il governo è censurato dai collettivi, i ministri sono vittime degli adolescenti, la contestazione è terrorismo, la manifestazione del pensiero un abuso. Come scrive Orwell, “occorre un grande sforzo per riuscire a vedere cosa c’è sotto il proprio naso … la schizofrenia onnipresente nelle società democratiche, le menzogne che devono essere raccontate a fini elettorali, il silenzio sui temi più importanti, le distorsioni della stampa…”.
VITTIMISMO 1-DIZIONARIO 0
13/04/2024
Le parole sarebbero importanti. Sarebbero dico, perché al giorno d’oggi finiscono spesso sacrificate sull’altare dei giochi di ruolo della politica. I nostri rappresentanti, infatti, sono talmente impegnati nell’alimentare l’auto-narrazione che più gli conviene, da distorcere senza troppi scrupoli il vero significato dei termini che utilizzano. Un esempio lampante di questa pratica piuttosto comune si è verificato in occasione degli Stati generali della Natalità: la ministra Roccella, contestata da una ventina di ragazzi che l’hanno accolta con cori e cartelli, ha rinunciato a parlare e ha lasciato l’evento. Subito dopo ha commentato l’accaduto sui social: “Sono certa che la segretaria del Pd Elly Schlein, tutta la sinistra, gli intellettuali, avranno parole inequivocabili di solidarietà nei miei confronti, dopo l’atto di censura che questa mattina mi ha impedito di parlare agli Stati generali”. Censura?? Molti esponenti del governo sono talmente impegnati a dipingersi come vittime, da perdersi per strada il contesto di realtà in cui avvengono i fatti di cui si lamentano. Come possono dei ragazzi (più o meno rumorosi, più o meno aggressivi, questa é un’altra storia) proibire ad una ministra di esprimere le proprie idee da una posizione gerarchica superiore? Possibile che il desiderio di raccontarsi come perseguitati dal pensiero unico e dal politicamente corretto, porti a commettere errori così marchiani come quello d’invertire la gerarchia tra governanti e governati? Da un altro evento, il Salone del libro di Torino, a far presente alla Roccella come stiano realmente le cose ci ha pensato Josephine Sole Signorelli, in arte Fumettibrutti: ”La censura non è una censura quando c’è una protesta. La censura viene sempre dall’alto, non viene dal basso. Quindi, quando ci sentiamo in diritto di dire ‘Mi hanno censurata’, ma è una protesta e sei un ministro, è semplicemente una protesta, non è una censura ”. Protestano coloro a cui non è dato prendere le decisioni, ma che sono chiamati ad accettarle: l’unico strumento che hanno per manifestare la propria contrarietà è quello di contestare coloro che invece possono e devono decidere
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