NEL CLIMA DI GUERRA SERVE UNA RIBELLIONE DEI GIOVANI da PENSAREINSIEME e IL FATTO
Ripensare l’Europa significa innanzitutto ricostruire la pace
Miriam Mirolla 9 Aprile 2025
In un momento storico segnato dal crollo di tutte le Borse, con le piazze mondiali che si stanno riempiendo di nuovo dando spazio alla partecipazione dal basso, si apre oggi a Palazzo Valentini a Roma Rethink Europe, una riflessione aperta sul futuro della nuova Europa rivolta direttamente ai cittadini. In risposta al presunto abbandono americano dell’Europa, apparentemente rovinoso, ma potenzialmente straordinario, occorre affrontare la complessità di un nuovo disegno che scaturisca dal più avanzato pensiero scientifico e umanistico oggi a nostra disposizione.
ReArm Europe, il piano di investimenti di 800 miliardi di euro in armamenti, è stato presentato agli europei come l’unica soluzione possibile a una situazione d’emergenza, una risposta al disperato “fate qualcosa” di Draghi. Di fatto, esso sottrae risorse essenziali a settori come sanità, istruzione e transizione ecologica, conferma la pulsione competitiva e predatoria neoliberista che alimenta la logica della guerra, e svia l’attenzione dai problemi attuali: crisi della democrazia, eccesso di disuguaglianze sociali, urgenza climatica e inquinamento ambientale, trasformazioni tecnologiche che riconfigurano radicalmente il mercato del lavoro.
Così si spiega perché la recente risoluzione del Parlamento europeo sul riarmo non abbia previsto alcun dibattito sulla direzione complessiva che l’Unione europea dovrà intraprendere (progetto di difesa comune), imponendole attraverso il ReArm Europe (ammorbidito furbescamente in Readiness Europe) una direzione univoca, oscurantista e irreversibile.
Pensare Insieme, un think tank noto per le sue attività internazionali e interdisciplinari sui temi cruciali della contemporaneità, ritiene che questa scelta non sia né inevitabile, né auspicabile. Al contrario, crediamo sia necessario aprire un dialogo tra cittadini e studiosi per immaginare una nuova Europa fondata sul multilateralismo, sul dialogo tra i popoli, sul disarmo progressivo, sulla ricerca scientifica, sulla creatività, sulla valorizzazione dei principi culturali e sociali che hanno disegnato e modellato l’Europa nei secoli, anche attraverso quei conflitti sanguinosi e distruttivi che hanno ridotto in macerie quanto di meglio l’Europa aveva creato. Proprio perché abbiamo vissuto sulla nostra pelle gli insegnamenti della Storia, dovremmo lavorare per scongiurare il ripetersi delle scelte tragiche del secolo scorso e riprendere il nostro ruolo di avanguardia del mondo su base umanistica.
Come e con chi immaginare una nuova Europa? Pensare Insieme ha invitato alcune figure autorevoli del panorama accademico, politico e culturale profondamente legate all’Europa, tra cui l’economista presidente di Un Sdsn Jeffrey Sachs, il filosofo della complessità Mauro Ceruti, il fisico Carlo Rovelli che ha lanciato una petizione contro il riarmo, firmata a oggi da quasi quattromila scienziati, l’economista ed europarlamentare Pasquale Tridico, il giurista, vicepresidente emerito della Corte costituzionale Paolo Maddalena, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini, l’economista Piergiorgio Ardeni, l’astrofisico Francesco Sylos Labini, l’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, il presidente della Fondazione Di Vittorio della Cgil Francesco Sinopoli, la senatrice Dolores Bevilacqua, l’ex europarlamentare Luigi De Magistris, la presidente di Attivanza.org Lara Benazzi, l’europarlamentare Dario Tamburrano e la rappresentante dell’Associazione Energia per i Diritti umani Francesca De Vito. Avremo inoltre un collegamento speciale con Giovanni Piazza, professore associato di Sociologia dei fenomeni politici dell’Università di Catania.
Rethink Europe risponde a una doppia urgenza: avviare un confronto sistematico con gli esperti e chiamare i cittadini a partecipare attivamente alla costruzione del futuro comune. Vi aspettiamo per ripensare insieme l’Europa. Chi vuole la pace, prepari la pace.
Nel clima di guerra serve una ribellione dei giovani
Elena Basile 9 Aprile 2025
L’articolo recentemente pubblicato sul New York Times ha ammesso la cobelligeranza statunitense contro la Russia. Non siamo nel quadro di una guerra per procura combattuta dagli ucraini con armi statunitensi per obiettivi strategici americani. Hanno di fatto stabilito una architettura verticale in cui Cia e Pentagono pianificano e realizzano l’uccisione dei militari e civili russi. È la prima volta che accade nella storia. Mai siamo stati così vicini alla guerra con una potenza nucleare, mai abbiamo rischiato la Terza guerra mondiale. Eppure i dirigenti europei non sembrano preoccupati dal rischio nucleare. Diffondono al contrario la paura di un attacco russo nella società civile. Ipotesi irrealistica che non ha alcun fondamento storico. La volontà europea è di ottenere il consenso alla propria strategia di riarmo fabbricando il nemico da cui bisogna difendersi.
Gli Stati Uniti di Trump prendono atto della sconfitta in Ucraina mentre gli europei che non hanno i mezzi e che senza gli Stati uniti non potrebbero sostenere il conflitto contro la Russia, si lasciano andare in esternazioni sempre più bellicose. L’assurdo al potere? Certo, da un lato le classi dirigenti sono ormai prigioniere di un istinto autodistruttivo e nichilista. Dall’altro se le più alte cariche istituzionali europee affermano che la Russia e la Cina vogliono cambiare l’ordine liberale a guida americana, dicono il vero. Esse tuttavia fanno intendere che l’ordine internazionale sarebbe basato sul rispetto del diritto internazionale. L’invasione dell’Ucraina rappresenterebbe l’avvento della prepotenza autocratica contro le regole democratiche. In realtà la fine del multilateralismo e le violazioni del diritto internazionale sono da addebitare, almeno a partire dal 1991, all’Occidente.
La fine dell’ordine liberale è quindi ben altro. È quella del dominio del dollaro, il riconoscimento delle norme a geometria variabile stabilite dalla potenza egemone. La grande paura è che col mondo multipolare venga meno il finanziamento del debito statunitense intorno al quale gira l’architettura del mondo occidentale. Il riciclaggio del surplus dell’Europa e dell’Asia che permette ai flussi di dollari pagati per importare le merci di ritornare in patria e finanziare assicurazioni, servizi e bond del tesoro Usa deve continuare, anche se diviene giorno dopo giorno più insostenibile. La guerra, l’aumento dei tassi di interesse sono funzionali a questa strategia. La riconversione dell’economia in recessione europea, in economia di guerra, offre una scappatoia all’oligarchia al potere per sopravvivere. La difesa europea al netto della propaganda è riarmo tedesco, acquisto di armi americane per obbedire essenzialmente a Trump mentre si finge di osteggiarlo.
La contraddizione principale del tycoon statunitense è data dal credere che la deindustrializzazione e il declino di competitività dell’economia statunitense possano essere risolti con nuovi dazi, cioè con tasse che faranno aumentare i prezzi e proteggeranno settori produttivi internazionalmente deboli. Di fatto il nemico dell’economia statunitense è il sistema sul quale si regge: la produzione di denaro e non di merci. La bilancia commerciale in deficit è dovuta all’esorbitante privilegio del dollaro, stampato per comprare merci europee e asiatiche. L’Europa ha compresso la domanda interna, ha adottato l’austerità accettando il ruolo di ancella di un sistema in cui l’egemone viveva di produzioni altrui. L’ingranaggio si è tuttavia inceppato a partire dalla crisi del 2008. L’economia Usa produce miseria e disoccupati, la Cina, rivale strategico, ha un capitale tale da poter minacciare l’acquisizione di assetti di economia statunitense e si defila dall’acquisto dei titoli di Stato Usa, il Sud globale coopera per creare un mondo multipolare a tutela dall’arbitrio di Washington, dà vita a un sistema ancora embrionale di scambi in moneta locale.
Trump ha compreso che il debito è insostenibile. La spesa per la presenza in Europa viene giudicata superflua. Il lavoro può essere delegato al Regno Unito e alla Germania. La costruzione di un braccio armato della Nato in Europa per interessi statunitensi e dell’oligarchia europea legata al dollaro. Il dato più deprimente è dato dall’assenza dei giovani, dei perdenti che da anni non votano. Si stanno indebitando le future generazioni che ereditano un mondo insicuro diviso in blocchi armati e devastati da guerre commerciali. Il rischio nucleare e quello climatico sono sottovalutati dalla gerontocrazia al potere. I russi combattono e muoiono per i loro interessi, per la loro sovranità. Gli ucraini si fanno decimare per realizzare le strategie neoconservatrici statunitensi. I giovani europei sembrano indifferenti, occupati dal loro privato, dalla loro precarizzazione. Marceranno al fronte per salvare questa élite transnazionale senza scrupoli?
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