L’OCCIDENTE È RAZZISTA E I BRICS HANNO RAGIONE da IL FATTO
L’occidente è razzista e i Brics hanno ragione
Elena Basile 29 Settembre 2024
Quando entro in una libreria ho la percezione che la lotta sia ìmpari. La propaganda dello spazio politico-mediatico trova un’alleanza odiosa nell’accademia. Le case editrici e i librai, tranne poche figure eroiche e solitarie, fanno a gara nel pubblicare ed esporre libri illeggibili di personaggi resi famosi dai media. Nulla di nuovo sotto il sole, mi direte, dalle Illusioni Perdute di Balzac oppure da Martin Eden di London, l’eroe che scopre come tutto al mondo sia falso, soprattutto il successo, anche in campo artistico. Eppure qualcosa, non fosse che per le dimensioni di un fenomeno divenuto globale e per il mutamento antropologico delle persone e dei giovani, è mutato. Si accettano script demenziali, al cinema come nella politica. Copioni surrealistici scritti a tavolino. Ma non è una farsa. Morte e distruzione imperversano come in un rinato Medioevo.
Le notizie dal Libano, Paese punito e martoriato a ripetizione come Gaza, sono terribili. Più di mille morti con cifre che si modificano ogni giorno. Il governo terrorista di Israele ha bisogno della guerra perpetua per restare in piedi, altrimenti il regolamento di conti porrebbe fine alla carriera politica di Netanyahu. I Democratici statunitensi tentano di non essere trascinati in un conflitto allargato. Non sono tuttavia padroni del loro destino che è legato, grazie alla lobby di Israele, alle decisioni di uno Stato straniero. Credo che la Cia sia in contatto con i servizi iraniani per coordinare il temperamento di un’eventuale risposta, che sarebbe suicida per Teheran e che implicherebbe l’entrata in guerra di Washington.
Il parallelo con Zelensky sorge spontaneo. L’Ucraina ha bisogno di trascinare la Nato in guerra, altrimenti dovrebbe accettare la sconfitta evidente sul campo di battaglia. Il destino politico dell’ex comico Zelensky, come per il criminale di guerra Netanyahu, è legato alla morte e al dolore che seminano.
I Brics sono dalla parte giusta della storia. Frase blasfema in un Occidente che lega la difesa dei propri privilegi alla supremazia militare e confonde l’ordine liberale e la democrazia con una ideologia razzista e colonialista basata sulla superiorità dell’uomo bianco. L’appello di Lavrov al rispetto della carta dell’Onu in contrasto con la difesa arbitraria delle regole inventate à la carte dalla potenza egemone è dalla parte giusta della storia. La cooperazione dei Brics, che al prossimo vertice a Kazan in ottobre esamineranno le domande di nuovi Stati e potranno forse contare una trentina di membri, si allarga, diviene politico-militare, economica, culturale. Si oppongono agli eccessi dell’unipolarismo statunitense che ha militarizzato l’economia. La dedollarizzazione è ormai in agenda. L’arroganza statunitense, amplificata dal servilismo ottuso di un’Europa irriconoscibile, con le sanzioni economiche e il sequestro illegale di fondi russi ha accelerato la risposta, all’inizio cauta, della diplomazia cinese. E ha comportato un aumento degli scambi tra i Brics in monete nazionali. È allo studio delle prossime riunioni presiedute dalla Russia una piattaforma monetaria alternativa al dollaro. E alla riunione sono invitati i rappresentanti della Palestina.
I Brics e il Sud globale hanno intenzione di riformare il multilateralismo sulla base dei principi dell’Onu: non ingerenza negli affari interni di un altro Paese, autodeterminazione dei popoli, rispetto delle frontiere di uno Stato sovrano, uguaglianza fra gli Stati sovrani, impossibilità di aumentare la propria sicurezza ai danni dell’altro. Predicano quindi la fine dei doppi pesi e delle doppie misure. Veleno per gli innumerevoli cantori dell’Occidente democratico, abituato a scegliere tra questi principi quello più conveniente ai propri interessi: l’autodeterminazione per il Kosovo, le frontiere dello Stato sovrano in relazione all’Ucraina. La riforma delle Nazioni Unite e della governance economica non è un capriccio di Russia e Cina e dei loro simpatizzanti. È la necessaria trasformazione di organizzazioni internazionali ferme alla realtà del secondo dopoguerra. Gli emergenti bussano alla porta per poter essere rappresentati e decidere in base ai nuovi rapporti di forza creati. Se si vuole mantenere la legalità nelle relazioni tra Stati, questa riforma è urgente e le diplomazie migliori dovrebbero essere impegnate nella costruzione di architetture di sicurezza in grado di temperare l’imperialismo della potenza egemone. Purtroppo l’Occidente è perso nel suo film autistico in base al quale uno Stato che ha 750 basi militari all’estero deve confrontarsi con il pericolo rappresentato dalla Cina (che ne ha una a Gibuti) oppure dalla Russia (che ha il Pil del Texas ed è stata circondata dalla Nato). L’intera classe di servizio, i media e la colta accademia sono all’opera per divulgare il messaggio surrealistico a una società civile educata dai film demenziali americani e da case editrici corrotte.
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