L’ITALIA PACIFISTA ORA PUÒ CAMBIARE IL BELLICISMO UE da IL FATTO
L’Italia pacifista ora può cambiare il bellicismo Ue
Donatella Di Cesare 4 Aprile 2025
Ed eccola qui! Ha resistito a tre anni di propaganda bellica, martellante e insidiosa, autoritaria e suadente. Le hanno provate tutte gli inesorabili mastini dell’informazione, gli apostoli della guerra in spiritu, i pubblicitari delle armi – da inviare, da far usare, da produrre. Eppure, malgrado avessero a disposizione gran parte dei media, non ci sono riusciti. L’Italia pacifista, quella che sin dai primi giorni ha issato le bandiere arcobaleno, è ancora qui, più numerosa e più decisa di sempre.
Com’è stato possibile? È questo il fenomeno che un giorno, a una certa distanza storica, si dovrà esaminare. Non era per nulla ovvio che andasse così. Lo choc è stato profondo. D’un tratto sembrava di essere proiettati in un grottesco 1914, rispuntato in pieno ventunesimo secolo. Il copione era già disponibile e, servito allora, poteva essere adeguato al nuovo conflitto. Isteria collettiva, versione unica, demonizzazione del nemico, glorificazione dei combattenti, esaltazione del sacrificio, disprezzo per i traditori – tutti i motivi della propaganda bellica sono stati riesumati per allineare la ribelle Italia, per ricondurla alle posizioni dei suoi partner europei. Se non quelle dei baltici e dei polacchi, già intrepidamente schierati sul confine, o quelle dei tedeschi, che con sospetto entusiasmo hanno votato per il riarmo, almeno le posizioni dei danesi o degli olandesi, che non fanno tante domande e sono russofobi quanto basta.
E invece niente da fare. L’hanno chiamata il “ventre molle dell’Europa”, esposta ai venti del putinismo e del trumpismo. Quasi una nave, in balia dei suoi mari. Da Bruxelles sono piovuti ripetutamente avvertimenti e inviti, diffide e sollecitazioni. Ursula von der Leyen, l’ideologa della “pace con la forza”, ce l’ha messa tutta per convincere l’opinione pubblica italiana. Senza alcun esito. Anzi, non c’è forse da queste parti personaggio più impopolare. È vero, in Italia non ci sono molti falchi, e neppure ci mancano. È un paese di colombe, che abbondano ovunque, e tutt’al più rondini o passeri solitari. Ne siamo consapevoli e ne andiamo fieri. Le imprese belliche del passato vengono viste con la giusta distanza, mentre fanno testo le tragiche e ignominiose avventure in cui il fascismo mussoliniano ha trascinato il paese. Proprio perché ha pagato un prezzo altissimo l’Italia sa che cosa sia la guerra – magari non dai libri di storia, ma attraverso la memoria familiare dei bombardamenti e delle stragi insensate. Non è un paese di volonterosi combattenti. E non lo sarà. Ma è un paese dove donne e uomini, spesso molto giovani, non si sono sottratti al dovere civico e politico di difendere le proprie comunità. Il paese europeo della Resistenza.
L’Italia pacifista ha molte anime. Ci vorrebbe un libro per raccontarle. Non si tratta – come alcuni fingono di credere – di patina recente, né tanto meno di furberia o bieco interesse. Queste anime hanno una profondità storica e sono la struttura del paese. Citiamo un esempio per tutti: l’anima del francescanesimo, lo spirito della pace costruttiva e del dialogo con il nemico, del rispetto per la vita e della gioia per l’arte e la natura. Sarebbe immaginabile l’Italia senza quest’anima? È la sua cultura. Possibile che non lo capisca chi, spesso a sproposito, parla di “identità”?
Quest’Italia ha guardato sempre con fiducia e speranza all’Europa. Anche dopo i tanti traumi, della Grecia, del debito, della politica migratoria. Oggi questo rapporto si va incrinando in modo forse irreversibile. Non trascineranno al riarmo questo paese – se ne dovranno fare una ragione. Né tanto meno lo spingeranno in guerra. Dove si colloca allora l’Italia? Quale ruolo assume sul periglioso crinale tra conflitti epocali e inedite alleanze? Forse piedi e pancia in America, testa e braccia in Europa. È stato un po’ sempre così.
Ma c’è di nuovo questo: che sembra un’aliena nel vecchio continente. Non si riconosce nel militarismo che ha invaso le nazioni (Spagna e Francia un’eccezione? – non proprio). Da un mese a questa parte guarda incredula e sbigottita alle politiche del riarmo propugnate da Ursula von der Leyen (per non parlare dei dazi di Trump). Perciò si è situata sulla soglia, in attesa degli eventi. Come non schierarsi dalla sua parte? L’Italia ha ragione a non riconoscersi nell’Europa attuale che nulla ha più a che vedere con quel progetto di pace e coabitazione tra popoli per cui era nata. Si pone allora un nuovo problema politico, cioè se l’Italia, ormai emblema del pacifismo, riuscirà a ricondurre l’Europa a quel progetto originario, sconsideratamente abbandonato. È un compito arduo per cui l’attuale governo Meloni è del tutto inadeguato – non solo per il suo filoatlantismo. Ma è questo l’obiettivo a cui mirare: che l’Italia pacifista cambi la rotta bellica dell’Europa.
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