L’IPOCRITA EQUILIBRISMO EUROPEO da IL MANIFESTO e IL FATTO
L’ipocrita equilibrismo europeo
STATO DELL’UNIONE. Sovranità e solidarietà, sicurezza e umanità, gli accordi con Turchia e Tunisia: l’Europa giocoliera scalcia via gli articoli 18 e 19 della sua Carta. Von der Leyen è persino riuscita a ringraziare la Bulgaria per le sue «buone pratiche»
Roberta De Monticelli 24/09/2023
Vale la pena riprendere il discorso sullo stato dell’Unione letto qualche giorno fa da Ursula von der Leyen, la signora degli equilibri. Ricordando che ci fu una stagione straordinaria, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in cui le persone parvero improvvisamente risvegliarsi alla coscienza della fragilità dell’umano e le potenze vincitrici riuscirono nel miracolo di realizzare una parziale incarnazione normativa della ragione pratica. Nacque allora il costituzionalismo globale, la cui più limpida espressione è l’articolo 1 della Carta dell’Onu (1945), che istituisce il primato del diritto internazionale sulle sovranità nazionali relativamente almeno a due obblighi: l’obbligo di rispettare e implementare i diritti umani, e quello di ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali.
La preoccupazione per un’umanità al bivio reggeva le fila anche dell’annuale discorso all’Assemblea generale dell’Onu che il segretario generale Guterres ha tenuto il 20 settembre scorso. O si riforma, l’Onu, per poter conferire efficacia normativa a quei due obblighi più forti di ogni sovranità, che visti nella loro idealità rivelano il profilo personalistico (diritti umani) e quello cosmopolitico (ripudio della guerra) del costituzionalismo globale, oppure va in pezzi, e quello che ne seguirà per l’umanità sarebbe meglio non doverlo soffrire.
Così dunque fa una strana impressione, sullo sfondo di queste considerazioni, riprendere lo stato dell’Unione della presidente della Commissione europea von der Leyen. Con il suo appello iniziale ai padri fondatori e «alla visione di coloro che sognarono un futuro migliore, dopo la Seconda guerra mondiale». Quindi esattamente a quei due principi ed obblighi, pilastri ideali di tutti quelli che seguono nella carta dei diritti dell’Unione europea. Tanto per fare un esempio: il diritto d’asilo, l’articolo 18, o il diritto alla protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione, l’articolo 19 che così recita: «1. Le espulsioni collettive sono vietate; 2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti».
Dunque von der Leyen, ancorché non un fremito smuova il suo inossidabile sorriso, parte con un riferimento alla Storia che chiama ancora una volta l’Europa e sembra così promettere bene. Chi ben comincia… Poi, man mano che i capoversi si succedono e il sorriso si fa sempre più scintillante, la lieve inquietudine di chi riascolta si trasforma gradualmente in uno straniamento sempre più totale. Il 90% del suo programma «verde, digitale e geopolitico» è realizzato.
Come avevamo fatto a non accorgercene, distratti dalle apocalissi d’acqua e di fuoco? La lieve incongruenza di quell’aggettivo, «geopolitico», accanto agli altri due rivela il punto: significa che abbiamo quadrato il cerchio e alimentato anche la guerra e la produzione di munizioni a ritmi furibondi (qualcuno ricorda il famoso Asap, Act in support of ammunition production?).
E lo abbiamo fatto con i fondi del Pnrr, che nel nostro paese peraltro servono particolarmente bene la devastazione olimpica (dunque sostenibile) delle Dolomiti e delle Alpi Retiche. Però che addirittura il finanziamento pubblico europeo delle industrie private nazionali degli armamenti e il riarmo à la carte dei singoli stati sovrani ci venga presentato come inizio di costruzione di una difesa e politica estera comune…niente, il sorriso non fa una piega.
Riascoltando von der Leyen, si sente che il tedesco le viene più spontaneo per parlare delle grandi foreste e delle zone umide d’Europa, che sembrano una parte cospicua delle promesse mantenute. Mentre il francese, lingua cortese, si presta meglio a parlare di migrazioni. Qui però veramente quel sorriso ti fa sobbalzare.
Il nuovo patto sulla migrazione e sull’asilo! Ecco come ce lo spiega: «Abbiamo trovato un nuovo equilibrio fra la protezione delle frontiere e la protezione delle persone». Già, con gli accordi e i soldi al despota turco e a quello tunisino, ultimamente il secondo, più bravo a regolare l’apertura e la chiusura dei suoi campi di concentramento o gli sfollamenti nel deserto. «Fra sovranità e solidarietà», «fra sicurezza e umanità». Quanti equilibri nuovi! Europa giocoliera, che scalcia via sorridendo gli articoli 18 e 19 della sua Carta. Altro che proibire i respingimenti: c’è perfino un ringraziamento particolare per la Bulgaria e le sue «buone pratiche». Quali, di grazia? Usare i cani per sbranare i clandestini alle frontiere? «Abbiamo ascoltato tutti gli stati membri». Ah, senza dubbio. Ti tornano in mente le due signore bionde, una più giovane, che passeggiano fra la folla. A Lampedusa.
Migranti: alle europee puniamo i colpevoli Ue
ELENA BASILE 24 SETTEMBRE 2023
La storia si ripete e così i suoi crimini. Nel 1991 i primi sbarchi di migranti, albanesi all’epoca, in numeri sbalorditivi sulle coste italiane. Nel 1992 Tampere: l’Europa per la prima vota menziona una politica comune sull’immigrazione. Quanti anni sono passati? L’UE governata da maggioranze di socialisti, popolari e liberali non è stata in grado di creare un sistema equo per l’integrazione dei migranti. Nel corso della presidenza italiana dell’UE nel 2014 avevamo elaborato un programma di tutto rispetto, comprensivo dei diversi aspetti di un fenomeno strutturale (come afferma Quirico sulla Stampa ha cause specifiche) a cui è ridicolo far fronte con l’innalzamento di muri.
F. Mogherini, allora alto rappresentante per la politica estera europea, destinata a brillare rispetto ai suoi predecessori e successori in UE (il cui merito come accade spesso nel nostro Paese è stato poco riconosciuto), attirava l’attenzione Europea su un programma di lungo periodo, aiuti ai paesi africani da cui partivano i flussi, lotta ai trafficanti ma soprattutto coordinamento europeo per integrare due milioni di migranti l’anno tra cinquecento milioni di cittadini europei.
Poco è stato fatto. Le divisioni tra progressisti e destra, pronti gli uni a inneggiare ipocritamente al modello multiculturale per poi lasciare i migranti ai margini della società o peggio nei campi di detenzione libici e turchi, inclini gli altri a fantasticare di ordine, di fortezze poco costruibili. L’Europa neo-liberista, falsamente liberale, è inerte. Il sistema di Dublino che penalizza i Paesi di primo ingresso è rimasto irriformabile. La divisone tra il nord, il sud, l’est ha trovato qualche compromesso al minimo comun denominatore che ha tolto significato agli stessi valori alla base della costruzione europea.
Gli Stati, come tanti piccoli leviatani, hanno mostrato il loro volto mostruoso. Anche i più democratici e avanzati come la socialdemocrazia svedese hanno chiuso le frontiere. La Germania ha selezionato tra migranti utili e i relitti da rinchiudere nei campi di detenzione turchi. L’Italia ha fatto altrettanto con i libici. La Francia ha respinto i migranti a bastonate. La Spagna non si è distinta per comportamenti più umani per non parlare di Malta. Lo stigma dai perbenisti del club europeo è stato tuttavia lanciato contro i soliti cattivi: Le Pen, Salvini e meno male che c’è la destra estrema, Orban e la Meloni per potersi sentire diversi, avere la coscienza a posto.
Vorrei udire discorsi sensati dai riformisti del centro sinistra. Spieghino il fallimento di decenni di politiche europee in Africa dal processo di Barcellona all’Unione per il Mediterraneo. Conosciute le cause della “debacle” si potrebbe forse elaborare un piano europeo (e chi se non l’Europa mediterranea dovrebbe prendere l’iniziativa?) che, senza far rivoltare Mattei nella tomba, costruisca un vero partenariato lontano dagli schemi neo-coloniali. La Francia è responsabile nel Sahel di commistione con gli interessi delle èlites, di sfruttamento delle risorse nel Sahel ai danni della popolazione. L’Occidente è responsabile per aver destabilizzato Afghanistan, Irak ,Siria, Libia. Una nuova Europa ha bisogno di maggioranze politiche in grado di non creare Paesi capri espiatori, Grecia e Italia, di cancellare il buonismo dei radical chic che aprono ai migranti e li lasciano ai margini, scaricandoli nei ghetti dei poveri. I miliardi esistono per le spese militari, non per l’integrazione dei migranti?
I cittadini chiedano con forza l’ “accountability”, il dovere delle classi dirigenti di assumersi la responsabilità degli sbagli perpetrati e di cambiare politica. Come si può credere alle buone parole sull’accoglimento dei migranti da parte di chi è complice delle politiche guerrafondaie in MO, Africa e ora in Ucraina? A che titolo si può parlare a favore dei migranti se non si pone fine a un sistema iniquo di scambi che penalizza i Paesi in via di sviluppo e non pone fine alla governance neo-coloniale del franco francese nel Sahel? Come si può concepire un partenariato politico, economico e culturale paritario se si crede che le nostre democrazie non siano soltanto una tappa del percorso storico, ma la manifestazione di una civiltà superiore?
È possibile un rinnovamento della classe dirigente in Ue. Una proposta unitaria e credibile politica può canalizzare la partecipazione popolare. L’Europa deve tornare all’umanità stracciata negli accordi di comodo. Il regista Matteo Garrone ha dato volti e storie personali ai numeri. Un ragazzino senegalese nel film sente il dovere di salvare le vite a lui affidate e guida il barcone fino alle coste italiane. L’Europa, da Tampere in poi, non è stata in grado di dar vita a una politica equa, olistica e lungimirante sull’Immigrazione. Manca la volontà politica per la riforma dell’Europa. Esistono responsabilità precise: l’inerzia, il cinismo, l’incompetenza. Ai cittadini il diritto-dovere di sanzionare.
No Comments