“L’INVERSIONE DELLA COLPA È UNA VECCHIA TECNICA: CATTIVO È CHI INDAGA” da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“L’INVERSIONE DELLA COLPA È UNA VECCHIA TECNICA: CATTIVO È CHI INDAGA” da IL FATTO

Revelli: “Meloni è più debole del previsto. Sulle toghe il riferimento resta Berlusconi”

IL SOCIOLOGO E POLITOLOGO – “L’inversione della colpa è una vecchia tecnica: cattivo è chi indaga”

ANTONELLO CAPORALE  10 LUGLIO 2023

Professor Marco Revelli, lei si aspettava questa repentina berlusconizzazione di Giorgia Meloni? Accusa i magistrati di voler fare le scarpe al suo governo.

Non sono stato sorpreso. L’inversione della colpa è una tecnica già sperimentata, è questa la comfort zone della destra. È il vecchio modulo del rovesciamento della frittata. Non si giudica più il comportamento scandaloso di tizio o di caio, ma si ribalta la colpa su chi indaga. Cattivi sono gli altri!

Eppure la premier è sempre apparsa come una leader forte, sorretta da una maggioranza compatta. Ha promosso l’idea di segnare con i suoi passi la leadership di un nuovo partito conservatore.

È la costruzione che se n’è data ma che reggeva su basi fasulle. Meloni ha formato il suo governo chiamando a raccolta, con piglio cameratesco, gli amici di ventura, promuovendo nella fascia alta del governo i suoi compagni di strada. La qualità era scadente e al primo tornante della crisi reputazionale il governo ha fatto crac.

È appunto una crisi reputazionale più che politica. I voti restano da quelle parti.

Non discuto dei voti né della debolezza della opposizione che sembra soffrire di un complesso di assoluta inferiorità, come se avesse timore di alzare la voce. Mi interessa la debolezza strategica di questo governo, la sua compromissione etica. Di nuovo il richiamo alle armi contro le toghe rosse, e l’idea che la maggioranza non abbia altri numeri per difendersi che inserire il disco rotto del complotto. Ma al fondo c’è l’idea più disgregatrice e tragica del privilegio ritornato ad essere un nuovo status.

Il privilegio del potere da esibire, questo intende?

Con la crisi della modernità il privilegio, che era considerato la forma abietta con cui il potere abusava del proprio ruolo, torna invece ad essere vessillo da issare e la libertà di ciascuno è intesa come l’equivalente del libero arbitrio.

Ha una scena madre da riferire nella quale il potere abusa del proprio ruolo?

L’informativa della ministra Santanchè al Senato. Sui banchi del governo c’è lei, a cui non si potevano rivolgere domande. E alla presidenza dell’assemblea c’è l’amico avvocato, colui che almeno in una delle vicende in cui è coinvolta la ministra, ha steso la memoria difensiva. Conti adesso i passi indietro che questa scena fa fare alla democrazia.

Professore, per lei questo governo è così fragile da buttarsi nel dirupo dello scontro di civiltà?

La destra non è in grado di governare e si scambia, grazie a una grancassa mediatica senza pari, il vuoto europeo, anche la crisi delle identità, persino i dispetti dei sovranisti del nord, amici o ex della Meloni, come il bottino pieno di un nuovo protagonismo.

Eppure, e solo per dire: il Corriere della Sera, voce della borghesia industriale del nord, non ha mai mancato di riferire la novità di una leadership femminile, prudente, capace di far dimenticare il passato della destra e inaugurare la nuova strada del conservatorismo illuminato. E il re dei conduttori Rai, Bruno Vespa, che parla al popolo televisivo, non manca di assecondare questa rivalutazione.

Temo che la borghesia non esista più. Ai funerali di Berlusconi ho intravisto immobiliaristi, qualche finanziere e molti intrattenitori serali. Dov’è la borghesia? C’è un ceto affluente, questo è vero, che ha chiesto rassicurazioni a questa nuova compagine e, anche attraverso il Corriere, la garanzia che gli interessi in campo siano compresi e tutelati.

In molti hanno nascosto i piedi d’argilla di questo governo?

Meloni è meno forte e capace di quanto fosse stata descritta. Oggi si torna col pensiero ai tempi di Silvio Berlusconi che non è solo un’icona del centrodestra, non è solo il fondatore e il federatore di questa maggioranza ma anche la sua coscienza sporca, il modo di essere, di rappresentarsi in società.

Il privilegio come proiezione e legittimazione del potere.

E infatti La Russa col figliolo accusato di un reato orribile (lo stupro, ndr) che dice? L’ho interrogato e sono certo che è innocente. Se non è Ancien Régime questo…

L’ossessione di Meloni “Regìa dei magistrati: vogliono arrivare a me”

 GIACOMO SALVINI  10 LUGLIO 2023

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri si è presa una giornata di riposo prima di volare oggi a Riga e domani a Vilnius per il vertice Nato. Ma il clima a Palazzo Chigi non è cambiato rispetto allo scontro con i magistrati delle ultime ore: la premier ha preferito non rispondere direttamente ai componenti dell’Associazione Nazionale Magistrati che si sono definiti “sotto attacco” da parte del governo, anche se potrebbe farlo a margine della missione internazionale. Meloni pubblicamente non vuole alimentare ulteriori polemiche, ma chi ci ha parlato nelle ultime ore racconta un dettaglio in più delle sue riflessioni riguardo allo scontro con i magistrati: la premier ritiene che le inchieste – tutte insieme, con un’accelerazione “anomala” – nei confronti dei suoi fedelissimi siano fatte per colpire lei e il suo governo. Non solo: l’ossessione di Meloni è che i magistrati stiano cercando – direttamente o indirettamente, tramite per esempio l’inchiesta Santanchè – risvolti giudiziari che non lambiscano solo i suoi fedelissimi ma entrino direttamente a Palazzo Chigi. “Cerchino quello che vogliono, io non ho scheletri nell’armadio”, ha spiegato Meloni a ministri ed esponenti di governo con cui ha parlato nelle ultime ore. “Si dovranno inventare le accuse, come hanno fatto con Delmastro”, è il senso del ragionamento di Meloni. Durante una di queste conversazioni, la premier ha anche ribadito un vecchio adagio che aveva già ripetuto prima della nascita del suo governo e dopo le sparate anti-Kiev di Silvio Berlusconi: “I pm devono sapere che io non sono ricattabile”.

Da qui la strategia di rispondere duramente ai magistrati e di andare avanti sulla riforma della Giustizia e sulla separazione delle carriere: “Non ci facciamo intimidire”, è il segnale che la premier vuole far arrivare direttamente ai magistrati.

La presidente del Consiglio, inoltre, con i propri interlocutori ha mostrato un’attenzione particolare nei confronti di alcuni magistrati che a suo dire si stanno “mettendo d’accordo” proprio istituendo una sorta di “regia” per colpire il suo governo. Dopo la premessa che la maggior parte dei magistrati lavora bene, Meloni ne ha messi nel mirino alcuni che a suo dire avrebbero il potere di colpire pubblicamente – con dichiarazioni o inchieste – il suo governo. Il riferimento è soprattutto alle toghe di Magistratura Democratica: torna quindi la tesi berlusconiana delle cosiddette “toghe rosse”. La premier si riferisce spesso ad Armando Spataro, ex procuratore di Torino, oggi in pensione, che ancora ieri su Repubblica difendeva i giudici nello scontro col governo. Un altro è il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, che secondo Palazzo Chigi sarebbe “sempre pronto ad alzare i toni contro di noi”. Nel governo c’è una certa attenzione anche nei confronti dei magistrati della procura di Milano che hanno in mano l’inchiesta sulla ministra Santanchè: da giorni a Palazzo Chigi fanno trapelare una spaccatura tra il procuratore capo Marcello Viola e i suoi pm sulla fuga di notizie. Nei giorni scorsi La Verità ha scritto di una “irritazione” del procuratore di Milano. Un tentativo, quello del governo, per spaccare la magistratura e isolare quelle che vengono definite “mele marce”.

Resta il silenzio degli alleati: Lega e Forza Italia (nonostante Maurizio Gasparri parli di “attentato alla Costituzione”) sono contrari allo scontro con i magistrati. Ieri la Lega ha rilanciato sulla riforma della giustizia ma con spirito di “collaborazione con tutti”. Una presa di distanza dalla strategia di Meloni.

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